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08 - Luminarie

Le lucine natalizie non sono un'esclusiva delle grandi città. Anche nei piccoli paesi di campagna ci tengono, pur nei limiti imposti dalla crisi economica e dai drastici tagli ai bilanci comunali, a ricordare ai più distratti l'approssimarsi delle Feste. Dall'inizio di dicembre fino a metà gennaio, dunque, la via sulla quale si affaccia il bar che frequento cambia pelle e il camminare in mezzo a quell'insolito luccichio ti mette persino di buonumore. Una di quelle sere giunsi all'ingresso del bar proprio nell'istante in cui ne stava uscendo un amico, manco ci fossimo messi d'accordo per ottenere quel perfetto tempismo. Poiché era un po' di tempo che non avevamo l'occasione di scambiare due parole, ci venne naturale fermarci per un po' davanti alla porta del bar. Finimmo ovviamente anche per parlare delle luminarie e, intenti a valutarne le forme in alcuni casi regolari e classiche e in altri un po' più bizzarre, non ci accorgemmo del sopraggiungere di un ragazzotto, evidentemente piuttosto impaziente di entrare al bar. «Almeno spostatevi dalla porta!» ci apostrofò con tono apparentemente seccato. «Scusaci, ma...» la mia giustificazione, però, si interruppe non appena scoprii che il ragazzotto era il figlio del mio amico.
«Non ti ho risposto male perché ero nel torto» gli dissi prontamente «ma adesso devi pagare pegno.» La mia proposta ebbe immediatamente il beneplacito del mio amico: scroccare una consumazione al proprio figliolo non è cosa semplice.
«Mi sembravate fuori di testa, con il naso all'insù e tutti presi a decifrare i disegni delle lucine» ci disse il ragazzotto dopo aver raccolto le nostre ordinazioni e averle passate al barista. In effetti l'immagine era piuttosto vicina al vero, ma non mi andava di fare la figura del citrullo. Anche perché, forte della sua bravata, il ragazzotto stava raccontando la faccenda anche a un paio di altri avventori e sembrava proprio che la cosa destasse molta ilarità. Dovevo trovare una via d'uscita dignitosa.
«Immagino che tutti quanti abbiate il navigatore in macchina...» buttai lì quasi con indifferenza. La constatazione era talmente avulsa dal contesto che riuscì a calamitare l'attenzione.
«Certo, ma cosa c'entra con i disegni delle lucine?» chiese uno degli avventori abboccando all'esca.























Tavola tratta dal terzo volume dell'opera "Prodromus Astronomia"
di Johannes Hevelius pubblicato nel 1690 a Danzica.
La tavola riproduce l'intero Emisfero Australe.
(Fonte: Atlascoelestis)

«Un po' di pazienza. Prima che ci fosse il navigatore o si potesse consultare Googlemap, come si faceva a non perdersi nei lunghi viaggi?» gli chiesi a bruciapelo. «Beh, si usavano le cartine. Mi ricordo che le ho usate anch'io fino a qualche anno fa.» «Giusto. E prima ancora, nelle epoche in cui non esistevano mappe e carte geografiche?» La domanda lo mise per un attimo in difficoltà. Poi trovò una via d'uscita: «Immagino che i viaggiatori si ricordassero le caratteristiche del territorio: prima vai in direzione di quel monte, poi verso quell'altro... E' corretto?»
«Vedo che ragioni bene. Ma c'è un'ultima domanda: come facevano di notte?» A toglierlo dalla evidente difficoltà ci pensò il figlio del mio amico: «Di notte non si viaggiava. Troppo elevato il rischio di perdersi e di fare brutti incontri.»
«Peccato che non tutti potessero farlo» incalzai. «Pensa a chi viaggiava per mare. La sua situazione era davvero critica. Non solo era obbligato a spostarsi anche di notte, ma in più non aveva mai, neppure di giorno, nessun punto di riferimento che lo potesse indirizzare. Tutt'intorno un'immensa distesa d'acqua, perfettamente identica in ogni direzione. Una gran brutta situazione, vero?»
«Ah, ho capito dove vuoi arrivare!» esclamò raggiante l'altro ragazzotto del gruppo, rimasto in silenzio fino a quel momento. «Gli antichi marinai guardavano le stelle e riuscivano così a orientarsi. Ecco cosa c'entra con i disegni delle lucine: le costellazioni.»
Conclusione corretta. Espressa forse in modo un po' ermetico, ma comunque sufficientemente chiara da bruciarmi senza rimedio il finale che avevo preparato. Il mio goffo tentativo di giustificare le chiacchiere sulle lucine intavolate con il mio amico quella sera si stava sgretolando. Mi venne allora l'idea per un estremo colpo di coda. «Benissimo, vedo che te ne intendi. Qual è, secondo te, la maggiore differenza tra i disegni delle luminarie e quelli delle costellazioni? Al di là del fatto, ovviamente, che qui abbiamo lampadine appese qualche metro sopra la testa e là, invece, si parla di stelle immerse nelle profondità del cosmo...»
La domanda non era affatto delle più semplici. Ma contavo sulla freschezza mentale dimostrata fino a quel punto dai miei interlocutori. «Non saprei...» azzardò il primo «Forse che i disegni delle luminarie sono più evidenti e facili da riconoscere di quelli delle costellazioni?»
«Questo è vero e dipende dal fatto che ogni lampadina di una luminaria la mettiamo al posto più adatto per completare il disegno, mentre per le stelle non possiamo far altro che accettare la posizione che esse hanno, il che spiega perché per alcune costellazioni ci vuole una bella dose di fantasia. La risposta è corretta, ma non è quella che avevo in mente io. C'è una differenza ancora più evidente.»
Prima che il silenzio calato sul gruppetto rovinasse il piano, buttai lì uno spunto di riflessione: «A che distanza sono le lucine delle luminarie da noi?»
Il suggerimento suscitò l'immediata reazione del secondo ragazzotto: «Ma avevi detto che era evidente che le stelle fossero più distanti e dunque non dovevamo considerarlo...» «Vero. Ma io ti sto suggerendo di pensare alla distanza di ogni singola lucina.»
«Le lucine sono tutte alla stessa distanza da noi. Ma anche le stelle di una costellazione sono alla stessa distanza da noi. Non vedo nessuna differenza.» ribadì, convinto, il mio interlocutore.
«E' qui che ti sbagli. I disegni delle luminarie sono figure tracciate con cura, mentre i disegni delle costellazioni sono figure assolutamente occasionali. Le stelle di una costellazione non si trovano quasi mai alla stessa distanza dalla Terra. Noi le vediamo vicine in cielo solamente per un allineamento prospettico.»
«Scusami, ma mi sono perso...» mi interruppe il mio amico, anch'egli preso da quella interessante disquisizione.
«Facciamo finta che gran parte delle lucine delle luminarie si brucino e ne rimanga accesa solamente qualcuna all'inizio della via e qualcun'altra alla fine. Immaginiamo ora di metterci all'inizio della via e guardare le lucine superstiti. Non sono tutte alla stessa distanza, ma con un po' di fantasia potremmo ugualmente ottenere una qualche figura. Per le costellazioni è lo stesso.»
«Dunque le stelle che formano una costellazione non sono in alcun modo legate tra loro...» concluse, correttamente, il figlio del mio amico. «Esatto. Tranne rarissimi casi è proprio come hai detto tu. Vista la vicinanza in cielo, ci viene naturale collegarle tra loro. A fregarci, però, è il fatto che a occhio nudo ci è impossibile riuscire a stimare le loro reali distanze.»

Con quell'osservazione conclusiva anche il mio piano era giunto a termine. Mancava solamente la battuta finale: «Come vedi, caro ragazzo, quando due persone stanno con il naso all'insù a guardare puntini luminosi non necessariamente sono fuori di testa.» Strizzai l'occhio al mio amico e, mentre il figlio pagava il dovuto, ce ne uscimmo a testa alta dal bar. Stavolta, però, ce ne guardammo bene dal soffermarci a osservare le luminarie.

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