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Vaccinare tutti per salvarsi da Covid
La fabbrica del mondo, viaggio dentro la comunicazione della scienza

La prima delle tre puntate de “La fabbrica del mondo”, lo spettacolo di Marco Paolini e Telmo Pievani, è andata in onda su Rai 3 sabato 8 gennaio ed è stata subito convincente e appassionante. Lo spettacolo è un percorso e una riflessione sulla scienza e sulla sua comunicazione, nella cornice del rapporto dell’uomo con l’ambiente, e il suo merito è la collaborazione tra un uomo di scienza esperto e rigoroso e un uomo di teatro, in grado di portare con sé anche un pubblico che non ne può più di pandemia.
Chi scrive ha scelto, ormai da molti anni, di non guardare più la televisione, ma ha pensato che La fabbrica del mondo, lo spettacolo di Marco Paolini e Telmo Pievani, meritava un’eccezione. E non se ne è pentita.
Convivenza col virus: dagli USA l'idea di una "rassegnazione attiva"

Mentre Israele offre la quarta dose di vaccino anti SARS-CoV-2 ai pazienti più fragili, gli scienziati di altre parti del mondo occidentale, come gli Stati Uniti, stanno avendo ripensamenti sulla politica del richiamo vaccinale ripetuto ogni pochi mesi. In questo contesto indeterminato, sono appena comparsi sul JAMA tre editoriali che esortano Biden ad adottare una strategia diversa e nuova, orientata a condurre una vita normale con il virus, invece che a tentare di spazzarlo via. Leggerli porta non solo a notare le inevitabili similitudini di molti problemi tra paesi diversi, ma anche di apprezzare tutte le posizioni di vantaggio che l’Italia, grazie al suo (pur deficitario) SSN e anche ai provvedimenti degli ultimi due (pur criticabili) governi, ha sulla grande America.
Crediti immagine: Markus Spiske/Unsplash
Mentre Israele offre la quarta dose di vaccino anti SARS-CoV-2 ai pazienti più fragili, gli scienziati di altre parti del mondo occidentale, come gli Stati Uniti, stanno avendo ripensamenti sulla politica del richiamo vaccinale ripetuto ogni pochi mesi.
Il punto sulla quarta ondata e la variante Omicron
Pensieri della mosca con la testa storta, un libro per indagare le origini della coscienza
L’ultimo libro del neuroscienziato Giorgio Vallortigara, Pensieri della mosca con la testa storta, è un viaggio tra le teorie e gli studi dedicati a indagare la coscienza - partendo dai cervelli minuscoli di api, mosche, limuli e altri invertebrati.
Crediti immagine: Wikimedia Commons
Cervelli minuscoli, con poche manciate di neuroni se confrontati con gli 86 miliardi di neuroni dei cervelli umani, che aprono la strada allo studio di quella che è una delle frontiere più intriganti per le neuroscienze: la coscienza. Cosa ne sappiamo a oggi, e cosa ci possono insegnare al riguardo i cervelli in miniatura di animali come api e mosche?
Il problema dei sussidi ambientalmente dannosi e la proposta della COP26
Il problema dei sussidi statali ai combustibili fossili rimane uno degli ostacoli principali nella transizione a un’economia a basse emissioni, poiché incentivano la produzione e il consumo di carbone, petrolio e gas. Secondo l'IISD (International Institute for Sustainable Development) una completa eliminazione potrebbe portare a una diminuzione delle emissioni fino al 10%.
Perché l'editing genetico fa bene alle piante. E all'uomo

Ne I semi del futuro. Dieci lezioni di genetica delle piante, scritto dal ricercatore Michele Morgante e dalla divulgatrice scientifica Caterina Visco, vengono affrontati problemi come la natura e la sostenibilità, a cui si risponde con biotecnologie ed editing genetico. La recensione di Francesca Pescarmona.
Crediti immagine: Aaron Fernando/Unsplash
Così piccoli e leggeri, i semi sono alla base del nostro sostentamento dagli albori dell’umanità. «Un seme è un concentrato di tecnologia. È il custode delle caratteristiche genetiche desiderate e ottenute con tante difficoltà. Chi produce, possiede o distribuisce un seme ha in mano un tesoro» afferma Michele Morgante, biotecnologo e professore ordinario di genetica all’Università di Udine dove dirige anche l’Istituto di Genomica Applicata, nel suo primo libro di divulgazione, I semi del futuro.
Il lancio del James Webb Space Telescope, un sogno che si avvera

Il giorno di Natale è finalmente iniziato il viaggio del più grande telescopio spaziale mai costruito. Un viaggio che, in circa un mese, lo porterà a 1,5 milioni di chilometri dalla Terra. Lì, al termine della complessa fase di messa a punto e di test dei suoi strumenti, l’occhio infrarosso del JWST (James Webb Space Telescope) scruterà le profondità del Cosmo, portandoci là dove mai finora eravamo riusciti a giungere.
In copertina: immagine pittorica del JWST che riassume le principali aree di ricerca che lo vedranno impegnato per almeno una decina d’anni. Svelerà ai nostri occhi un Universo finora nascosto: le stelle avvolte da nuvole di polvere, le molecole presenti nelle atmosfere di altri mondi e la luce delle prime stelle e galassie. Crediti: ESA/ATG medialab
Una storia infinita quella del James Webb Space Telescope (JWST). L’idea di questa meravigliosa macchina osservativa risale a metà degli anni Novanta, l’intento era quello di realizzare un telescopio per l’infrarosso che si affiancasse al telescopio Hubble – ormai pienamente operativo dopo l’intervento di correzione della sua vista – e ne completasse le capacità osservative. Si sarebbe chiamato NGST (Next Generation Space Telescope) e avrebbe dovuto avere uno specchio grande otto metri.
Blue&Raman: da chi viene il nome del nuovo cavo sottomarino

Il sistema di trasmissione via cavo a fibre ottiche che, una volta ultimato, collegherà Italia e India e la cui piena operatività è prevista per il 2024 comprende due tratti: il primo è il Blue System, mentre il secondo è il Raman System (che collegherà Giordania, Arabia Saudita, Gibuti, Oman e India). Il nome viene dal fisico indiano Chandrasekhara Venkata Raman (1888-1970), scopritore del fenomeno ottico che porta il suo nome: Marco Taddia ce ne racconta la storia.
Crediti immagine: berenice melis/Unsplash
La prima volta che il premio Nobel in campo scientifico prese la via dell’Asia fu nel 1930, quando venne assegnato al fisico indiano Chandrasekhara Venkata Raman (1888-1970), scopritore del fenomeno ottico che porta il suo nome (Effetto Raman). La motivazione del riconoscimento fu «for his work on the scattering of light and for the discovery of the effect named after him».



