Il 29
settembre 1954 fu ratificata la convenzione che segnava la nascita del CERN (Centre
Européen pour la RechercheNucléaire). Dei dodici stati
che già nel luglio dell’anno precedente si erano ufficialmente impegnati
nell’impresa, l’Italia arrivò con qualche mese di ritardo alla ratifica finale;
ma gli italiani erano stati in prima fila nella complessa fase preliminare di
definizione del progetto.
Progetto che era nato negli anni fra il 1948 e il 1950, quando
cominciò a diffondersi negli ambienti scientifici di vari paesi europei l’idea
di creare un laboratorio comune per le ricerche nucleari, dotandolo di
attrezzature delle quali nessuno dei paesi interessati avrebbe potuto, da solo,
affrontare la realizzazione.
Il terreno istituzionale per l’elaborazione dell’idea fu offerto dalle varie
sedi in cui la questione dell’unità europea, all’indomani della fine del
conflitto mondiale, era vivacemente dibattuta. Alla conferenza dell’UNESCO di Losanna
del dicembre 1949 la questione della collaborazione nucleare europea fu per la
prima volta affrontata pubblicamente.
Lo sviluppo di una possibile iniziativa
comune europea in campo scientifico stava evidentemente a cuore a Edoardo Amaldi,
che aveva uno specifico interesse alla crescita del settore di ricerca in cui
era direttamente impegnato, e che era ben consapevole della difficoltà che i
fisici europei avrebbero incontrato a reggere il passo con lo sviluppo
impetuoso che la fisica stava conoscendo negli Stati Uniti.
Già nel giugno 1950
Amaldi era ampiamente coinvolto nel dibattito e nelle iniziative internazionali
volte a definire il progetto di collaborazione europea e a renderne possibile
la realizzazione; in quei mesi si saldò in particolare il rapporto di
collaborazione e di amicizia col fisico francese Pierre Auger, personalità
autorevole dell’UNESCO.
Se il progetto del laboratorio europeo andò finalmente
in porto, larga parte del successo è da ascrivere alla tenacia e alla
determinazione del tandem Amaldi-Auger, nell’affrontare il problema tanto sul
piano scientifico quanto su quello politico-istituzionale.
Alla conferenza dell’UNESCO
tenuta a Firenze nel giugno 1950, l’intervento del fisico americano Isidor Rabi indicò che l’idea di un
grande centro di ricerca europeo era vista con favore oltreoceano. Più
precisamente, nonostante Rabi non menzionasse esplicitamente la ricerca in
fisica nucleare, risultò chiaro il messaggio implicito nel suo intervento: da
parte americana non esistevano più pregiudiziali a che si sviluppasse
un’iniziativa europea nel settore, fino a quel momento coperto da vincoli
imposti dalla prossimità di ciò che era “nucleare” a delicati settori
strategici e militari.
Era ormai chiaro che, anche se permaneva la dicitura
“nucleare”, ciò di cui si stava parlando era altra cosa, e riguardava
essenzialmente la ricerca in fisica fondamentale delle particelle elementari o,
come si cominciò a dire all’epoca, in “alte energie”. Nel settembre successivo,
ad una riunione dell’Unione Internazionale di Fisica Pura e Applicata, di cui
Amaldi era all’epoca presidente, si chiarì la fisionomia del futuro
laboratorio, destinato a divenire un centro per la fisica delle alte energie,
sede di un acceleratore realizzato su base consorziata da vari paesi europei.
L’incarico di predisporre un progetto preliminare fu affidato dalla IUPAP ad
Amaldi e a Bruno Ferretti, e si decise di creare presso la sede parigina
dell’UNESCO un ufficio col compito di condurre gli studi preliminari per la
realizzazione del laboratorio europeo.
Dare vita ad un’organizzazione
come il CERN era un compito che si scontrava con formidabili problemi di natura
tanto politica quanto strettamente scientifica. Non fu facile nei primi tempi
ottenere un’adesione unanime ad un progetto che alcuni vedevano come non
necessario, o come eccessivamente ambizioso e fuori portata. Varie opposizioni
dovettero essere vinte all’interno alla comunità dei fisici, oltre che al
livello delle dirigenze politiche, e molte di queste opposizioni vennero proprio
da alcuni dei “grandi vecchi” della fisica europea, meno sensibili, per storia
personale, tradizione cultural
e e sensibilità alle novità emergenti nel campo,
alle necessità inedite imposte dalla nuova situazione creatasi nel dopoguerra.
Furono in primo luogo i “giovani” della
generazione formatasi nel corso degli anni Trenta e proiettati dagli eventi su
posizioni di responsabilità nell’immediato dopoguerra coloro che credettero più
fermamente all’idea e seppero creare quella sinergia tra fisici, manager della
ricerca e ambienti politici che si rivelò vincente.
Tra questi, in Italia
indiscutibilmente il più attivo, e colui che seguì più da vicino tutte le fasi
della realizzazione del progetto, fu
Amaldi, che per il ruolo chiave
da lui svolto venne nominato segretario generale dell’organizzazione (il
cosiddetto “CERN provvisorio”) durante la fase cruciale che portò dall’idea iniziale
alla definitiva ratifica da parte dei governi interessati, tra il 1951 e il
1954. L’intenso impegno dedicato alla costruzione del
CERN comportò per Amaldi un drastico ridimensionamento del tempo e delle
energie dedicate all’attività di ricerca.
Quando nel 1954 gli fu
insistentemente offerta la posizione di direttore generale della nuova
istituzione, Amaldi rinunciò, pur accettando di fungere da supporto a Felix
Bloch, che fu infine scelto al suo posto per ricoprire la carica.
Ma se il nome
di Amaldi non figura nell’elenco dei direttori del laboratorio ginevrino, è
sempre stato ben chiaro a chi lo ha realizzato che la sua esistenza deve molto
alla visione e alla tenacia dello scienziato italiano.