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Possiamo predire l’andamento dell’epidemia sulla base dei dati attuali?

Al momento non disponiamo di un accurato tasso di letalità, né del numero esatto dei contagi, nè di una diagnosi certa per i decessi causati da COVID-19. Queste condizioni rendono arduo, se non impossibile, creare un modello predittivo dell'epidemia. Poter stimare con più precisione il numero dei positivi attraverso più test sembra una strategia percorribile, ma non priva di insidie e limiti. Perché sia efficace, l'allargamento del numero di tamponi a soggetti asintomatici dovrebbe essere applicato in modo epidemiologicamente rilevante sul territorio nazionale e dovrebbe prevedere il coinvolgimento di epidemiologi e modellisti in modo che possano raccogliere informazioni utili sull’andamento dell’epidemia.

Ogni giorno seguiamo i numeri che ci fornisce la Protezione civile (nuove infezioni, nuove guarigioni, nuovi decessi) dopodiché dividiamo il numero dei deceduti per quello del numero totale delle infezioni e otteniamo un indice di letalità (Case fatality rate, CFR”) e lo compariamo a quello di altre nazioni. Per esempio, se lo facciamo oggi (sui dati di ieri) risulta che il CFR italiano è 2.978/35.713 = 0,083 (8,3%), mentre, per esempio, quello della Corea del Sud è 91/8565 = 0,010 (1%), molto più basso…giusto?

Analisi dei dati epidemiologici del coronavirus in Italia (al 18 marzo)

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In questo documento sono descritti i risultati relativi all’analisi a livello regionale e per le sei province della Lombardia al momento maggiormente colpite, dei dati aggiornati alle 18 del 18 marzo 2020, che sostituiscono o integrano quelli nel documento del 17 marzo. I dati a livello regionale sono stati scaricati dal sito https://github.com/pcm-dpc/COVID-19 e quelli a livello provinciale dal sito https://github.com/pcm-dpc/COVID-19/tree/master/dati-province.

L'evoluzione dell'epidemia in Europa (al 17 marzo)

Sommario del contributo precedente

Nel contributo del 13 marzo avevo condiviso alcune considerazioni relative sia all’evoluzione della curva dei decessi in Italia che al confronto dell’andamento dei contagi italiani con quello di paesi che ci avevano preceduto (Cina e Corea) e che ci seguivano (Germania, Spagna, Francia e Stati Uniti) nei tempi di diffusione dell’epidemia. 

Aids, Hendra, Nipah, Ebola, Lyme, Sars, Mers, Covid…

Deforestazione e cambiamenti climatici stanno trasformando profondamente gli ecosistemi e creano un'interfaccia innaturale tra essere umano e animali. Ma la salute dell'ambiente è legata a doppio filo a quella della nostra specie. Laura Scillitani ripercorre i meccanismi per i quali la pressione antropica - e i cambiamenti climatici - favoriscono l'insorgenza di alcune malattie e altera le dinamiche della trasmissione di patogeni

“Quando l’epidemia sarà finita torneremo alla vita di prima”, ci ripetiamo come un mantra in questi giorni di reclusione forzata in casa, mentre osserviamo la primavera avanzare oltre le nostre finestre. In realtà, se volessimo trarre un beneficio dalle avversità, dovremmo inquadrare ciò che è accaduto in una cornice più ampia. Covid-19 è l’ennesima dimostrazione di quanto la nostra sopravvivenza sia strettamente legata alla tutela della natura e alla integrità della biosfera.

Quarantena di massa yo-yo per un anno?

Lo studio di Neil Ferguson di Imperial College e colleghi, basato anche sui drammatici dati italiani e rivolto ai governi del Regno unito e degli Stati Uniti, ipotizza uno scenario di “quarantena di massa” molto esteso nel tempo per fronteggiare l’epidemia montante di COVID-19. Abbiamo riassunto lo studio e chiesto ad alcuni esperti italiani il loro parere, nello stile del Science media center britannico (1), sperando di contribuire a un dibattito approfondito su misure che potrebbero riguardare anche il nostro Paese.

Avete capito bene. Secondo uno studio, condotto su dati in UK and USA, reso noto ieri e firmato dal noto epidemiologo dell’Imperial College Neil Ferguson, per evitare il peggio la soluzione più efficace potrebbe essere quella di proseguire con un isolamento collettivo fino a luglio. Poi interromperlo per un mese. Quindi riprenderlo per due mesi. Poi interromperlo per un altro mese. Poi riprenderlo di nuovo per due mesi.

Analisi dei dati epidemiologici del coronavirus in Italia (al 17 marzo)

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In questo documento sono descritti i risultati relativi all’analisi a livello regionale e per le sei province della Lombardia al momento maggiormente colpite, dei dati aggiornati alle 18 del 17 marzo 2020, che sostituiscono o integrano quelli nel documento del 16 Marzo. I dati a livello regionale sono stati scaricati dal sito https://github.com/pcm-dpc/COVID-19 e quelli a livello provinciale dal sito https://github.com/pcm-dpc/COVID-19/tree/master/dati-province.

La risposta italiana contro l'epidemia

Come per la crisi climatica, anche la riposta a un'epidemia lunga e difficile da estirpare come Covid-19 deve basarsi sui principi dell'adattamento. Negli ultimi anni la nostra sanità pubblica è stata irresponsabilmente indebolita e impoverita, e per il momento sta reggendo come può all'impatto dell'emergenza grazie alla generosità del personale sanitario e ai tanti gesti di solidarietà e mobilitazione collettiva. Ma a lungo andare bisognerà rimettere al centro energiche politiche di prevenzione. In zona Cesarini si può vincere una partita, non il campionato. Nell'immagine, "Il ritorno di Don Camillo," 1953.

Come spiega Ilaria Capua, il virus della peste bovina, divenuto poi morbillo, si è spostato a piedi in un mondo non ancora globalizzato. «Covid-19 è figlio del traffico aereo ma non solo: le megalopoli che invadono territori e devastano ecosistemi creando situazioni di grande disequilibrio nel rapporto uomo-animale. La differenza con i virus del passato, conosciuti o sconosciuti (quelli che circolavano nell’era pre-microbiologica) è la velocità della diffusione e del contagio».

Vittorio Demicheli: in Lombardia siamo in prima linea, ma ce la faremo

Intervista a Vittorio Demicheli, direttore sanitario dell'ATS Milano.

In Lombardia i numeri dei casi e dei morti cambiano troppo rapidamente perché valga la pena mandarli a mente, il sistema è sotto pressione e non potrà reggere molto più di una settimana, tempo in cui si prevede che l’epidemia possa cambiare segno e cominciare la sua discesa. Se non fosse così sarebbe una catastrofe da mettere nei libri di storia. Ma ce la faremo. C’è una generosità commovente dei medici e di tutti gli operatori sanitari, fra i più colpiti dal virus. La gente si fa coraggio e canta dai balconi.

Covid-19: la scelta degli inglesi

In Gran Bretagna gli obiettivi sono uguali al resto dei paesi europei: contenere l'epidemia. Ma la strategia,  al momento, sembra essere molto diversa e non prevede le forti restrizioni imposte fin da subito in Italia. Stefania Salmaso, che dal 2004 al 2015 ha diretto il Centro Nazionale di Epidemiologia Sorveglianza e Promozione della Salute dell’ISS, analizza le assunzioni alla base di questa strategia. Immagine:  Boris Johnson, affiancato da Chris Whitty, UK chief medical officer (a sinistra) e Patrick Vallance, UK lead science adviser (a destra), Londra, 9 marzo. Foto di Jason Alden/Bloomberg.

Lo scorso 12 marzo il Primo Ministro britannico Boris Johnson,  pur riconoscendo che la pandemia è la più grande emergenza sanitaria di questa generazione,  ha dichiarato che per il momento in UK non vengono prese misure drastiche di distanziamento sociale, ma confida sulla costituzione di una “herd immunity” nella popolazione, causata in modo naturale dalla circolazione dell’infezione.  L’obiettivo primario dichiarato della risposta inglese alla pandemia è  “ridurre il picco epidemico, appiattir