fbpx January 2022 | Scienza in rete

January 2022

Omicron e l’endemizzazione del Covid-19

Street art, Bryne, Norvegia.Photo by Gottfried Fjeldså on Unsplash.

Sembra sempre più chiaro che la nostra capacità di instaurare una convinvenza se non pacifica almeno tollerata con il virus dipenderà esclusivamente da due fattori: da un lato dalle nostre risorse scientifiche (vaccini, farmaci) o tecnologiche (sistemi di sorveglianza, areazione); dall’ altro - e largamente - dal virus stesso, o meglio dalle varianti che seguiranno nei prossimi anni. Noi manteniamo totale padronanza, almeno in principio, sulle prime (scienza e tecnologia) ma abbiamo perso completamente il controllo sulla evoluzione virale che riceviamo molto passivamente.

Cellule T e la strada verso un vaccino universale contro i coronavirus

Immagine di NIAID (CC BY 2.0).

Quando Omicron è emersa in Sudafrica a fine novembre, i ricercatori del La Jolla Institute for Immunology (LJI) a San Diego in California avevano un vantaggio: saper preparare i reagenti necessari a valutare la tenuta dell’intera risposta immunitaria delle persone vaccinate nei confronti della nuova variante del SARS-CoV-2.

I luoghi che rammentano, tramandano e ammoniscono

Al "dimenticare", oggi più che mai si deve opporre "ricordare", affinché la memoria sia un legame fra le generazioni. Eppure, delle centinaia di luoghi di prigionia e di sterminio che hanno infestato l'Europa, gran parte è rimasta priva di qualsiasi targa di riconoscimento, spesso per rimuovere un passato di complicità. Questo vale anche in Italia, dove risalta la conservazione della Risiera di San Sabba, dichiarata monumento nazionale nel 1965.
L'articolo di Simonetta Pagliani per il Giorno della Memoria.

Crediti immagine: Wikimedia Commons. Licenza: CC BY-SA 4.0

Meditate che questo è stato 
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi
.
(Primo Levi. Se questo è un uomo. De Silva, Torino 1947)

Lo spazio non fa buon sangue

La tecnologia rende i viaggi spaziali di lunga durata sempre più fattibili; tuttavia, in questo campo, non si può dimenticare la fragilità dell'organismo umano quando lascia il suo pianeta. Due recenti studi hanno messo in evidenza alcuni problemi in cui incorrono gli astronauti, e che dovranno essere approfonditi e tenuti presenti nell'ottica di lunghe missioni spaziali.

Nell'immagine: scorcio della Stazione spaziale internazionale in un sorvolo notturno della regione tra il Mar Nero e il Mar Caspio. In primo piano, a sinistra, la capsula dell’equipaggio Soyuz MS-18 e, a destra, il Multipurpose Laboratory Module chiamato Nauka. Lo studio di come reagisce l’organismo umano alle condizioni presenti sulla stazione spaziale è fondamentale per comprendere gli effetti dei lunghi viaggi interplanetari. Il quadro emerso finora è piuttosto preoccupante. Crediti: ISS / NASA

Sul versante della tecnologia, i viaggi spaziali di lunga durata sembrano sempre più vicini.

Ci mancava la peste suina africana

In Piemonte, lo scorso 6 gennaio è stato per la prima volta confermato il caso di una carcassa di cinghiale positiva al virus della peste suina africana genotipo II. Una malattia non pericolosa per l'uomo ma letale per i suini, che può avere gravi ricadute socioeconomiche e la cui origine è legata alle attività antropiche.

 

Photo by Tim Schmidbauer on Unsplash

Ormai da due anni la nostra vita è scandita da informazioni sui virus, a causa della pandemia siamo bombardati da notizie su varianti, contagiosità e letalità. SARS-COV-2 certo è un virus che sta prendendo tutte le attenzioni mediatiche, a causa degli evidenti drammatici impatti sulle nostre vite.

Antropocene o Wasteocene? Cosa cambia

Il termine “Wasteocene”, o “era degli scarti”, ha fatto il suo ingresso nel dibattito culturale internazionale circa cinque anni fa, agli inizi di aprile 2017. Il debutto è avvenuto grazie a un articolo di circa tredici pagine, integrato da una cinquantina di riferimenti bibliografici, pubblicato da South Atlantic Quarterly e firmato da Marco Armiero (Istituto di Studi sul Mediterraneo, CNR) e Massimo De Angelis (University of East London).