fbpx “Educate, Inspire, Connect”. La mia avventura a Lindau | Scienza in rete

“Educate, Inspire, Connect”. La mia avventura a Lindau

Primary tabs

Read time: 4 mins

Francesca Aredia, classe 1987, giovane ricercatrice. Non una ricercatrice qualunque. Francesca è una dei 9 giovani scienziati italiani selezionati per partecipare alla 64esima edizione del Lindau Nobel Laureate Meeting che si è tenuta sulle rive del Lago di Costanza dal 29 giugno al 4 luglio. Il Meeting ha selezionato 600 giovani promesse della ricerca provenienti da 80 diversi paesi e ha dato loro la possibilità di incontrare e interagire con 37 Premi Nobel. Una rosa di scienziati del calibro di Françoise Barré-Sinoussi, Nobel per la medicina nel 2008 con Luc Montagnier per aver scoperto il virus dell’HIV, Ada Yonath, Nobel per la chimica nel 2009 ed Elizabeth Helen Blackburn, Nobel per la medicina nello stesso anno.
Una sei giorni di fitti dialoghi intergenerazionali tra scienziati, un’occasione imperdibile, per scambi scientifici e no. La “spedizione azzurra” in terra tedesca è stata possibile grazie al contributo di Fondazione Cariplo.

Il focus principale dell’edizione 2014 sono stati i meccanismi cellulari, genetici e molecolari, processi che hanno un ruolo chiave nella prevenzione e cura delle malattie. Francesca Aredia - dottoranda in Biologia Cellulare, molecolare e Genetica dell’Università di Pavia presso l’Istituto di Genetica Molecolare CNR-  è stata perfettamente a suo agio in questo contesto. Francesca studia infatti la risposta delle cellule tumorali al trattamento con composti chimici. Capire l'efficacia di questi composti è fondamentale per la messa a punto di nuove strategie antitumorali.

Come hai saputo di essere stata selezionata?
Ho ricevuto una comunicazione via e-mail e ho dovuto rileggerla per rendermi veramente conto della notizia. E’ stata una bellissima sorpresa.

Se ti confronti con il mondo della ricerca all’estero, trovi che le opportunità per una ricercatrice siano concretamente più ampie rispetto al contesto italiano?
Non ritengo che il fatto che vi siano più possibilità all’estero sia da attribuirsi a una differente impostazione culturale “di genere”. Penso piuttosto che in molti paesi, a differenza di quanto avviene nel nostro, vi sia maggiore rispetto per la figura del ricercatore. E, soprattutto, viene riconosciuta l’importanza di questo mestiere. Tale riconoscimento da parte di persone estranee alla comunità scientifica aiuta molto un nazione, la indirizza verso la crescita e lo sviluppo in campo scientifico. Questo si converte in maggiori investimenti in ricerca e al relativo aumento delle   opportunità di lavoro.

Con quali Nobel ti sei confrontata? Hai discusso solamente di aspetti scientifici?
Ho partecipato a diverse discussioni pomeridiane. Le sessioni scientifiche con le lectures dei vari Nobel si tenevano di mattina, nel pomeriggio ciascun speaker si metteva a disposizione dei giovani per rispondere alle domande o semplicemente per conversare. Anche gli eventi serali sono stati un momento utile per incontrarli.  Si sono mostrati molto disponibili al dialogo, su qualunque argomento. Hanno risposto a domande di carattere scientifico ma anche personali, per esempio, su come conciliare vita lavorativa e familiare. Molti di loro erano anche particolarmente interessati alle nostre storie personali, al nostro lavoro, interessi e aspirazioni.

Consigli di vita. Come concilia la vita lavorativa con quella personale un Premio Nobel?
A questa nostra domanda alcuni hanno risposto di aver proprio evitato di farsi una famiglia! Altri però hanno detto che in un modo o nell’altro si riesce a fare tutto, basta organizzarsi. Per esempio, Ada Yonath alla fine della sua lecture, dopo aver mostrato una bellissima torta fatta da una ricercatrice del suo laboratorio e aver parlato di sua figlia e della nipotina, ha concluso dicendo “…and remember: you can be a good mother, a good cake-maker and also a good scientist!”

Sei una giovane ricercatrice, quindi mi chiedo se nel pubblicare fai uso della modalità Open Access.
Purtroppo non tutte le riviste offrono questa possibilità, o almeno, non senza costi aggiuntivi. Quando possibile è possibile prediligiamo però questo tipo di canale, le scoperte vanno divulgate!

Cosa ti ha lasciato Lindau, cosa ti ha aperto, anche metaforicamente.
Una settimana intensa ed emozionante sotto tanti punti di vista, proprio come dice il motto del meeting “Educate, Inspire, Connect” . Noi giovani ricercatori usciamo da questa esperienza con più motivazioni, con la voglia di fare sempre meglio nel nostro lavoro. Ma soprattutto con il messaggio di seguire i nostri sogni con tenacia e sviluppare i nostri progetti.

E allora, progetti per il futuro?
Da settembre, per 6 mesi, sarò a Francoforte per una collaborazione con un laboratorio del Institute for Experimental Tumour Research in Pediatrics, Goethe University e dopo il dottorato… vedremo.

Iscriviti alla newsletter

Le notizie di scienza della settimana

 

No spam, potrai cancellare la tua iscrizione in qualsiasi momento con un click.

 

prossimo articolo

Una civiltà dell’Età del bronzo collassata per crisi climatica e sovrasfruttamento del suolo

La siccità che oggi affligge la Pianura Padana ha precedenti antichissimi: 3.200 anni fa una fase di acuta aridificazione ha probabilmente contribuito alla scomparsa di una delle più antiche civiltà del Nord Italia, già infragilita da forme di sovrasfruttamento delle risorse naturali. Andrea Zerboni, docente dell’Università degli Studi di Milano, ci parla della delicata relazione tra uomo e clima e di come gli umani possano avere iniziato a provocare cambiamenti irreversibili dell’ambiente e a costruire sistemi non sostenibili già nella preistoria. Immagine: Ricostruzioni di due abitazioni nel museo all'aperto del Parco della Terramara di Montale (foto P. Terzi, Wikipedia)

È stato un lungo periodo di siccità a provocare il collasso della civiltà terramaricola, fiorita in Pianura Padana attorno a 3.500 anni fa e conclusasi in modo relativamente brusco trecento anni dopo? Secondo Andrea Zerboni, docente di Geografia Fisica e Geomorfologia all’Università degli studi di Milano, l’ipotesi è molto plausibile: e i segnali che indicano che c’è una precisa corrispondenza tra l’abbandono di centinaia di villaggi e una fase di siccità protratta sono numerosi.