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Tante, tantissime stelle vagabonde

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Se le conclusioni pubblicate da Michael Zemcov (California Institute of Technology) e collaboratori sul numero di Science del 7 novembre sono corrette, le nostre valutazioni sul numero delle stelle dell'Universo vanno riviste. E al rialzo. Secondo il team, infatti, le vastissime regioni di spazio che separano le galassie sarebbero popolate da un'incredibile quantità di stelle, il cui numero potrebbe uguagliare quello degli astri che costituiscono le galassie stesse.

Zemcov e collaboratori sono giunti a questa sorprendente conclusione analizzando i dati raccolti dall'esperimento CIBER (Cosmic Infrared Background ExpeRiment) nei voli suborbitali effettuati nel 2010 e nel 2012. Il cuore di CIBER, infatti, è una strumentazione per la raccolta della radiazione di fondo cielo nel vicino infrarosso collocata a bordo di un razzo sonda. La finalità per la quale, quasi dieci anni fa, un nutrito gruppo di Istituti di ricerca statunitensi, coreani e giapponesi ideò l'esperimento era quella di raccogliere maggiori informazioni sulla distribuzione spettrale e le possibili anisotropie della cosiddetta EBL (Extragalactic Background Light - luce di fondo extragalattica), un alone di radiazione infrarossa che pervade l'Universo individuato grazie al telescopio spaziale infrarosso Spitzer. Da quanto si poteva capire dalle osservazioni di Spitzer, infatti, quell'alone si poteva ricondurre sia alle prime galassie che si erano assemblate nell'Universo, sia alle stelle che le galassie, nelle loro mutue interazioni, si erano strappate a vicenda e ora fluttuavano libere nello spazio.

La parte più complicata nello studio della EBL è riuscire a ripulire le osservazioni. Non solo bisogna rimuovere ogni possibile artefatto strumentale, ma si deve sottrarre il contributo fornito a quell'alone dalle sorgenti conosciute, cioè stelle e galassie, come pure gli effetti indesiderati dovuti alla luce zodiacale, cioè il bagliore della luce solare diffusa dalle particelle di polvere interplanetaria. Un lavoro certosino, che ha tenuto occupato il team di Zemcov per un paio d'anni. Solamente dopo questa attenta e delicata opera di pulizia è stato possibile analizzare le caratteristiche della EBL e provare a individuarne l'origine.

Anzitutto - spiega Zemcov - le fluttuazioni sembrano troppo brillanti per provenire dalle prime galassie. Per avere una tale luminosità si dovrebbe chiamare in causa una nucleosintesi stellare - cioè la produzione di elementi attraverso i processi di fusione nucleare degli elementi più leggeri - troppo intensa, che non concorda con ciò che sappiamo della composizione chimica dell'Universo. Inoltre, il colore di questa radiazione è troppo spostato verso il blu. Le prime galassie dovrebbero apparire molto più arrossate.” Per trovare la vera sorgente della EBL, insomma, bisogna cercare in epoche molto più recenti, dunque guardare alla normale popolazione stellare. Ovviamente non a quella che compone le galassie, il cui contributo è stato accuratamente sottratto dai dati raccolti da CIBER, ma a una popolazione praticamente invisibile e la cui esistenza non era finora mai neppure sospettata.

Nello scenario più attendibile per i ricercatori, dunque, la chiave per spiegare la EBL sarebbero le reciproche interazioni tra le galassie. Questi incontri-scontri tra isole stellari sfocerebbero in una innumerevole quantità di stelle strappate dalla galassia originaria ma ancora gravitanti negli aloni di materia oscura che avviluppano gli ammassi di galassie. Poiché l'intensità della radiazione è paragonabile a quella, ben nota, delle galassie conosciute, l'inevitabile conclusione dei ricercatori è che la popolazione stellare che ne è responsabile debba essere pari a quella che risiede all'interno delle galassie stesse. Gli autori dello studio ammettono che il modello non è ancora perfetto, ma le ricadute cosmologiche possono essere molto importanti. “Il colore rilevato - dice James Bock, principal investigator del progetto CIBER - non è sufficientemente blu, ma l'intensità delle fluttuazioni implica che siamo comunque di fronte a un segnale importante in termini cosmologici. Quella che stiamo rilevando è una produzione di luce cosmica davvero notevole.”

La spiegazione, però, non convince del tutto Samuel Moseley, non coinvolto nella ricerca CIBER, ma membro del team che una decina d'anni fa studiò il fenomeno con il telescopio Spitzer. Grazie alle osservazioni nel dominio X effettuate con il telescopio spaziale Chandra, il suo team rilevò alcuni oggetti le cui emissioni sembrano accordarsi con le fluttuazioni rilevate da CIBER, il che rimetterebbe in gioco le galassie primordiali come sorgenti di EBL. “Se vi fosse una così grande popolazione di stelle al di fuori delle galassie - sottolinea Moseley - dovremmo poter vedere un notevole numero di supernovae accendersi nel bel mezzo del nulla quando tali stelle giungono alla fine della loro vita.

Osservazione ineccepibile. Segno che, probabilmente, per la risposta definitiva al misterioso alone infrarosso che permea il cosmo si dovrà attendere ancora.


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