Tre fisici, ipotizzando la conservazione dell'energia e della quantità di moto, suggeriscono che dai dati raccolti dal rilevatore antartico IceCube risulterebbe come i pioni non generino neutrini superluminali. I neutrini provenienti da Ginevra e raccolti al laboratorio del Gran Sasso sono stati creati sparando protoni a elevata velocità contro un bersaglio fisso. Lo sciame di pioni scaturito dall'evento è poi decaduto in muoni – bloccati nel tunnel – e nei neutrini in fuga verso i rilevatori sotto l'Appennino.
Ramanath Cowsik (Washington University – St. Louis), Shmuel Nussinov (Tel Aviv University) e Utpal Sarkar (Physical Research Laboratory – Ahmedabad, India) hanno investigato sulla prima parte del processo, cercando di capire se i pioni riescano a generare neutrini superluminali e quali conseguenze possano scaturire. Nel loro studio, pubblicato su Physical Review Letters, mostrano che la produzione di un neutrino più veloce della luce comporta sia un prolungamento della vita del pione sia la possibilità che quel neutrino porti con sé una minore frazione dell'energia che deve spartire con il muone. Queste conseguenze sarebbero sempre più importanti man mano che aumenta l'energia dei pioni, il che renderebbe davvero complicata la produzione di neutrini superluminali.
Secondo i tre fisici, le considerazioni teoriche troverebbero conferma nei dati raccolti da IceCube, il rilevatore di neutrini realizzato nei ghiacci dell'Antartide. Poiché IceCube registra neutrini con energie 10 mila volte più grandi di quelle coinvolte nell'esperimento OPERA, si può concludere che i pioni che li hanno generati siano anch'essi più energetici. Calcoli basati sulle leggi di conservazione suggeriscono che la loro vita media sarebbe troppo lunga perché possano decadere in neutrini superluminali, ma tale situazione non trova conferma nei dati di IceCube, che indicano come il decadimento di questi pioni ad elevata energia sia in perfetto accordo con le leggi fisiche standard.
Un'altra brusca frenata alla velocità dei neutrini del Gran Sasso, dunque, che si aggiunge a quella pubblicata sempre su Physical Review Letters lo scorso ottobre. In quello studio, infatti, Andrew Cohen e Sheldon Glashow (Boston University) avevano mostrato come eventuali neutrini superluminali sono destinati a perdere rapidamente energia producendo coppie elettrone-positrone.