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Isola di Ustica e DC9, una precisazione

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Prendendo spunto dall' arrivo a Ustica della mostra documentaria "Una verità inconfessabile", promossa dall'Assemblea Regionale Siciliana in ricordo della strage del DC9 Itavia (27 giugno 1980), abbiamo pubblicato un numero speciale del periodico "Lettera del Centro Studi di Ustica" dedicato a un argomento su cui pochi hanno prestato attenzione: "La menzogna della strage di Ustica".

La definizione "strage di Ustica", infatti, è una menzogna fra le tante che hanno segnato fin dall'inizio questa triste vicenda. Il DC9 non fu abbattuto "nei cieli di Ustica", non cadde "nelle acque di Ustica", non fu recuperato nei fondali "al largo di Ustica", come da parte di molti si continua a ripetere e a scrivere.

Per chiarirlo ho condotto una minuziosa ricerca sullo scenario geografico in cui si compì la tragedia, consultando centinaia di pagine di atti giudiziari e parlamentari, e scrivendo un articolo uscito sull'ultimo numero di "Lettera", di cui ti invio un estratto qui allegato.

La verità è che l'aereo fu abbattuto al di sopra del Mar Tirreno Centrale, in un punto mediano fra le isole di Ponza e di Ustica, a ben 115 km dalla nostra isola; i suoi resti furono recuperati in mare a oltre 110 km a Nord di Ustica. Si tratta di distanze che non permettono di affermare che l'aereo si trovava nei cieli di Ustica e neppure che cadde al largo dell'isola. Anche da un punto di vista giuridico, oltre che geografico, la competenza territoriale dei mari non va oltre i 45 km dalla linea di costa. Parlare di "strage di Ustica" è insensato.

Perché, allora, Ustica? Anche su questa falsa attribuzione pesa l'ombra del depistaggio. Infatti, quando, pochi minuti dopo la scomparsa del velivolo dagli schermi radar, furono stabilite le coordinate geografiche dell'ultimo segnale ricevuto e fu chiaro che l'aereo era precitato nel Mar Tirreno Centrale, coloro  che erano al corrente della vera causa del disastro potevano mai indirizzare i soccorsi verso il teatro della battaglia ancora affollato di mezzi militari navali e aerei? Meglio prendere tempo e intanto spostare il luogo degli eventi più a Sud, a Ustica, in attesa di fare sgombrare il campo!

Quel che appare inaccettabile non sono soltanto la confusione e le menzogne iniziali: è piuttosto il fatto che la falsa definizione continui a essere usata e riproposta ancora oggi, tramandando alle giovani generazioni una memoria distorta del disastro. Pure le infografiche dei giornali continuano a essere sbagliate e a localizzare l'abbattimento del DC9 a ridosso di Ustica!

Affinché non sembri che, assieme alla falsa etichetta, ci si voglia liberare del penoso carico di vittime innocenti, noi cittadini di Ustica abbiamo espresso pubblicamente la volontà di accogliere idealmente nella nostra isola i morti di quella strage. E abbiamo manifestato questa doverosa solidarietà anche nel corso di una visita a Ustica della senatrice e presidentessa dell'Associazione delle vittime, Daria Bonfietti.

Ora, unendoci al recente appello del Capo dello Stato affinché su questo caso siano finalmente onorati "i principi di verità e giustizia", chiediamo che ciò sia fatto a partire dalla definizione, poiché parlare di "strage di Ustica" equivale ad aggiungere una menzogna a tante inaccettabili menzogne. 

Mi rendo conto che, dopo tanti anni, smettere la falsa definizione di "strage di Ustica", sostituendola con quella, corretta, di "strage del Tirreno" è un'impresa quasi impossibile; ma che almeno si sappia la verità e si colga ogni occasione di citazione e di commemorazione pubblica dell'evento per ribadirla.

Franco Foresta Martin

Ustica, agosto 2013

In allegato il numero speciale di "Lettera del Centro Studi di Ustica"


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