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Alfabetizzazione scientifica: l'approccio per concetti

Quanto si verifica nella scuola primaria e media determina la possibilità di raggiungere o meno l’obiettivo dell'alfabetizzazione scientifica, intesa come padronanza di atteggiamenti, processi e concetti di base. È inteso che l’alfabetizzazione scientifica non è appannaggio e arricchimento esclusivo degli ambiti tecnologico, scientifico e delle professioni, ma corredo base della globalità dell’individuo.

L'approccio per concetti

Ci sono essenzialmente due approcci, ugualmente dignitosi, per la costruzione di tali competenze “scientifiche”:

  • a. attraverso approfondimenti e ricerche su temi
  • b. con un programma per concetti, in ogni caso affrontando attività problematiche e laboratoriali.

I due approcci sono abbastanza simili, ma non sempre compatibili. Temi classici sono per esempio la “risorsa acqua”, “l’alimentazione” ecc. All’interno di questi temi possono nascere ricerche, progettazione, laboratori, acquisizione di linguaggi, concetti e atteggiamenti scientifici, cooperazione, specializzazioni in ruoli ecc.

L’approccio b, da noi preferito, si sofferma su un concetto generale alla volta, in una sequenza adeguata allo sviluppo delle capacità dei bambini (concetti di proprietà, sistema, interazione, variabile ecc.) e per ciascuno di questi propone esplorazioni e attività laboratoriali di problem solving che, partendo da diverse angolazioni e con esperienze eterogenee, stimolano l’utilizzo esplicito e in contesto dello stesso concetto generale, fino alla sua incorporazione nel linguaggio spontaneo dei bambini. La nostra preoccupazione, di carattere “propedeutico”, è di costruire gli strumenti necessari per affrontare in futuro le discipline scientifiche e non tanto di fornire “assaggi” o anteprime dei contenuti disciplinari.

Questo tipo di impostazione, ispirata allo SCIS americano degli anni 70-80, ha già dimostrato sul campo (sperimentazione “alfabetizzazione scientifica” del progetto SeT) di produrre validi risultati dal punto di visto cognitivo e affettivo.

La struttura delle unità didattiche

Per le unità didattiche si utilizza la metodologia dei cicli di apprendimento di Robert Karplus, principale ideatore dello SCIS. Ogni unità didattica si struttura su un diverso concetto chiave e prevede:

  • a. esplorazione guidata di un concetto tramite dimostrazioni della maestra o esperienze a gruppi, a coppie o individuali. Si può trattare di studiare situazioni sperimentali nuove o riprenderne alcune da un’unità svolta precedentemente, purché i bambini facciano o vedano qualcosa di concreto in aggiunta all’ascolto delle parole dell’insegnante. Se si tratta di riprendere fenomeni già osservati in precedenza, per introdurre il nuovo concetto sarà compito della maestra convogliare l’attenzione sul nuovo aspetto. Si raccomanda una disposizione a cerchio o a ferro di cavallo dei bambini e la suddivisione della classe in sottogruppi non troppo numerosi.
  • b. introduzione del concetto tramite discussione interattiva della maestra con la classe ed eventuale conversazione clinica, alla quale va fatta a seguire l’esplorazione.
  • c. applicazione del concetto: negli incontri successivi si costruisce e si rinforza il concetto tramite una sequenza di problemi sperimentali da svolgere in coppia o in gruppi di bambini, in sottounità distinte. Occorre prestare attenzione a far sì che i bambini rilevino il concetto chiave in contesti concreti completamente differenti tra loro. L’obiettivo dell’unità si può considerare raggiunto al livello minimo quando i bambini riescono a fare esempi pertinenti di applicazione del concetto; se invece riescono a trasporre il concetto, riconoscendolo da soli in situazioni nuove, il grado di raggiungimento è ottimale.
  • d. a fine unità, costruzione collettiva e individuale di mappe concettuali o altri strumenti di valutazione che comprendano comunque tutti gli ambiti coinvolti.