fbpx Non dimentichiamo Hiroshima e Nagasaki | Scienza in rete

Non dimentichiamo Hiroshima e Nagasaki

Primary tabs

Tempo di lettura: 2 mins

6 Agosto 1945, ore 8.15 del mattino: gli Stati Uniti sganciano su Hiroshima “Little Boy”, la bomba ad uranio della potenza esplosiva pari a 15.000 tonnellate di tritolo che all’istante uccide circa 68.000 esseri umani e ne ferisce circa 76.000.

9 Agosto 1945, ore 11.02 del mattino: gli Stati Uniti sganciano su Nagasaki “Fat Man”, la bomba al Plutonio della potenza esplosiva di circa 22.000 tonnellate di tritolo che all’istante uccide circa 38.000 esseri umani e ne ferisce circa 21.000.

L’obiettivo di prima scelta per il secondo bombardamento atomico del Giappone era però Kokura ed il giorno previsto era l’11 Agosto. Il bombardamento fu anticipato al 9 e l’obiettivo cambiato da Kokura a Nagasaki a causa delle condizioni meteorologiche. Sul perché di questo anticipo pesano ancora oggi molti interrogativi, e una delle ipotesi è che se il Giappone si fosse arreso la bomba non avrebbe potuto essere sganciata.

Il Progetto Manhattan era nato per evitare che la Germania nazista potesse essere l’unica nazione in possesso di armi di distruzione di massa. Alla fine del 1944 era già chiaro che la Germania non sarebbe riuscita a costruire bombe a fissione, ma il Progetto Manhattan proseguì il suo corso, anche dopo la capitolazione della Germania nazista (8 Maggio 1945). Nonostante lo scopo per il quale era nato non sussistesse più, nessuno degli scienziati coinvolti nel progetto abbandonò Los Alamos, con una sola eccezione. L’eccezione fu Joseph Rotblat, un giovane e brillante fisico Polacco che era andato a Los Alamos dall’Inghilterra, firmatario del Manifesto Russell-Einstein, co-fondatore delle Conferenze Pugwash e Premio Nobel per la Pace nel 1995.

Allora come oggi l’annientamento degli esseri viventi, la distruzione delle società scherma il tragico con la ragione politica.

Articoli correlati

Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Solo il 3,5% delle città europee monitorate ha una buona qualità dell’aria

Inquinamento atmosferico cittadino

Solo 13 città europee tra quelle monitorate su 370 circa rispettano il limite OMS di 5 microgrammi per metro cubo annui di PM2,5. La svedese Uppsala è la prima. Nessuna di queste è italiana. Nonostante la qualità dell'aria e le morti associate sono in continuo calo in Europa, serve fare di più.

Immagine: Uppsala, Lithography by Alexander Nay

La maggior parte delle città europee monitorate non rispetta il nuovo limite dell’OMS del 2021 di 5 microgrammi per metro cubo all’anno di concentrazione di PM2,5. L’esposizione a particolato atmosferico causa accresce il rischio di malattie cardiovascolari, respiratorie, sviluppo di tumori, effetti sul sistema nervoso, effetti sulla gravidanza.