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Nel tunnel della cattiva prevenzione

persone in macchinario TAC

Il libro di Roberta Villa "Cattiva prevenzione" (Chiarelettere, 2025) affronta il lato oscuro di una medicina altrimenti fondamentale e salvavita. Dagli screening utili e inutili, anzi pericolosi, ai popolarissimi check-up, alla affascinante ma insidiosa medicina predittiva, l'autrice fa il controcanto alla cultura tanto in voga della ricerca della longevità e l'accanito controllo e miglioramento dei sani, il cui mercato sta rubando spazio e centralità alla sanità pubblica, orientata all'appropriatezza scientifica e sociale. Il libro ha la prefazione di Silvio Garattini ed è dedicato a Roberto Satolli, la cui domanda ricorrente ("chi ci guadagna?") fa da bussola al saggio.

È successo anche a David Cameron, di cui ci si ricorda più che altro per avere autorizzato il referendum sulla Brexit: dopo il test del PSA e ulteriori accertamenti, il politico britannico ha ricevuto diagnosi di tumore maligno ed è stato quindi sottoposto a una terapia focale che l'ha eliminato pare senza spiacevoli conseguenze. Cameron ha quindi deciso di sensibilizzare i coetanei, poco inclini a preoccuparsi della loro salute, a farsi controllare di più e a tenere d’occhio possibili sintomi.

Sì, l’educazione sessuale contribuisce a prevenire la violenza contro le donne

Ragazza che tiene un cartello con su scritto "Silence=Violence"

Il “paradosso nordico”, richiamato dalla ministra per le Pari opportunità Eugenia Roccella, per cui in Svezia, con tutta l’educazione sessuale che si fa da sempre, ci sono più femminicidi che in Italia è una vecchia tesi che confronta aspetti non paragonabili. Quando si analizzano con la metodologia corretta i risultati, ripuliti dalle variabili sociali ed economiche, e prima e dopo un intervento educativo le differenze positive degli interventi a favore della parità di genere emergono chiaramente. Crediti immagine: Sacha Verheij/Unsplash

«Non c’è correlazione tra l’educazione sessuale a scuola e una diminuzione di violenze contro le donne. Lo vediamo nei Paesi dove da molti anni (l’educazione sessuale a scuola) è un fatto assodato, come per esempio la Svezia. La Svezia ha più violenze e femminicidi di noi».

Fare la TAC ai Campi Flegrei, e poi la diagnosi

Immagine della solfatara di Pozzuoli

Sfruttando le migliaia di terremoti registrati negli ultimi anni, i ricercatori hanno ottenuto un’immagine tridimensionale ad alta risoluzione della caldera vulcanica e attribuito la responsabilità del bradisismo a un ampio sistema geotermale ricco di gas e liquidi e riscaldato dal magma presente in profondità. Questo secondo gli autori suggerisce la necessità di considerare le esplosioni freatiche nei piani di gestione del rischio. Nell'immagine la Solfatara di Pozzuoli. Credit: Norbert Nagel/Wikimedia Commons (CC BY-SA 3.0)

Immaginate di tagliare i Campi Flegrei con un piano verticale in direzione nord-sud che attraversa il centro di Pozzuoli, cioè il punto dove si registra il massimo sollevamento del suolo e si concentrano i terremoti più forti.

COP 30: ancora silenzio sui combustibili fossili

La conferenza di Belém finisce con qualche piccolo passo avanti ma mancando gli obiettivi centrali della progressiva messa al bando delle fonti fossili e di una tabella di marcia per rendere operative le azioni di contrasto alla deforestazione. Arrivano più soldi per l'adattamento, ma pochi impegni aggiuntivi dal mondo della finanza. In un modo spaccato più che mai in due non si poteva probabilmente fare di più. L'Europa si conferma al centro della transizione, ma da sola non basta.

Si è chiusa la COP 30, come previsto senza menzionare nel testo finale (il global mutirāo)  la fine programmata dei combustibili fossili. Se ne tornerà a parlare nel 2026 in un incontro per non lasciare cadere nel dimenticatoio l’obiettivo più importante. Magra soddisfazione. Nemmeno c'è stata chiarezza sull'obiettivo altrettanto impegnativo di fermare la deforestazione. 

“Non è vero che all’INFN non c’è precariato”. I precari INFN rispondono alle dichiarazioni del presidente Zoccoli

Foto dall'alto dell'INFN

Il gruppo Precari Uniti INFN risponde alle recenti dichiarazioni del presidente dell'Istituto, che nega l'esistenza di un problema di precarietà. Secondo il gruppo, l’INFN è un’eccellenza scientifica italiana riconosciuta a livello mondiale, ma si regge sul lavoro di centinaia di precari. Negare questa evidenza, affermano, o interpretare erroneamente le norme di stabilizzazione, significa tradire lo spirito stesso della legge Madia, nata per valorizzare chi ha contribuito alla ricerca pubblica per anni senza tutele e ignorare il riconoscimento del valore e del merito delle carriere del personale precario che lavora nell’INFN.

In merito alle dichiarazioni rilasciate dal presidente dell’INFN Antonio Zoccoli sui media, riteniamo necessario chiarire alcuni punti che, nella loro formulazione, risultano inesatti o fuorvianti rispetto alla realtà del lavoro precario all’interno dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare.

PRIN: perché la dotazione di 150 milioni non regge il peso dei costi 

La dotazione di 150 milioni di euro annui destinata ai Progetti di Rilevante Interesse Nazionale (PRIN) non rappresenta,  purtroppo, come da dichiarazione della ministra Bernini, un “risultato straordinario”. Pur riconoscendo il valore della programmazione e della continuità dei bandi, gli autori sottolineano che la cifra è insufficiente rispetto alle reali esigenze della ricerca, soprattutto alla luce dell’assenza di finanziamenti per tre anni e dell’aumento significativo dei costi per reagenti, strumentazioni e personale. 

La ministra dell’Università e della Ricerca, On.

Appello per l’autonomia, il finanziamento e la dignità dell’università e della ricerca

L’Università e la Ricerca italiane stanno attraversando un momento cruciale. Dopo anni di sottofinanziamento strutturale e di crescente burocratizzazione, e dopo il diluvio effimero dei finanziamenti PNRR, si profila oggi il rischio di un ulteriore arretramento: un sistema sempre più centralizzato, meno libero, meno capace di produrre sapere critico e innovazione.

Pirahã: una controversa lingua senza numeri né colori

Piraha su una canoa

I Pirahã sono una popolazione amazzonica tra le più particolari al mondo: non hanno parole né per i numeri né per i colori, non hanno miti di creazione, non creano arte e non sanno distinguere le quantità maggiori di 3. Intorno a loro è nata una controversia scientifica in cui è protagonista anche uno dei linguisti più importanti della storia e, a rendere la questione ancora più spinosa, c’è il fatto che fuori dal gruppo solo tre persone sanno parlare la loro lingua.

In copertina: foto di Toninho Muricy, proveniente dall’archivio di Daniel Everett

A fine anni Settanta, Daniel Everett e sua moglie Keren raggiunsero insieme ai tre figli un villaggio di indigeni dell’Amazzonia chiamati Pirahã (si pronuncia “pi-ra-an”): un gruppo di cacciatori-raccoglitori che oggi conta poco meno di 600 individui. I due erano dei missionari cristiani con un compito che nessuno dei loro predecessori era riuscito a portare a termine: imparare la lingua dei Pirahã e tradurvi la Bibbia.

Hebe de Bonafini e le Madres de Plaza de Mayo: la maternità che sfidò la dittatura

Hebe de Bonafini

Hebe de Bonafini, figura simbolo delle Madres de Plaza de Mayo, ha trasformato il lutto privato in una forza politica capace di sovvertire il patriarcato e denunciare il terrore della dittatura argentina. Con le altre Madres ha reinventato la maternità come gesto pubblico, collettivo e rivoluzionario, aprendo varchi nella repressione e costruendo una memoria condivisa che continua a interrogare il presente e le sue ingiustizie.

Hebe de Bonafini è venuta a mancare il 20 novembre 2022. 

In casa mia le trasmissioni di Gianni Minà erano un appuntamento a cui non si poteva mancare: fin da piccola ascoltavo quella voce inconfondibile e familiare parlare di Argentina, di desaparecidos, e ricordo la sua intervista a Hebe de Bonafini. 

In Senato si discute (male) sul Ponte sullo Stretto

ponte sullo stretto

La senatrice a vita Elena Cattaneo ha meritoriamente organizzato un confronto tra esperti in Senato riguardo gli aspetti tecnico-scientifici del progetto del Ponte sullo Stretto. Purtroppo l'evento ha faticato a soddisfare la necessità di fare chiarezza. I temi scientifici trattati sono estremamente complessi, ed è proprio per questo che in un setting del genere la scelta dei relatori è la singola scelta più importante, per cercare di non far pensare a chi ascolta che il consenso della comunità scientifica intorno alle diverse ipotesi si approssimi con la percentuale di relatori in accordo con ciascuna di esse. La mediazione è mancata del tutto, perché la mediazione culturale è un mestiere, una professione, che nessuno dei presenti pratica. Nell'immagine un rendering del ponte. Credit: WeBuild.

Si è svolto ieri presso il Senato della Repubblica, un confronto tecnico-scientifico sul progetto del Ponte sullo Stretto di Messina, organizzato dalla senatrice a vita Elena Cattaneo.