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Editing epigenetico: modificare l'espressione genica senza alterare il DNA

Un articolo pubblicato su Nature e firmato dai ricercatori del San Raffaele TIGET descrive una nuova forma di editing del genoma, che non agisce sulla sequenza di DNA ma sfrutta i meccanismi epigenetici per silenziare i geni d'interesse. La tecnica, testata su modelli animali, ha il vantaggio di non modificare in modo permanente il genoma, e apre la strada a nuove prospettive di ricerca e, in futuro, applicazioni cliniche.

Silenziare un gene. Perché? E come farlo in pratica? Il perché è abbastanza semplice: se si trova il modo di spegnere un gene, se ne può esplorare la funzione. E poi, almeno in teoria, un gene difettoso che finirebbe per codificare per una proteina anomala può farci ammalare; e allora, togliamolo di mezzo. Tutto risolto dunque. Un po’, ma solo un po’. Per adesso le due tecniche impiegate per silenziare stabilmente un gene (l’interferenza a RNA e l’uso di nucleasi artificiali) funzionano bene, ma hanno grandi limiti.

Superdiffusore: il Lancet ricostruisce la storia di una parola che ha avuto molti significati

Un cerchio tutto formato di capocchie di spillo bianche con al centro un disco tutto formato da capocchie di spillo rosse

“Superdiffusore”. Un termine che in seguito all’epidemia di Covid abbiamo imparato a conoscere tutti. Ma da dove nasce e che cosa significa esattamente? La risposta è meno facile di quello che potrebbe sembrare. Una Historical review pubblicata sul Lancet nell’ottobre scorso ha ripercorso l’articolata storia del termine super diffusore (super spreader), esaminando i diversi contesti in cui si è affermato nella comunicazione su argomenti medici e riflettendo sulla sua natura e sul suo significato. Crediti immagine: DALL-E by ChatGPT 

L’autorevole vocabolario Treccani definisca il termine superdiffusore in maniera univoca: “in caso di epidemia, persona che trasmette il virus a un numero più alto di individui rispetto alle altre”. Un recente articolo del Lancet elenca almeno quattro significati del termine, ormai familiare anche tra il grande pubblico:

Comunità energetiche: un libro per capire la loro valenza ecologica e sociale

Le comunità energetiche rinnovabili segnano una svolta nella produzione e nel consumo di energia, puntando su fonti sostenibili e su una distribuzione decentralizzata. Gli incentivi economici, quali i contributi a fondo perduto del PNRR, facilitano l'adozione di queste soluzioni che, oltre a diminuire le emissioni di CO2, contribuiscono all'indipendenza energetica. Una strategia che promuove l'innovazione e la responsabilità ambientale. Immagine: diagramma di una comunità energetica da Gruber L et al, Towards resilient energy communities: Evaluating the impact of economic and technical optimizationElectrical Power and Energy System, gennaio 2024.

Il libro Comunità Energetiche: Esperimenti di generatività sociale e ambientale (New Fabric, 2024) offre una panoramica approfondita sulle comunità energetiche rinnovabili (CER), partendo dalla definizione di autoconsumo singolo, collettivo, fino alla loro concretizzazione.

Le emissioni crescono meno: cosa fanno i ricchi e i poveri

I paesi ricchi emettono meno, le loro emissioni stanno decrescendo, ma quelli in via di sviluppo fanno il contrario. È normale se si pensa alle diverse possibilità tecnologiche. In ogni caso, serve ridurle ancora. I fattori in gioco sono tanti, ma vanno tenuti tutti in considerazione per la transizione.

Dati immagine (emissioni globali annuali) da Our World in Data

I paesi ricchi, cioè i membri del G7, stanno riducendo le proprie emissioni anno dopo anno. E questo è un bene perché significa che chi ha maggiori possibilità tecnologiche ed economiche riesce a ridurre la propria presenza fossile nel mondo. Tuttavia, come già avevamo detto su Scienza in rete, estendendo il sottoinsieme planetario al G20, la situazione si modifica.

Quanta strada ha fatto la cultura scientifica in Italia negli ultimi vent'anni?

Sarà presentata il 18 marzo la XX edizione dell'Annuario Scienza Tecnologia e Società di Observa, che raccoglie vent'anni di dati per fornire una panoramica delle dinamiche e delle tendenze più significative nei rapporti tra scienza, tecnologia e società. Qui la nostra recensione del rapporto.

Spesso quando il relatore italiano parla di qualsivoglia tema espone le sue opinioni. Il relatore anglosassone invece spesso parte esponendo dei dati, per offrire poi, se proprio deve, la sua opinione.

Quante donne tra i corresponding author? Lo studio di Nature

La rivista Nature ha analizzato i propri dati sulla presenza di donne tra i corresponding author degli articoli ricevuti e poi di quelli accettati dal giornale: nei 5000 lavori sottomessi al giornale negli ultimi cinque mesi, si registra una marcata superiorità nelle percentuali maschili per i lavori sottomessi, mentre la differenza percentuale tra i lavori accettati diventa meno evidente, anche se sembra sempre essere presente.

Crediti immagine: Immagine di DC Studio su Freepik

In occasione dell’8 marzo, la rivista Nature pubblica un editoriale dedicato a uno studio sulla presenza di donne tra i corresponding author degli articoli ricevuti e poi di quelli accettati dal giornale. Stiamo parlando di un giornale generalista, con un impact factor altissimo, che è in cima alla lista dei desideri di quasi tutti gli scienziati del mondo.

Stereotipi di genere: ne parliamo, li leggiamo, li subiamo, ma ancora non li riconosciamo

Degli stereotipi di genere si parla ormai moltissimo, ma nella maggior parte dei casi non li si riconosce. Proprio per questa ragione è così importante capire come e quando li interiorizziamo e di cosa si alimenta l’apparente realtà che ci comandano.

Immagine: https://iconduck.com/search?query=woman CC0 1.0 DEED

Ormai se ne parla in continuazione. Sono gli stereotipi di genere: un virus sociale, che quando assunto produce una distorsione cognitiva delle nostre relazioni, in particolare di coppia, tale da renderle asimmetriche. Se ne parla in continuazione ma nella maggior parte dei casi non li si riconosce. La forza di questi stereotipi è nel fatto che una volta assunti non sono facili da espellere. Il nostro sistema cognitivo, spesso pigro, tende infatti naturalmente a costringere le relazioni umane in schemi comportamentali semplici, poco realistici e tanto banali quanto efficaci.

La fusione dei ghiacci: il Plateau Rosa

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La funzione samaritana della medicina, controcanto dell'ipertecnologia

In quest'era ipertecnologica, esiste ancora la possibilità di tenere la barra sulla rotta dell’umanesimo in medicina? Certo ne esiste la necessità, se è vero che più della metà dei medici si dice insoddisfatta della propria pratica, paradossalmente più sottoposta a critica e a ostilità oggi che la medicina è in grado di cambiare la prognosi di molte malattie un tempo fatali.

In copertina: The doctor, Luke Fields

In un momento in cui ogni scienza applicata vede il proprio futuro addirittura sotto l'egida dell'intelligenza artificiale, ha attirato l'attenzione di chi scrive un recente editoriale del Journal of the American Medical Association, a firma di Jayshil Patel, che suona come un controcanto, il disegno melodico secondario sottoposto al disegno melodico principale.

I negazionisti climatici cambiano tattica, ma sono sempre loro

Il negazionismo climatico ha una nuova faccia: quella che costruisce sfiducia nella scienza e nelle tecnologie rinnovabili – in massima parte già mature per fare la transizione energetica – e che minimizza gli impatti del riscaldamento globale. Serve prendere le misure.

Immagine realizzata con l’AI Runway

Ormai non si può più dire (e credere) che il riscaldamento globale non esiste o che non è causato dall’uomo. Le evidenze sono schiaccianti da decenni e purtroppo, come previsto, stiamo già iniziando a osservarne gli impatti sul nostro benessere, molto mal distribuiti geograficamente e socialmente.