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I neutrini sui quotidiani italiani

Il risalto dato dai media è stato eccessivo, lo abbiamo visto tutti”.

Parola di Antonio Ereditato, coordinatore del progetto OPERA, a proposito della rilevanza mediatica che ha avuto la notizia dell’esperimento sui neutrini “sparati” dal CERN di Ginevra ai laboratori dell’INFN del Gran Sasso.

La notizia è ormai nota: i neutrini, lanciati dal CERN, a Ginevra, hanno impiegato 60 nanosecondi in meno rispetto ai 2,4 millisecondi previsti per arrivare ai laboratori del Gran Sasso. La notizia ha fatto il giro del mondo in poco tempo, scatenando immediatamente il dibattito tra gli scienziati e, nello stesso momento, sconvolgendo l’immaginario popolare, soprattutto attraverso la cassa di risonanza dei media tradizionali (stampa e tv).

Un effetto inatteso che ha stupito i protagonisti dell’esperimento, primo tra tutti lo stesso Ereditato. Infatti, il clamore creato inizialmente dai risultati (in attesa di verifica) va ricondotto all’affermazione, scientificamente rivoluzionaria, che “i neutrini vanno più veloce della luce”. Una frase che è stata pronunciata da tutti i giornalisti televisivi e che campeggiava su tutti i principali quotidiani italiani.

Seppur non supportata da un adeguato approfondimento e dalla cautela, che era d’obbligo in un caso del genere, la notizia ha provocato stupore e una velata inquietudine che si può tradurre nella domanda che molti si sono posti “E adesso cosa succede?”

Il caso dei “neutrini più veloci della luce” può diventare, in tal modo, esemplificativo del rapporto perennemente difficoltoso tra scienza e mass media. Da una parte c’è il percorso lento e sempre cauto della ricerca scientifica: le sue ipotesi, gli esperimenti di controllo e le prove di falsificazione. Dall’altra la velocità, il carattere onnivoro ed effimero del mondo dell’informazione, dove un evento, per calamitare l’attenzione del lettore, deve essere particolarmente attraente e deve catturare l’attenzione (sin troppo labile) del lettore/spettatore.

Limitandoci alla carta stampata, un’analisi degli articoli che sono apparsi dopo la rivelazione degli esiti dell’esperimento può servire a comprendere come la stampa italiana ha trattato l’evento (in particolare i tre maggiori quotidiani nazionali: Corriere della Sera, La Repubblica e La Stampa).

Quale è stato l’atteggiamento prevalente? Ci sono stati dei focus appropriati? Quale è stato il lessico adoperato?

La notizia dei neutrini appare il 23 settembre. La rilevanza data all’evento è notevole: in tutti e tre i casi occupa uno spazio in prima pagina, seppur non come notizia di apertura. Il titolo che rimanda al pezzo contenuto all’interno è sostanzialmente identico per tutti: il neutrino supera (o “batte”, come nel caso de La Stampa) la velocità della luce, innestando in tal modo una visione “competitiva” tra fotoni e neutrini (visione che sarà ripresa dal comunicato stampa del ministro dell’istruzione in cui si affermava che la scoperta è stata una “vittoria epocale”).

Accanto al titolo appare la foto di Albert Einstein sia sul Corriere che su La Stampa, a suggerire l’importanza della notizia (Einstein è, per antonomasia, la scienza e lo scienziato) e le conseguenze che potrebbe avere sulla fisica e sulle teorie einsteiniane in particolare.

Ugualmente, all’interno, i contenuti dei pezzi hanno lo stesso tono sensazionalistico e, in tutti e tre i casi, il riferimento diretto sono le teorie di Einstein che verrebbero falsificate dai risultati dell’esperimento OPERA. La Repubblica parla di “una scoperta che potrebbe sconvolgere la storia della fisica”; il Corriere usa il verbo “rivoluzionare”, applicandolo alla teoria della relatività e scrive nel titolo “Il Cern mette in dubbio Einstein”. A tal proposito, La Stampa non usa neanche il condizionale per il titolo dell’articolo e afferma “I neutrini superveloci smentiscono Einstein”, salvo poi attenuare la potenza della dichiarazione nel catenaccio, in cui leggiamo: “Sembrano più rapidi della luce”.

È conveniente anche valutare, ai fini dell’analisi, i box di approfondimento che corredano la notizia; in particolare, le interviste agli esperti che spiegano, in base alla loro competenza, cosa è successo precisamente e quali orizzonti si dischiudono.

La Stampa si limita a spiegare l’evento affidandosi a due giornalisti scientifici che approfondiscono l’argomento, delineando scenari possibili e chiarendo il senso dell’esperimento.

Il Corriere, invece, interpella un esperto, Roberto Battiston, presidente della commissione dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare che invita alla prudenza, facendo, nello stesso tempo, risaltare il valore dell’esperimento OPERA. La Repubblica, infine, ospita l’opinione di un fisico teorico del Cern, Gian Francesco Giudice in cui spicca l’affermazione molto evocativa, che fa da titolo al box, in cui si ipotizzano, grazie a questa scoperta, futuri viaggi nel tempo.

Il giorno successivo, il 24 settembre, è la volta del dibattito tra scettici ed euforici (come testimonia Repubblica), delle interviste ai protagonisti (Ereditato su La Stampa) dei pareri autorevoli (il Nobel Rubbia sul Corriere) e degli approfondimenti più mirati. Resta la sensazione di trovarsi di fronte a una grande scoperta, sebbene si facciano largo i primi dubbi e l’attesa di ulteriori conferme.

Ecco però che, dopo l’iniziale exploit, l’entusiasmo e l’interesse si attenuano notevolmente, nonostante le prospettive e gli orizzonti sconvolgenti che erano stati preventivati.

Soltanto la bizzarra dichiarazione dell’ex ministro dell’Istruzione Gelmini (il celeberrimo tunnel tra Ginevra e il Gran Sasso) ha mantenuto in vita, il 25 settembre, la notizia dei neutrini sui quotidiani (escludendo La Stampa che il 28 settembre, nell’inserto Tuttoscienze, offriva un adeguato focus sui neutrini superluminali).

Tuttavia, quel che più manifesta meglio tale atteggiamento dei quotidiani (il brevissimo interesse mostrato all’inizio e subito scemato) è la notizia della conferma dei risultati dell’esperimento OPERA del 17 novembre. L’unico giornale che dà spazio alla notizia è il Corriere della Sera, in un trafiletto di poche righe, al centro del giornale, nella sezione breve di scienza. Per il resto, sui maggiori quotidiani italiani, non c’è traccia della conferma dei risultati del Cern e dell’INFN.

Il caso neutrini, quindi, si presta a diventare paradigmatico di un atteggiamento consueto della stampa italiana nei confronti delle tematiche scientifiche: spesso si incorre in dichiarazioni sensazionalistiche, come nel caso di epidemie e batteri killer, tralasciando colpevolmente un approfondimento competente e obiettivo. E, inoltre, ci si dimentica di prestare attenzione e cautela prima di giungere a conclusioni ad effetto dalla dubbia validità scientifica.

Il sensazionalismo mediatico che ha connotato le notizie legate ai neutrini superluminali ha contribuito a creare confusione nell’opinione pubblica (pochi sapevano di cosa si stesse parlando precisamente)  sprecando così un’ottima occasione per mettere in vetrina il lavoro degli scienziati - dei fisici, nel caso specifico - evidenziando il fondamentale apporto degli studiosi italiani per il raggiungimento di risultati di portata storica.

E lo scienziato, dall’altra parte, come dovrebbe comportarsi di fronte alla domanda impellente che i media gli rivolgono ogni giorno di promesse e rivelazioni miracolose? Con la prudenza, ovviamente, ma non solo. Certamente non può dichiarare il silenzio stampa su ogni notizia scientifica perché la ricerca è, per sua natura, pubblica. La comunità scientifica deve - e quello dei neutrini è l’ultimo caso - collaborare con i professionisti seri della comunicazione, quelli che hanno il compito di informare il pubblico, possibilmente educandolo, senza indulgere nel sensazionalismo.

di Marco Milano e Giuseppe Scintilla

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