fbpx Energia: rapporto IEA per azzerare le emissioni | Scienza in rete

Trasformare drasticamente il settore energetico per azzerare le emissioni nel 2050

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Zero investimenti nelle fonti fossili (petrolio, gas e carbone) dal 2022, accelerazione su rinnovabili, soprattutto solare ed eolico, e riduzione del consumo energetico, questa la strada per azzerare le emissioni nette entro il 2050 secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia. Presenti, anche se meno che negli scenari IPCC, anche bioenergie, idrogeno e cattura e stoccaggio di carbonio.

Immagine: Pixabay.

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Nel 2050 due terzi dell’energia globale e quasi il 90% di quella elettrica dovrà essere prodotta da fonti rinnovabili. Tra queste, solare ed eolico dovranno avere un ruolo centrale, generando il 70% dell’energia elettrica. Per farlo la capacità del solare fotovoltaico dovrà aumentare di 20 volte nei trent’anni che abbiamo davanti e quella dell’eolico di 11 volte. Fatta eccezione per i progetti già approvati nel 2021, non è previsto lo sfruttamento di nuovi giacimenti di petrolio o gas né la costruzione di nuove centrali di energia a carbone senza sistemi di abbattimento delle emissioni. I combustibili fossili, da cui oggi viene prodotto l’80% dell’energia globale, nel 2050 sarebbero responsabili solo per il 20%.

Questi i punti centrali del percorso che, secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia (International Energy Agency, IEA), i governi del mondo dovrebbero seguire per portare a zero le emissioni nette di biossido di carbonio nel 2050. Si tratta di un traguardo compatibile con l’obiettivo più ambizioso dell’accordo di Parigi, ovvero contenere entro 1,5 °C l’aumento della temperatura globale osservato a fine secolo rispetto ai livelli preindustriali.

Il rapporto di 224 pagine Net Zero by 2050 - A Roadmap for the Global Energy Sector, pubblicato martedì da IEA, è stato redatto in vista della ventiseiesima Conferenza delle parti (COP26) che si terrà nel Regno Unito a novembre e delinea «una trasformazione totale dei sistemi energetici che sostengono le nostre economie», commenta nella prefazione Faith Birol, direttore esecutivo dell’Agenzia. Il settore dell’energia è responsabile infatti di quasi tre quarti delle emissioni globali di anidride carbonica.

Solo oltre 400 i momenti importanti nel percorso che conduce all’azzeramento delle emissioni nette nel 2050. Qui sotto vengono rappresentati i più significativi.

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Sono diversi i momenti importanti nel percorso delineato da IEA per raggiungere zero emissioni nette nel 2050 e riguardano tutti i settori, tra cui edifici, trasporti, industria, elettrificazione e riscaldamento. Se un settore è in ritardo, potrebbe essere impossibile compensare la differenza altrove. Fonte: figura 1, capitolo 4 di International Energy Agency (2021), Net Zero by 2050, IEA, Paris.

In un commento pubblicato poco prima dell‘uscita del rapporto, i coordinatori Laura Cozzi e Timur Gül sottolineano come il percorso indicato da IEA non debba essere interpretato come l’unico possibile, ma come uno dei percorsi che permette di esplorare concretamente cosa vorrebbe dire azzerare le emissioni nel 2050.

Nel 2018, infatti, l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) ha pubblicato il noto rapporto speciale dedicato all’obiettivo di 1,5°C che descrive 90 diversi percorsi per raggiungerlo. Come osserva il giornalista Simon Evans di Carbon Brief, la differenza principale fra l’approccio dell’IPCC e quello dell’IEA è che il primo considera anche il contributo di altri settori oltre a quello dell’energia alla riduzione delle emissioni, in particolare l’uso del suolo e la deforestazione. Per questo il percorso suggerito da IEA è più “aggressivo” di quello di IPCC, con un taglio più drastico ai combustibili fossili, una diminuzione più importante del fabbisogno di energia e un contributo maggiore da parte di solare ed eolico. Inoltre, ricorre in misura minore ai sistemi di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica e alle bioenergie rispetto a quanto suggerito dall’IPCC.

«Il mondo ha davanti a sé un'enorme sfida per arrivare ad azzerare le emissioni nette entro il 2050», commenta Birol nella prefazione al rapporto. Le parole di Birol non sono affatto esagerate, come si capisce confrontando il percorso suggerito da IEA con quello che il pianeta seguirebbe stando alle politiche già implementate. Negli ultimi anni un numero sempre maggiore di paesi si è impegnato ad azzerare le proprie emissioni nette di biossido di carbonio entro il 2050 o 2060. L’insieme di questi paesi è responsabile di circa il 70% dei quasi 34 miliardi di tonnellate di anidride carbonica emesse quest’anno a livello globale per usi energetici (in leggera diminuzione rispetto al 2019 per via della pandemia, ma già in ripresa). Tuttavia, anche se questi paesi rispettassero gli impegni presi, nel 2050 ci troveremmo ancora a emettere 22 miliardi di tonnellate di anidride carbonica (lo scenario denominato announced pledges case o APC nella figura sottostante) e l’aumento della temperatura registrato nel 2100 sarebbe di 2,1 °C.

Se però ci si limita a considerare le politiche già implementate dai governi (lo scenario denominato stated policies o STEPS nella figura sopra), la prospettiva è ancora meno rosea, con le emissioni che si stabilizzano sui livelli attuali intorno a 36 miliardi di tonnellate annue e di conseguenza il riscaldamento globale tocca i 2,7 °C a fine secolo.

Il percorso indicato da IEA per raggiungere zero emissioni nette (denominato net-zero by 2050 o NZE nella figura) descrive un’economia radicalmente diversa rispetto a quella che conosciamo oggi. Tuttavia, come si legge nella sintesi per i decisori politici (il cosiddetto Summary for policymakers) «il rapporto fornisce una visione globale, ma i paesi non iniziano nelle stesse condizioni né finiscono nello stesso momento: le economie avanzate devono raggiungere lo zero netto prima dei mercati emergenti e delle economie in via di sviluppo e aiutare gli altri ad arrivarci». Il percorso prevede quindi che la percentuale del reddito familiare spesa in energia (acquisto di elettrodomestici più efficienti, per esempio) nelle economie emergenti e nei paesi in via di sviluppo aumenti poco e, dunque, indica la necessità di politiche pubbliche nella forma di crediti d’imposta, prestiti e sussidi dedicati.

Il percorso tiene conto della crescita della popolazione dell’economia mondiale, garantendo entro il 2030 accesso universale all’elettricità (oggi inaccessibile per 785 milioni di persone) e a metodi di cottura salutari (oggi inaccessibili per 2,7 miliardi di persone). Questi interventi, che richiedono un investimento di circa 40 miliardi di dollari l’anno, permetterebbero anche di migliorare la qualità dell’aria degli ambienti chiusi.

Sette linee di intervento per l'energia, il ruolo della tecnologia e l’equità

Le azioni previste dal piano di IEA ruotano attorno a sette linee di intervento: efficienza energetica, elettrificazione, rinnovabili, idrogeno, sistemi di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica, bioenergie e cambiamenti negli stili di vita. La figura qui sotto mostra come queste sette linee di intervento contribuiscono nel tempo all'obiettivo di azzerare le emissioni nette nel 2050.

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Solare, eolico ed efficienza energetica offrono circa la metà delle riduzioni delle emissioni fino al 2030, mentre elettrificazione, idrogeno e cattura, stoccaggio e riutilizzo del biossido di carbonio aumentano successivamente. Fonte: figura 12, capitolo 2 di International Energy Agency (2021), Net Zero by 2050, IEA, Paris.

L’aumento della capacità di solare ed eolico e dell’efficienza energetica sono responsabili del 50% della riduzione delle emissioni da qui al 2030, mentre il ruolo dell’elettrificazione, dell’idrogeno e dei sistemi di cattura e stoccaggio di carbonio danno il loro contributo maggiore nei 20 anni successivi.

Prima di entrare nel dettaglio di queste sette linee di intervento sottolineiamo due aspetti importanti di questa transizione.

Il primo è il ruolo della tecnologia. La riduzione delle emissioni nel primo decennio è garantita all’80% dall’impiego di tecnologie già disponibili e solo al 15% da tecnologie in via di sviluppo. Tuttavia, la riduzione delle emissioni al 2050 è basata al 50% su tecnologie che oggi esistono solo a livello di prototipo e che dunque è cruciale maturino a sufficienza da poter essere impiegate su larga scala a partire dal 2030.

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Le tecnologie di cattura e stoccaggio di carbonio, quelle relative a idrogeno e bioenergia sono meno mature di quelle necessarie alla elettrificazione. La maggior parte delle tecnologie per l'industria pesante e gli autocarri sono nelle prime fasi di sviluppo. Figura 32, capitolo 2 di International Energy Agency (2021), Net Zero by 2050, IEA, Paris.

Le applicazioni su cui finora si è puntato di più sono quelle dell’energia elettrica a basse emissioni e dell’efficienza energetica, mentre solo un terzo delle attuali spese in ricerca e sviluppo si concentrano su batterie avanzate, tecnologie per la produzione dell’idrogeno come gli elettrolizzatori, e i sistemi di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica.

Accanto a queste tecnologie è cruciale che vengano costruite anche le infrastrutture necessarie, come le tubature per il trasporto dell’anidride carbonica catturata o dell’idrogeno verso porti e siti industriali. Attualmente, il settore delle infrastrutture è finanziato con 25 miliardi di dollari per i prossimi dieci anni, un livello ampiamente insufficiente che dovrebbe aumentare fino a 90 miliardi.

Il secondo aspetto da tenere in considerazione nel progettare le politiche che abiliteranno il percorso verso l’azzeramento delle emissioni, è quello dell’equità. Grazie a una collaborazione con il Fondo Monetario Internazionale, IEA ha stimato anche l’impatto del percorso net-zero by 2050 in termini di prodotto interno lordo globale e di posti di lavoro creati e persi nei diversi settori.

L’aumento del prodotto interno lordo nel 2030 sarebbe il 4% in più di quanto sarebbe stato nello scenario stated policies. Tuttavia, è importante sottolineare che si corre il rischio che questa ricchezza sia distribuita in maniera disomogenea. Infatti il settore dell’energia fossile perderebbe 5 milioni di posti di lavoro nei prossimi dieci anni e l’impatto della disoccupazione sarebbe particolarmente forte nelle aree vicino ai giacimenti di petrolio e gas. È importante quindi che i posti di lavoro creati nel settore delle energie pulite, circa 14 milioni entro il 2030 secondo le stime dell’Agenzia, siano distribuiti con criterio per compensare i posti persi. Ai nove milioni netti di posti di lavoro guadagnati nel settore dell’energia, se ne aggiungerebbero altri sedici derivanti da un aumento nella spesa in elettrodomestici più efficienti, ammodernamento delle abitazioni e acquisto di veicoli elettrici. Si veda su questo il rapporto Sustainable Recovery dell’IEA del giugno 2020.

Nei paragrafi che seguono, dettagliamo le azioni previste nelle sette linee di intervento indicate dal rapporto.

Efficienza, rinnovabili, elettrificazione: i tre pilastri principali

L’efficienza gioca un ruolo fondamentale nella riduzione del fabbisogno energetico soprattutto nel prossimo decennio. Nel 2030, infatti, l’economia mondiale dovrebbe consumare il 7% in meno dell’energia di oggi pur essendo il 40% più grande. In altri termini, l’energia richiesta per generare un dollaro di prodotto interno lordo dovrebbe diminuire del 4%, circa il triplo di quanto è diminuita dal 2010 a oggi. Nel 2050 i consumi di un’economia raddoppiata in termini di prodotto interno lordo e con una popolazione di due miliardi di persone in più dovrebbero scendere dell’8% rispetto a quelli attuali.

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Entro il 2050, la popolazione mondiale si espanderà a 9,7 miliardi di persone. Fonte: figura 1, capitolo 2 di International Energy Agency (2021), Net Zero by 2050, IEA, Paris.

Nel settore dell’edilizia, le economie avanzate dovrebbero impegnarsi da qui al 2050 ad ammodernare ogni anno il 2,5% delle strutture residenziali per renderle zero-carbon ready (attualmente il tasso di ammodernamento residenziale è dell’1% all’anno). Nel 2050 la grande maggioranza degli edifici residenziali sarà stata ammodernata, mentre dal 2030 in poi verranno costruite solo residenze zero-carbon ready. Dopo un graduale innalzamento degli standard di efficienza per gli elettrodomestici, dal 2035 in poi saranno in vendita solo apparecchi della massima classe energetica.

Nel settore dei trasporti, l’efficienza passa soprattutto attraverso il blocco alle vendite di automobili con motori a combustione interna dal 2035 in poi e la vendita di veicoli elettrici più efficienti. La percentuale di veicoli elettrici su strada aumenterà dall’1% di oggi al 20% nel 2030, 50% nel 2040 e 100% nel 2050. Per il trasporto pesante su gomma un ruolo importante nell’efficientamento sarà giocato dalle celle a combustibile, in particolare a idrogeno, mentre aerei e treni verranno gradualmente sostituiti con versioni più efficienti.

I margini di intervento nel settore industriale sono minori, poiché le tecnologie necessarie attualmente richiedono più energia rispetto a quelle convenzionali.

Assumendo questi miglioramenti dal punto di vista dell’efficienza, IEA prospetta uno scenario in cui nel 2050 le fonti rinnovabili sono responsabili di quasi il 70% dell’energia prodotta, mentre oggi rappresentano poco più del 15%. Il contributo dei combustibili fossili (petrolio, carbone e gas naturale) si riduce dall’attuale 80% a poco più del 20%, mentre il nucleare soddisfa dal 5% al 10% del fabbisogno totale. La transizione è molto rapida, con le rinnovabili che già nel 2030 rappresentano la maggiore fonte di approvvigionamento energetico.

L’importanza delle fonti rinnovabili è dovuta anche al fatto che l’energia elettrica diventa la forma di energia finale più diffusa grazie a una massiccia elettrificazione dei mezzi di trasporto e dei sistemi di riscaldamento degli edifici. Nel 2050 le rinnovabili, solare ed eolico in particolare, sono responsabili di quasi il 90% della produzione di energia elettrica, contro il 29% di oggi.

Per avere un’idea di quanto le fonti rinnovabili contribuiranno ai diversi settori, consideriamo gli edifici. Le fonti rinnovabili saranno sfruttate soprattutto per il riscaldamento di acqua e ambienti interni e il loro contributo passerà dal 10% del riscaldamento al 40% nel 2050, soprattutto attraverso il solare termico e geotermico. Tutti gli edifici con un tetto e un livello di insolazione sufficiente dovranno essere equipaggiati con boiler solari, mentre il numero di tetti che ospitano pannelli solari passeranno dagli attuali 25 milioni a 100 milioni nel 2030 e 240 milioni nel 2050.

Per raggiungere questi obiettivi, solare ed eolico dovranno essere potenziati rapidamente nel prossimo decennio, aumentando la capacità del solare fotovoltaico di 630 gigawatt all’anno e dell’eolico di 390 gigawatt all’anno (circa quattro volte il livello record raggiunto nel 2020). Questo equivale, per il fotovoltaico, a installare ogni giorno il più grande parco solare esistente oggi. Idroelettrico e nucleare, le maggiori fonti a basse emissioni di carbonio da cui si produce elettricità oggi, sono cruciali per sostenere questa transizione.

L’abbandono delle fonti fossili in favore di energia elettrica prodotta a basse emissioni è uno degli elementi più importanti del percorso net-zero 2050, contando per circa il 20% della riduzione delle emissioni nel 2050. La domanda di elettricità dovrebbe più che raddoppiare nei prossimi 30 anni, in particolare per via dell’industria che la impiegherà per processi a basse e medie temperature e la produzione secondaria di acciaio.

L’elettrificazione riguarderà soprattutto il settore dei trasporti e degli edifici che sono responsabili rispettivamente del 16% e del 18% delle emissioni globali.

Nel settore dei trasporti, il fabbisogno di energia elettrica passa da meno del 2% del 2020 a circa il 45% nel 2050. Già nel 2030 le automobili elettriche rappresentano il 60% delle vendite del settore (oggi sono il 5%), grazie a un aumento delle vendite nel prossimo decennio 20 volte superiore a quello osservato per le macchine a combustione nello scorso decennio. L’elettrificazione è più lenta per i mezzi pesanti che richiedono batterie più efficienti di quelle ora disponibili sul mercato e un sistema di ricarica più capillare, soprattutto per le lunghe percorrenze. L’elettrificazione del sistema dei trasporti genera un aumento nella domanda di batterie e, quindi, dei cosiddetti “minerali critici”, ovvero rame, nichel, litio, cobalto e terre rare. Per esempio, il fabbisogno di litio aumenta di trenta volte fino al 2030 e di 100 volte fino al 2050. Questo pone dei problemi di sicurezza e di natura geopolitica.

Per quanto riguarda gli edifici, il consumo di energia elettrica è ridotto dall’utilizzo di apparecchi, sistemi di riscaldamento e illuminazione più efficienti. Tuttavia, la crescita della popolazione e dell’economia e la sostituzione dei sistemi di riscaldamento a gas con boiler elettrici, implica un aumento costante del consumo di elettricità negli edifici, che raggiunge il 66% del totale nel 2050.

Nella figura sotto sono riassunti gli interventi più importanti dal punto di vista delle rinnovabili, dell’elettrificazione e dell’efficienza.

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Aumento nelle tecnologie pulite nel prossimo decennio. Nota: 1 MJ (megajoule) equivale a circa 280 wattora, GDP è il prodotto interno lordo a parità di potere di acquisto. Fonte: pagina 14 di International Energy Agency (2021), Net Zero by 2050, IEA, Paris.

La scomodità dell’hard to abate: il ruolo di idrogeno, bioenergia, cattura e stoccaggio di carbonio

Le altre tre linee di intervento secondo IEA sono l’idrogeno, la bioenergia e la cattura e stoccaggio di carbonio – seppur questi ultimi due in quantitativi minori rispetto alla maggior parte degli scenari IPCC. Come segnala la stessa Agenzia, attorno a questi settori c’è ancora una certa incertezza, per cui, per arrivare allo zero netto al 2050, possono anche verificarsi variazioni rispetto al percorso indicato dal rapporto. Idrogeno, bioenergia e cattura e stoccaggio di carbonio possono essere considerati come una sorta di “cuscinetto” di sicurezza, per apportare flessibilità al sistema energetico globale, soprattutto nei settori cosiddetti hard to abate (difficili da abbattere). Rientrano nell’hard to abate l’industria pesante (cemento, acciaio, prodotti chimici e alluminio) e il trasporto pesante (trasporto marittimo, camionistico e aereo), che sono insieme responsabili di quasi un terzo delle emissioni globali di anidride carbonica.

La tecnica di cattura e stoccaggio di carbonio (CCS, Carbon Capture and Storage) – accoppiata spesso anche al riutilizzo (CCUS, Carbon Capture, Utilisation and Storage) – è alla base degli interventi di ammodernamento delle centrali a combustibili fossili. Sin da subito, è bene sottolineare che il rapporto IEA indica come molto incerta una rapida ascesa del CCUS, per «ragioni economiche, politiche e tecniche». Infatti, circa la metà della riduzione cumulative delle emissioni di biossido di carbonio proviene da tecnologia ancora oggi in fase di dimostrazione, di prototipo o comunque non diffusa su larga scala.

Nel percorso delineato dall’IEA, si dovrà passare da 1,6 miliardi di tonnellate di anidride carbonica catturate nel 2030 a 7,6, di cui il 50% da combustibili fossili, il 20% dall’industria e il 30% dalla bioenergia (vedi paragrafi successivi). Nel 2050, il biossido di carbonio catturato sarà per il 95% immagazzinato in «uno stoccaggio geologico permanente» e per il 5% usato per produrre combustibili sintetici – per esempio per l’aviazione.

Il rapporto stima che il CCUS nelle centrali elettriche coprirà soltanto il 3% della produzione di elettricità, pur catturando volumi di biossido di carbonio «relativamente grandi». Il ruolo della cattura e stoccaggio di carbonio sarà importante soprattutto nei paesi emergenti, dotati ancora di molte centrali a carbone in parte relativamente nuove.

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Impatti nel raggiungimento dello scenario net-zero al 2050 senza l'espansione del CCUS basato sui combustibili fossili. NZE: Net Zero Emissions Scenario. LCC: Low CCUS Case (cioè limitato ai progetti in costruzione o approvati oggi). Figura 31, capitolo 2 di International Energy Agency (2021), Net Zero by 2050, IEA, Paris.

Nel caso in cui si decida di limitarsi solo agli impianti di CCUS in costruzione o approvati oggi (Low CCUS Case), si avrebbero 3450 milioni di tonnellate catturate in meno nel 2050, e per cui servirebbero tecnologie sostitutive, «come i forni elettrici per il cemento o i cracker elettrici a vapore per la produzione di prodotti chimici di alto valore», oggi solo prototipi.

L’idrogeno sarà sfruttato soprattutto per sostituire agevolmente i combustibili fossili senza costruire nuove infrastrutture energetiche su larga scala, operazione che richiederebbe tempi più lunghi. Secondo IEA, si dovrebbe passare dalle 90 milioni di tonnellate di uso dell’idrogeno del 2020 a più di 200 nel 2030; di cui, in particolare, quasi 150 di idrogeno a basse emissioni di carbonio, quota che dovrà raggiungere i 520 milioni di tonnellate entro il 2050 (oggi siamo a 9 milioni). La quota a basse emissioni prevista per il 2050 rappresenterà circa il 60% della produzione totale di idrogeno.

È bene ricordare che oggi la maggior parte dell’idrogeno in uso non è a basse emissioni di carbonio, né tantomeno “verde”, ovvero ottenuto dalla dissociazione elettrolitica dell’acqua con elettricità prodotta da fonti rinnovabili. Per questo, servirà espandere l’infrastruttura degli elettrolizzatori, oggi quasi assente, arrivando a più di 3600 gigawatt di potenza entro il 2050 (dagli 0,6 gigawatt di oggi).

Per quanto riguarda il settore della produzione elettrica, l’idrogeno può essere un'importante «fonte di flessibilità», soprattutto sostituendo il gas come combustibile (o creando miscele con esso), riducendo così le emissioni di biossido di carbonio da gas di circa il 6% al 2030. Combustibili di questo genere, in ogni caso, rappresenteranno solo il 2% della produzione totale di elettricità nel 2050. Invece, nel settore del trasporto pesante, i carburanti a base di idrogeno supereranno il 60% del consumo totale di carburante nel trasporto marittimo e copriranno un terzo dei carburanti per camion.

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A sinistra. Produzione globale di idrogeno per fonte: combustibili fossili; gas naturale con cattura, stoccaggio e utilizzo di carbonio (CCUS); raffinazione CNR, che è un sottoprodotto dell’idrogeno dal reforming catalitico della nafta nelle raffinerie; elettricità. A destra. Domanda di idrogeno e di combustibili a base di idrogeno per settore. Fonte: figura 8, capitolo 3 di International Energy Agency (2021), Net Zero by 2050, IEA, Paris.

Da tenere presente, come scrive il rapporto IEA, «non tutte le fasi della catena del valore dell'idrogeno a basso contenuto di carbonio sono oggi disponibili sul mercato. La maggior parte delle tecnologie della domanda, come la produzione di acciaio basata sull'idrogeno, sono solo allo stadio di dimostrazione o di prototipo».

Per quanto riguarda la bioenergia, la prima tappa fondamentale al 2030 è azzerare l’utilizzo di biomassa solida (attualmente il 90% della domanda primaria di bioenergia) nei metodi di cottura tradizionali, che sono «insostenibili, inefficienti e inquinanti, e sono stati collegati a 2,5 milioni di morti premature nel 2020». Si dovrà quindi passare da una produzione di bioenergia sostenibile di circa 11 milioni di gigawattora del 2020 a circa 28 milioni nel 2050. In particolare, nelle aree rurali diventa importante il ruolo dei digestori di biogas per sostituire i metodi di cottura inquinanti. Com’è noto, per sostenere la produzione dei vari biocombustibili serve la disponibilità di terreno, che quindi entro il 2050 dovrà espandersi (meno di quanto precedentemente previsto dall’IPCC) da 330 milioni di ettari a 410. IEA fa notare che pur essendo circa un terzo del terreno per le colture odierne, è comunque molto meno di quello riservato oggi al pascolo del bestiame: 3300 milioni di ettari.

Sempre nell’ottica di assicurarsi più strumenti possibili per raggiungere la decarbonizzazione al 2050, il rapporto indica che, laddove risulti difficile ridurre le emissioni, si dovrà usare la bioenergia accoppiata alla cattura e stoccaggio di carbonio (BECCS); la quota di BECCS nel 2050 sarebbe del 10%, catturando fino a 1,3 giga tonnellate di anidride carbonica cumulative. Tra i vantaggi della bioenergia c’è l’utilizzo delle infrastrutture esistenti: il biometano può usare i gasdotti di gas naturale, molti biocarburanti liquidi possono sfruttare gli impianti di distribuzione di petrolio.

Nel settore elettrico, la bioenergia coprirà nel 2050 solo il 5% della produzione totale, ma nella produzione di calore può arrivare fino al 50%. Nel settore industriale, i biocombustibili solidi possono aiutare a ridurre le emissioni degli impianti a carbone, con apposite miscele.

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Fornitura di bioenergia globale per fonte. I flussi di rifiuti organici (organic waste streams) includono i residui agricoli, la lavorazione degli alimenti, i flussi di rifiuti organici industriali e municipali; non richiedono l’occupazione di terreno. Fonte: figura 28, capitolo 2 di International Energy Agency (2021), Net Zero by 2050, IEA, Paris.

Se si volesse rinunciare a usare le varie forme di bioenergia, servirebbero al 2050 altri 3200 milioni di gigawattora da solare fotovoltaico ed eolico. Anche in questo caso è necessario sottolineare come, riporta IEA, il 45% delle «riduzioni cumulative delle emissioni relative alla bioenergia sostenibile provengono da tecnologie che sono oggi in fase di dimostrazione o prototipo, principalmente per la produzione di biocarburanti».

Il cambiamento negli stili di vita

La trasformazione del sistema energetico descritta nel rapporto non è possibile senza il coinvolgimento e la partecipazione dei cittadini. Infatti, il contributo alla riduzione delle emissioni da qui al 2050 è da attribuirsi per l’8% ai cambiamenti nei comportamenti delle persone, che dovranno essere ampiamente incoraggiati dai governi con investimenti infrastrutturali, incentivi e campagne di comunicazione. Il primo ambito di cambiamento è quello dei trasporti: andare a piedi, in bicicletta o con i trasporti pubblici invece di prendere la macchina, preferire i treni ad alta velocità agli aerei per gli spostamenti regionali, rimandare o minimizzare i voli di lungo raggio. Secondo: ridurre il consumo di energia in casa, abbassando la temperatura interna d’inverno e alzandola d’estate, e sulle strade, guidando auto elettriche e limitando la velocità a 100 chilometri orari oppure condividendo l’automobile con altri passeggeri. Il terzo ambito è quello dei materiali e del riciclo.

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Il cambiamento degli stili di vita è responsabile dell’8% della riduzione delle emissioni nei prossimi trent’anni. Fonte: figura 14, capitolo 2 di International Energy Agency (2021), Net Zero by 2050, IEA, Paris.

Conclusioni

Per arrivare a zero emissioni nette entro il 2050 agendo solo nel settore energetico, che è il maggior responsabile delle emissioni di gas serra, bisogna drasticamente modificare il modo di produrre e distribuire energia. Gli interventi principali vedono massicciamente coinvolti l’energia rinnovabile, l’efficientamento e l’elettrificazione della rete energetica globale. Per assicurarsi flessibilità e sfruttare più agevolmente l’infrastruttura esistente, però, un ruolo “cuscinetto” è coperto anche dall’idrogeno, dalle bioenergie e dalla cattura e stoccaggio di carbonio. Questi strumenti aiuteranno a trasformare soprattutto i settori cosiddetti hard to abate. Per arrivare a tutto questo sono necessari investimenti miliardari coordinati dai governi globali, facendo particolare attenzione a distribuire equamente denaro e tecnologia. Infine, serve anche un cambiamento negli stili di vita, tanto nelle azioni individuali quanto nella consapevolezza collettiva della sfida che abbiamo iniziato ad affrontare.

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