fbpx Positivo, questo progetto di riforma dell'università | Scienza in rete

Positivo, questo progetto di riforma dell'università

Primary tabs

Tempo di lettura: 5 mins
Habemus papam, dunque! Il Disegno di Legge (DDL) sulla Riforma Universitaria è stato finalmente approvato dal Consiglio dei Ministri. Avrà ora davanti a sé il percorso parlamentare, prevedibilmente accidentato, e dovrà poi attendere i Decreti Attuativi. Tempo ne dovrà ancora passare, quindi. Ma è qui, e possiamo già ora leggerlo e discuterne. Diciamo allora subito che è un progetto di riforma diverso dagli innumerevoli altri che lo hanno preceduto nel corso di decenni. Diverso e migliore. Ha aspetti che, in linea di principio, possono spazzare via molta dell'aria stantia che ristagna da sempre nell'ambiente accademico. E di questo va dato atto al Ministro Gelmini. Scegliendo tra i molti punti di novità: l'apertura del mondo accademico alla società esterna, con l'inclusione nei Consigli d'Amministrazione di personalità (anche straniere!) estranee all'Università, la costituzione di un Fondo per il Merito finalizzato a promuovere l'eccellenza tra gli studenti (fondo a cui, e questo è un altro punto importante, possono contribuire enti e persone privati), la definizione in 1500 ore annuali dell'impegno di lavoro dei professori: corrisponde a circa 6,5 ore al giorno, che non è forse granchè, ma è purtuttavia  qualcosa, specie se associato all'obbligo di presentare una relazione triennale sull'attività, che varrà anche ai fini dell'attribuzione degli scatti stipendiali.

La norma dei 3+3 anni per il reclutamento dei "posdocs" è un altro punto dirimente: codifica il concetto, sinora anatema in Italia, ma accettato come normale in tutti i paesi scientificamente avanzati, che un periodo di cosidetto "precariato" (meglio sarebbe chiamarlo "di prova") sia essenziale in ricerca: perché dovrebbe essere ovvio, ma evidentemente non lo è per molti di quelli che pontificano dai giornali, che il pianeta ricerca ha caratteristiche che non sono quelle delle banche o degli uffici postali, dove chiunque entri come avventizio ha garanzia di poter continuare nella carriera sino alla pensione.

Il DDL è permeato dal concetto - sempre inutilmente invocato - del merito come variabile discriminante per la carriera. Questo è chiaramente il punto chiave dell'intero progetto. Si propone una lista nazionale per il reclutamento dei docenti, e i commenti che sono apparsi nella stampa su questo punto ne fanno un punto di forza del DDL. Io, francamente, non ne sono particolarmente impressionato: vero è che il modello proposto fa giustizia dei disastrosi risultati dei concorsi locali, aperti ad ogni sorta di compromessi e favoritismi. Ma, una volta di più, non incide il bubbone, che è l'esistenza stessa dei concorsi. Da che mondo è mondo, nel modello di reclutamento anglosassone che, al di fuori delle ideologie, è indiscutibilmente l'unico che funziona, il reclutamento avviene per cooptazione. E' inutile girarvi intorno: i concorsi, nazionali o non, hanno un che di borbonico e vanno semplicemente aboliti: onorevole Ministro, vogliamo su questo punto battere un colpo? Ed anche su qualche altro paio di punti sarebbe il caso di discutere. Uno è l'impressione generale che il DDL sia sbilanciato in favore della didattica, e che, comunque non distingua, quantomeno nella valutazione, tra didattica e ricerca. Questo è un punto molto importante, perché è ovvio che la ricerca vada valutatata da Commissioni di esperti, ma è altrettanto ovvio che la didattica debba essere valutata dagli studenti. Il che comporta che i giudizi che da qualche anno gli studenti sono chiamati a esprimere non rimangano chiusi nei cassetti dei Direttori di dipartimento, ma vengano usati per eventuali provvedimenti nei confronti dei docenti insufficienti. Un altro punto generale è l'accento del DDL sui meccanismi premiali, che naturalmente è cosa buona. Io però penso, e mi dispiace che l'idea sia venata di pessimismo, che qui occorra rivoltare la frittata, e prevedere invece (anche) meccanismi di "punizione" per gli eventuali misfatti: se per esempio una facoltà o un ateneo "chiamano", ben s'intende avendone coscienza, un incompetente, una qualche sorta di punizione sarebbe forse un deterrente più efficace del premio. 

Il DDL è poi silente sull'orrendo pastrocchio del 3+2, di cui tutti pensiamo tutto il male possibile. Anche se è forse tardi per pensare a cambiamenti radicali che pongano rimedio al disastro, si poteva quantomeno pensare a qualcosa che ne limitasse i danni. Infine c'è il problema del valore legale del titolo di laurea. Non era forse materia di pertinenza del DDL, ma è un problema di cui si parla da sempre, e prima o poi (meglio prima) si dovrà pur porvi mano.

Non vorrei che le ultime frasi dessero una coloritura negativa a questa mia rapida analisi del DDL: che, ripeto, è il migliore e il più innovativo tra quanti ho letti da anni e anni. Sopra ho usato l'espressione "in linea di principio": volevo con essa dire che tutto dipenderà da come verrà fatta la valutazione, questo in ultima analisi determinerà il successo del progetto. E qui c'è purtroppo il rischio che le cose si complichino. Per dirla con la franchezza necessaria, i vari  lodevoli tentativi di introdurre qui da noi nel pianeta ricerca (e didattica) i criteri di trasparenza e obiettività valutativa che sono la regola oltralpe od oltre oceano hanno sinora  partorito un topolino. I motivi sono vari, e probabilmente legati alla nostra cultura (o incultura?). Occorre quindi cambiare registro, e un modo per farlo (forse l'unico nella situazione attuale) è coinvolgere nella valutazione chi, per lunga abitudine, offra garanzie di trasparenza e obiettività: stranieri, quindi. So bene che a molti colleghi questo non piacerà, ma l'essenziale a questo punto è che piaccia al ministro e ai suoi collaboratori. Che sembrano infatti voler andare in questa direzione, dato che pensano per esempio a uno straniero (ahi, ahi, uno solo su cinque!) per le Commissioni nazionali per l'abilitazione. Qui si deve fare di più e di meglio, come per l'appunto prevedeva di fare l'ANVUR, su cui molti di noi avevano riposto tante grandi speranze. Se ho contato bene, il DDL nomina l' ANVUR tre volte, e sarebbe utile sapere dal ministro quando e con quali caratteristche l'ANVUR diventerà una realtà.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Le cause del dilagare dei pensieri suicidi in adolescenza

Analizzando le risposte di un campione di oltre 4.000 studenti italiani, una ricerca del gruppo MUSA del CNR ha evidenziato l’importanza del deterioramento delle relazioni umane nella nascita di pensieri suicidi in adolescenza. È un risultato che conferma quanto suggerito da altri studi ed evidenzia l’urgente bisogno di interventi mirati e contestualizzati, e anche il ruolo centrale e cruciale della scuola nel sostegno del benessere relazionale giovanile.

Crediti immagine: Andreea Popa/Unsplash

Negli ultimi anni la ricerca scientifica ha iniziato ad approfondire l’analisi delle ideazioni suicidarie, anche a causa del loro dilagare. Questi pensieri, diversamente dal suicidio, costituiscono un oggetto di studio su cui è possibile raccogliere dati direttamente dai soggetti coinvolti nel problema. Uno studio su un campione di oltre 4.000 studenti e studentesse delle scuole superiori svolto dal gruppo MUSA del CNR sottolinea l’importanza del deterioramento delle relazioni umane nella nascita di pensieri suicidi in adolescenza.