Un'efficiente simbiosi tra acacie e formiche non solo proteggerebbe gli alberi dalla voracità degli elefanti, ma contribuirebbe a garantire alla savana africana un corretto equilibrio tra foresta e prateria.
Sembra proprio che la classica immagine dell'elefante terrorizzato da un minuscolo topolino debba essere aggiornata. Secondo lo studio di Todd Palmer (University of Florida) e Jacob Goheen (University of Wyoming) pubblicato sull'ultimo numero di Current Biology, al topolino sarebbe meglio sostituire una formica. I due ricercatori hanno infatti scoperto che i pachidermi sono particolarmente attenti nella scelta degli alberi di acacia cui attingere per i loro banchetti, evitando con cura quelli sulle cui fronde prosperano i minuscoli insetti. Minuscoli, ma terribili se a frotte si arrampicano con fare minaccioso all'interno della proboscide.
Dietro a tutto ciò vi è il profondo legame simbiotico tra una particolare specie di acacia (Acacia drepanolobium) e le colonie di formiche del genere Crematogaster: da un lato gli insetti possono cibarsi del dolce nettare degli alberi, dall'altro costituiscono una efficace difesa contro i devastanti assalti degli elefanti in cerca di cibo.
Lo studio, però, sottolinea anche una conseguenza a più ampio respiro. Il ruolo di protezione delle acacie esercitato dalle formiche, infatti, sarebbe importante anche per il mantenimento del delicato equilibrio che governa la savana, ambiente in cui foresta e prateria si contendono la supremazia con ogni mezzo. Oltre a tener conto della siccità, degli incendi, della chimica del suolo e della necessità di cibo dei grossi erbivori, insomma, bisognerà ora considerare anche la capacità di autodifesa messa in campo dalle acacie.