fbpx Cosa c’è da cercare dopo il bosone di Higgs | Scienza in rete

Cosa c’è da cercare dopo il bosone di Higgs

Primary tabs

Tempo di lettura: 7 mins

La scoperta del bosone di Higgs chiude gloriosamente mezzo secolo di fisica delle alte energie sancendo in modo inequivocabile la validità della teoria nota come Modello Standard delle interazioni fondamentali.
Oggi possiamo affermare che conosciamo come le particelle elementari, i costituenti ultimi della materia, interagiscono tra loro attraverso le forze elettromagnetica, nucleare debole e nucleare forte fino a energie dell’ordine di qualche centinaio di GigaElettronvolt (GeV) o a distanze dell’ordine di 10-16 cm.
Non si tratta solo di una descrizione fenomenologica di successo del mondo microscopico a energie mai prima raggiunte; è ancor più un grandioso passo avanti della nostra capacità di descrivere l’Universo in termini geometrici mediante la correlazione delle forze fondamentali con simmetrie presenti in Natura. Ecco perché la scoperta del bosone di Higgs non rappresenta solo il “ritrovamento” dell’ultima particella che ancora mancava per completare il puzzle del Modello Standard, ma è il coronamento di una profonda intuizione del collegamento tra fenomeni fisici e simmetrie che ha trovato la sua massima espressione nelle cosiddette “teorie di gauge” del secolo scorso di cui il Modello Standard è il rappresentante per eccellenza.
Tutto bene allora? Possiamo dire che con questo si chiude la nostra corsa alla comprensione fenomenologica e teorica dell’“elementare” (particelle elementari e forze fondamentali)? In altre parole, brutalmente, la fisica delle alte energie è arrivata al suo (glorioso, ma finale) capolinea?
Ci sono almeno tre evidenze osservative che testimoniano l’insufficienza del Modello Standard a descrivere la realtà fisica:

i) I neutrini hanno una massa (piccola, ma non nulla); il Modello Standard prevede che essi siano rigorosamente a massa nulla (problema della massa dei neutrini);

ii) Gran parte della materia tenuta insieme gravitazionalmente (quella cioè che forma le galassie e gli ammassi e super-ammassi galattici) non è costituita da protoni e neutroni, ma è prodotta da qualche nuova particella che non fa parte delle particelle contenute nel Modello Standard (problema della Materia Oscura);

iii) Partendo da un Universo in cui inizialmente vi era tanta materia quanta antimateria e considerando che la sola fisica presente fosse quella descritta dal Modello Standard, arriveremmo alla conclusione che noi come il nostro Universo fatto di materia non potremmo esistere (problema della asimmetria cosmica tra materia e antimateria).

Questi tre problemi aperti ci dicono in modo inequivocabile che esiste una fisica oltre quella espressa dal Modello Standard (la cosiddetta Nuova Fisica), ma non ci dicono a quale scala di energia si trovino le particelle legate a tale nuova fisica, quindi non ci dicono se sarà possibile trovarne traccia già a LHC quando procederà alla sua energia più alta (14 TeV) o se dobbiamo andare ad altre macchine acceleratrici ancora più potenti (ad esempio, una sorta di super LHC, un acceleratore con una circonferenza di 70 – 100 Km. invece dei 27 di LHC) o  con caratteristiche diverse (ad es. un acceleratore lineare in cui si scontrino elettroni e positroni ad alta energia invece che protoni come nel caso di LHC).
Ho tralasciato qui un formidabile problema, quello dell’origine dell’espansione accelerata dell’Universo (la sua soluzione potrebbe essere legata a una modifica della descrizione della gravità e il Modello Standard di per sè tratta le interazioni elettrodeboli e forti, ma non quelle gravitazionali).
Vi sono poi dei “deficit teorici” del Modello Standard: esso non ci spiega l’enorme differenza di massa tra le particelle, non ci dice perché esistano tre repliche dei fermioni elementari di materia, non dà una descrizione unificata delle forze fondamentali (se ci fossero solamente le particelle del Modello Standard le forze elettrodebole e forte non potrebbero mai confluire in un’unica forza fondamentale, come nelle teorie di Grande Unificazione).
E infine c’e’ la “mancanza teorica” più grave del Modello Standard: dato che presumibilmente esiste della nuova fisica oltre il Modello Standard a scale di energia molto più alte di qualche centinaio di GeV, perché il bosone di Higgs ha una massa di circa 125 GeV invece di “saltare” a una massa dell’ordine di queste scale di energia più alte? Questo è il cosiddetto problema della “gerarchia di gauge”; la sua origine è legata a una proprietà ben nota delle teorie quantistiche di campo che prevedono che, grazie alla presenza di opportune simmetrie, sia possibile evitare che i fermioni (particelle di spin ½) o i messaggeri delle interazioni (fotone , bosone W etc., particelle di spin 1) acquisiscano grandi masse,mentre per i bosoni senza spin (detti bosoni scalari, quali il bosone di Higgs) non esiste una tale “protezione” dovuta alle simmetrie.

Il problema della gerarchia gauge

Come è possibile risolvere il problema della gerarchia di gauge? Uno potrebbe superarlo invocando un improbabile aggiustamento estremamente preciso di parametri fondamentali a scale di energia molto alta. È molto più attraente, almeno secondo me, risolverlo grazie a una soluzione “naturale” che non invochi tali “cospirazioni” tra parametri.  Ad esempio, abbiamo visto che tutto il successo della fisica delle particelle degli ultimi decenni si è basato su una comprensione sempre più profonda dell’ intreccio tra proprietà delle interazioni fondamentali e simmetrie presenti in Natura: si potrebbe allora introdurre una nuova simmetria che “protegga” la massa del bosone di Higgs.
Questa è una simmetria veramente peculiare perché, a differenza delle simmetrie di gauge di cui parlavo sopra, dovrebbe scambiare tra loro fermioni e bosoni, quindi particelle di spin differente. Si tratta della Supersimmetria (SUSY) che prevede la presenza di particelle supersimmetriche,  ovvero ogni particella ordinaria sarebbe accompagnata da un partner supersimmetrico che presenta le stesse caratteristiche dal punto di vista delle interazioni forti ed elettrodeboli, ma spin e massa diversi. Un’altra affascinante possibilità è che vi sia una modifica dello spazio-tempo con l’introduzione di nuove dimensioni spaziali, o ancora l’introduzione di una nuova interazione che conduca a un bosone di Higgs composto da nuove particelle elementari (i techni-quark).
Quello che è cruciale sottolineare è che qualunque soluzione “naturale” per la massa del bosone di Higgs si voglia adottare, inevitabilmente si finisce col postulare l’esistenza di una fisica nuova, non contenuta nel Modello Standard con particelle nuove alla scala di energia che attualmente sta sondando la macchina acceleratrice LHC al CERN di Ginevra.

Alla ricerca della materia oscura

Naturalmente, viene spontaneo chiedersi se tale nuova fisica visibile a LHC possa avere a che fare con i tre “problemi sopraddetti”. Il caso più promettente è quello fornito dal problema della materia oscura.
Sia che introduciamo nuove particelle supersimmetriche sia che postuliamo l’esistenza di nuove dimensioni spaziali per “proteggere” la massa del bosone di Higgs, in ogni caso finiamo con l’avere dei candidati molto validi per costituire la materia oscura: nel primo caso si tratterebbe della particella supersimmetrica più leggera, mentre nel secondo sarebbe la più leggera di una serie infinita di nuove particelle che accompagnerebbe quelle ordinarie (particelle di Kaluza-Klein). Vi è un enorme sforzo da ogni parte del mondo (in Italia in particolare nel laboratorio INFN del Gran Sasso) per trovare traccia di urti di queste particelle di materia oscura con materia ordinaria usata quale bersaglio.
Un altro modo di cercare la materia oscura è attraverso l’identificazione di prodotti della sua annichilazione: ecco le ricerche di fotoni, antimateria, neutrini che vengono compiute ovunque, nello spazio,  a terra, sotto i ghiacci o i mari. Sia le ricerche dirette che indirette di materia oscura si riferiscono al “ritrovamento” di quelle particelle che costituiscono la materia oscura che sono state prodotte nei primi istanti dell’Universo.  Vi è un modo alternativo di cercare la materia oscura che riguarda la fisica delle alte energie: in questo caso è una materia oscura che noi stessi produciamo negli urti ad alta energia agli acceleratori.

 L'“insostenibile” leggerezza del bosone di Higgs non uccide la fisica delle alte energie, ma, anzi, ne riafferma la decisiva rilevanza per la nostra comprensione del mondo elementare. Se vi è, come io penso,  una spiegazione “naturale” a tale leggerezza, allora le particelle della nuova fisica saranno trovate quali particelle reali, fisiche o a LHC o in un “super LHC” che esplorerà la regione di energia di 100 TeV oppure saranno identificate quali particelle “virtuali” nella fisica di precisione che si farà a macchine ad alta intensità. 
Un risultato negativo di tali ricerche porterebbe pure ad un risultato “rivoluzionario” per la fisica e per il nostro modo di fare fisica: per la prima volta, avremmo che ciò che accade a una certa scala di energia,  nel nostro caso ~100 GeV, dipende con estrema accuratezza da parametri ad una scala di energia molti ordini di grandezza superiore. Forse allora, e solo allora, dovremmo gettare la spugna e rivolgerci a soluzioni quali quella del Multi-verso.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Scoperto un nuovo legame chimico carbonio-carbonio

Un gruppo di ricercatori dell'Università di Hokkaido ha fornito la prima prova sperimentale dell'esistenza di un nuovo tipo di legame chimico: il legame covalente a singolo elettrone, teorizzato da Linus Pauling nel 1931 ma mai verificato fino ad ora. Utilizzando derivati dell’esafeniletano (HPE), gli scienziati sono riusciti a stabilizzare questo legame insolito tra due atomi di carbonio e a studiarlo con tecniche spettroscopiche e di diffrattometria a raggi X. È una scoperta che apre nuove prospettive nella comprensione della chimica dei legami e potrebbe portare allo sviluppo di nuovi materiali con applicazioni innovative.

Nell'immagine di copertina: studio del legame sigma con diffrattometria a raggi X. Crediti: Yusuke Ishigaki

Dopo quasi un anno di revisione, lo scorso 25 settembre è stato pubblicato su Nature uno studio che sta facendo molto parlare di sé, soprattutto fra i chimici. Un gruppo di ricercatori dell’Università di Hokkaido ha infatti sintetizzato una molecola che ha dimostrato sperimentalmente l’esistenza di un nuovo tipo di legame chimico, qualcosa che non capita così spesso.