La maledizione dei silos nella ricerca scientifica

A differenza di quanto avvenuto in altri Paesi dove l’organizzazione della comunicazione tra scienziati e governi è stata organizzata con team interdisciplinari che raccolgono esperti di diversi campi scientifici e che in alcuni casi prevede la figura del consigliere scientifico, in Italia la pandemia è stata trattata come un problema esclusivamente medico. È l'effetto di un sistema che concepisce la scienza come un insieme di silos: ogni ricercatore è incasellato e la sua attività è valutata solo per la sua congruenza con un settore disciplinare definito in modo restrittivo; una maledizione per università e ricercatori e che ha avuto una parte anche nella gestione della pandemia.
Crediti immagine: Waldemar Brandt/Unsplash
Due notizie di tenore opposto mi hanno colpito nelle ultime due settimane. La prima, mercoledì 3 marzo: stando agli analisti di Quacquarelli-Symonds, che compilano il famosissimo QS University Ranking, la ricerca italiana su Covid-19 è al quinto posto mondiale come impatto, subito dietro ai titani anglosassoni. Naturalmente il fatto di essere stati il primo paese occidentale travolto da Covid potrà parzialmente spiegare questo exploit, ma certamente si tratta di un riconoscimento alla dedizione e al talento degli scienziati che operano nel nostro paese.








