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Il Paradosso del Mo.S.E: salvare Venezia danneggiando il suo capitale naturale

Immagine della laguna di Venezia con isolotto ricoperto di vegetazione e cartello segnaletico giallo su cui si legge "Venezia"

Le “barene”, formazioni tipiche della laguna di Venezia, sono isolotti coperti di erbe e piccoli arbusti, che periodicamente vengono sommersi dalle maree. Questi ecosistemi, come tutti gli ambienti umidi costieri vegetati, sono in grado di catturare e immagazzinare grandi quantità di anidride carbonica, sottraendola all’atmosfera. È il “carbonio blu”, prezioso alleato contro il riscaldamento globale. Ma il Mo.S.E., riducendo il fluire dell’acqua di mare nella laguna, può ridurre la loro azione fino al 30%. Lo afferma uno studio dell’Università di Padova sostenuto con i fondi europei della partnership RETURN. Crediti immagine: AndreaFl74/Pixabay

I veneziani, tradizionalmente, andavano in barca a farci le scampagnate: lo si vede ancora in una scena del film Pane e tulipani, in cui la protagonista, interpretata da Licia Maglietta, organizza un pic nic proprio su una barena, con cesto di leccornie e accompagnamento di fisarmonica. Non a caso, c’è una barena un tempo molto frequentata che ancora oggi è indicata qualche volta come “i tavolini” (anche se oggi i tavolini non ci sono più). Certo, bisogna scegliere con attenzione il momento di accomodarsi su una barena, per evitare di finire a mollo all’alzarsi della marea.

Riscaldamento globale: il pessimismo non serve

unep cespuglio

Gli scenari climatici sono molto migliorati rispetto a quando è stato siglato l’Accordo di Parigi. È importante riconoscerlo e darsi anche qualche pacca sulla spalla, se questo serve per darci la forza e pretendere che governi, mercati e società accrescano i loro impegni climatici. È ancora possibile stare sotto 1,5°C, ma, se non dovessimo riuscire, «ogni decimo di grado conta» per risparmiare danni a ecosistemi e benessere umano.

Immagine: Linh Do, UNEP

Dieci anni fa era il 2015 e, a quel tempo, il 2015 era stato l’anno più caldo fino ad allora registrato. Dieci anno dopo, l’anno più caldo è per ora il 2024, con un’anomalia termica di oltre 1,5°C, cioè oltre l’obiettivo più ambizioso e più vitale dell’Accordo di Parigi.

La Cop11 di Ginevra per contrastare l’epidemia di tabacco

sigaretta spezzata

Per tutta la settimana si discute a Ginevra su come aggiornare la Convenzione quadro per il controllo del tabacco. Sottoscritta da oltre 180 Paesi ha raggiunto risultati importanti per la tutela della salute delle persone, tuttavia si fatica a contrastare le strategie aggressive dell’industria del tabacco. E in questo l’Italia, purtroppo, non brilla per indipendenza.

Lunedì 17 novembre, a Ginevra ha preso il via la Cop11, la Conferenza delle parti che riunisce tutti i firmatari della Convenzione quadro dell'OMS per il controllo del tabacco (FCTC). Un avvio con molto meno clamore e copertura mediatica della Cop30 di Belem. Eppure non sono poche le ragioni per guardare all’incontro con interesse, tra cui il ruolo dell’Italia che, purtroppo si conferma sempre di più come un ruolo scellerato. Ma andiamo con ordine.

Comunicare la scienza: una questione di coraggio

Immagine dell'edificio della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste

Al Convegno Nazionale di Comunicazione della Scienza della SISSA di Trieste, dal 2 al 5 dicembre, si discuterà anche del nuovo ruolo di chi si occupa di scienza e di comunicarla. Il dichiarato attacco a ricerca e Università scatenato dall’amministrazione Trump impone di abbandonare la neutralità di chi si limita a riportare i fatti, e prendere posizione su determinati valori e sulle visioni di società a cui la scienza è destinata. Nico Pitrelli, responsabile scientifico e organizzativo del Convegno, ci racconta che cosa si aspetta dall’incontro alla SISSA e dal prossimo futuro. Crediti immagine: SISSA

Confrontarsi a tu per tu con un esperto, ma solo finché non suona il campanello.

Interruzione volontaria di gravidanza: quanto è semplice ottenerla?

percorso con segnali di stop

Un sondaggio on line per documentare il percorso che va dalla decisione di abortire fino all’accesso vero e proprio a un servizio che dovrebbe essere garantito per legge. Infatti possono essere ancora tanti e diversi gli ostacoli che non emergono dai dati oggi rilevati e pubblicati.

“Quando hai deciso di interrompere la gravidanza, da quali fonti hai ottenuto informazioni sulla procedura per accedere al servizio?” “Ti hanno rilasciato il certificato per l’IVG al primo consulto?” “Se te l’hanno negato, quali ragioni hanno addotto?” “Ti è stata chiesta un’ecografia per ottenere il certificato?” “Hai dovuto pagarla di tasca tua?” “Quanto tempo è trascorso dalla decisione di interrompere la gravidanza al rilascio del certificato?” “Ti è stata offerta la possibilità di scegliere tra aborto chirurgico e farmacologico?”

Endometriosi: quanto contano i traumi dell’infanzia e la genetica

mano con nastro giallo endometriosi

Un recente studio suggerisce che l’insorgenza dell’endometriosi potrebbe essere collegata al vissuto traumatico delle pazienti, aprendo nuove strade per l'identificazione dei fattori di rischio e la diagnosi della malattia.

L’endometriosi potrebbe avere radici ancora più complesse di quanto si pensasse. Questa malattia, caratterizzata dalla presenza di tessuto endometriale (per la precisione, di un tessuto simile all'endometrio ma con alcune differenze istologiche), al di fuori dell’utero (ectopico), è tanto diffusa quanto ancora poco compresa per molti aspetti – a partire dalle sue cause.

La rinuncia alle cure di italiani e italiane: ma è davvero così?

A margine del dibattito sulla manovra, un commento dell’ISTAT ha richiamato l’attenzione sull’abbandono delle cure da parte di un cittadino su 10 per colpa delle liste d’attesa. Senza voler nulla togliere all’attenzione dedicata alla crisi del nostro SSN, le cose sono più complicate di così e, soprattutto rimane sotto traccia l’eterno tema delle diseguaglianze

Il dato del quasi 10% degli italiani che rinuncerebbero alle cure è uno di quelli che circola di più quando si vuole descrivere la profondità della crisi che attraversa il nostro Servizio Sanitario Nazionale. Il dato è di fonte ISTAT e lo si trova aggiornato nel documento di commento che l'istituto ha fatto a proposito della manovra di bilancio 2026. Il documento riporta il dato per il 2024 di un 9,6% di italiani che ha rinunciato a curarsi, soprattutto per problemi di liste di attesa.

Economia circolare: meno materie prime, più materie seconde

simbolo del riciclo in verde su sfondo di bosco

Il Circular Economy Network chiede all'Europa un mercato unico per le materie prime seconde: la proposta rientra nella consultazione aperta per la definizione del Circular Economy Act. Oggi l'Europa ricicla di più rispetto al 2010, ma ancora troppo poco rispetto agli obiettivi prestabiliti. Serve aiutare soprattutto i settori più in difficoltà - come il riciclo della plastica e dei RAEE - con più investimenti e leggi più chiare. E in ogni caso: basta con questi sussidi ambientalmente dannosi.

Immagine Pixabay

Il Circular Economy Network chiede all’Europa maggiore sforzo per accelerare riciclo, riuso, riutilizzo, per rendere l’economia molto più circolare. Lo fa in particolare con un position paper dove propone di creare un mercato unico europeo per le materie prime seconde, cioè quelle materie recuperate dai rifiuti dopo il loro primo utilizzo (per cui erano state introdotte nel sistema produttivo come materie prime).

Dovremmo estendere la zona rossa del Vesuvio?

Partendo da oltre 60 campioni di sedimenti vulcanici raccolti intorno al Vesuvio, un gruppo di ricercatori ha stimato quale sarebbe l'impatto di un'eruzione suggerendo l'opportunità di estendere verso nord-ovest la zona rossa, dove il Piano Nazionale di Protezione civile prevede l'evacuazione in caso di eruzione imminente.

Nell'immagine una rielaborazione della mappa di concentrazione del particolato solido ottenuta da "Mele, D., Dellino, P., & Dioguardi, F. (2024). Pyroclastic density currents hazard simulation data at Mt. Vesuvius, Italy. [Data set]. Zenodo". https://doi.org/10.5281/zenodo.13682628 (CC BY 4.0) a cura di Chiara Sabelli per Scienza in rete (CC BY-SA). In grigio l'area dove la concentrazione di particolato solido è tale da mettere a rischio la vita delle persone, in rosso la zona di evacuazione prevista dalla Protezione Civile.

Partendo dai sedimenti vulcanici raccolti in 65 siti in un’area di circa 15 chilometri intorno al Monte Vesuvio, un nuovo studio ha stimato l'impatto che le correnti piroclastiche generate da un’eruzione avrebbero in termini di pressione, temperatura, concentrazione di polveri e particolato e durata temporale, suggerendo di estendere verso nord-ovest la zona di evacuazione attorno al Vesuvio e offrendo un nuovo approccio alla gestione del rischio vulcanico.