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Noi sognavamo la pace ed abbiamo la guerra

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Il chimico e storico della chimica Giulio Provenzal (Livorno, 1872-Roma, 1954), attivista e segretario dell’Associazione Nazionale per il Libero Pensiero, manifestava così la propria delusione nello scritto intitolato “Il delitto del 1° agosto 1914, pubblicato nel 1917 nella collana Liberi Pensieri. Fu un risveglio amaro quello di Provenzal e di altri intellettuali italiani, quando scoppiò il Primo Conflitto Mondiale. Gran parte di loro, anche coloro che in precedenza erano per l'internazionalismo e il disarmo, si schierarono a favore dell’intervento contro gli Imperi Centrali.

Fondatore dell’Istituto Italiano di Storia della Chimica, Giulio Provenzal era nato il 14 giugno 1872. Tre anni dopo la famiglia si trasferì a Tunisi e fu in quella città che il giovane Provenzal compì i primi studi. Tornato in Italia si iscrisse a Chimica Farmaceutica a Firenze, presso l’Istituto di Studi Superiori, dove ebbe come insegnanti anche Hugo Schiff, Augusto Piccini ed Italo Giglioli. Ottenuto il diploma di farmacista nel 1894, ritornò a Tunisi. Vi rimase per circa dieci anni esercitando la professione di farmacista. Dopo la morte del padre, rientrò in Italia e si iscrisse alla Facoltà di Scienze dell’Università di Roma per laurearsi in Chimica. Stabilitosi definitivamente in Italia, fu assunto prima all’Istituto Italiano di Agricoltura, poi al Consiglio Nazionale delle Ricerche dove diresse La ricerca scientifica. Nel 1930 fondò, insieme a Raffaello Nasini e a Gino Testi, l’Istituto Italiano di Storia della Chimica, di cui Nasini fu il primo Presidente. L’anno dopo, alla scomparsa di Nasini, Provenzal assunse la Presidenza. La mantenne fino al 1938 quando fu rimosso a causa delle leggi razziali. Durante l’occupazione di Roma visse in clandestinità con la famiglia. Nel 1944 fu reintegrato negli incarichi. Morì a Roma il 14 giugno 1954. Gli scritti sulla guerra rimandano al credo filosofico e politico che ispirava gli obiettivi dell’Associazione Nazionale per il Libero Pensiero e l’autore si avvalse dei suoi organi di stampa per diffonderli.

Il libero pensiero e la guerra

Fra i contributi che scrisse di suo pugno per Liberi pensieri nel numero intitolato Il libero pensiero e la guerra pubblicato dalla casa editrice L’Agave (1917),  interessano:  “Chi siamo e cosa vogliamo”, “Ai 93 intellettuali tedeschi”, “Una circolare programma”,  “Un’assemblea di affermazione” e  “Guerra di libertà”.

Provenzal osservava che, in tutti i paesi, le redini del potere erano cadute in mano agli “zelatori delle dottrine egoiste”. Gli egoismi “feroci e ignoranti” erano entrati  in conflitto tra di loro e “la carneficina è di quelle che la storia non ricorda”. Essi lottavano per l’imperialismo e l’egemonia della ricchezza e mentre combattevano sui campi di battaglia si discutevano le sorti delle nazioni e si preparava il dominio delle une sulle altre. Questa situazione così grave imponeva che si esponesse la propria dottrina che “punta audace verso lo Zenith”, richiamato dal verso carducciano “Tu sol pensando o ideal sei vero”. Era una dottrina “semplice e sana” che, poggiando sul “terreno della realtà”, voleva un’umanità fatta di uomini liberi. Ma di quale metodo si avvaleva? Era un metodo che non insegnava a raggiungere l’ideale ma solo a perseguirlo faticosamente. Risaliva alle origini del pensiero scientifico e i suoi padri erano Bacone, Leonardo e Galileo, mentre il campo di applicazione erano i fatti sociali ai fini di comprenderne la dinamica e ricavarne gli insegnamenti del caso.

Il Manifesto dei 93 intellettuali tedeschi

La risposta al Manifesto che 93 intellettuali tedeschi  pubblicarono il 4 ottobre 1914 fu veemente. Scriveva Provenzal: “Quando uomini come voi firmano un foglio di menzogna e si sentono solidali di un governo assassino, spergiuro e barbaro, un dilemma orribile si pone alla nostra coscienza: la viltà o la complicità guida il vostro gesto….”. L’assemblea di affermazione di cui parla il tredicesimo capitolo si tenne a Roma il 4 luglio 1916. In quell’occasione Provenzal disse: “Oggi noi non pensiamo che alla vittoria delle armi alleate contro la prepotenza germanica.  Oggi noi vogliamo liberi i nostri fratelli del Trentino, dell’Istria e della Dalmazia. Oggi noi vogliamo la resurrezione e l’apoteosi dell’eroico Belgio. Oggi noi aspettiamo che la Polonia e la Serbia siano ricostituite a nazione; che l’Alsazia e la Lorena siano rese alla Francia; che l’Armenia getti a terra il giogo infame del sultano… Vorremmo il popolo tedesco liberato da quella turba di malfattori che lo ha trascinato al disonore”.

Il crollo delle illusioni

Nell’altro scritto citato all’inizio, con riferimento ai giorni in cui crollarono le illusioni per la costruzione di un mondo di pace e di collaborazione tra le Nazioni, lo sconforto di Provenzal traspariva da diverse espressioni:  “credevamo di aver logicamente ragione”; oppure: “noi avevamo sperato”; e ancora: “noi avevamo inneggiato alla Internazionale” ed “era logico pensare”.   Fu necessario, per Provenzal e per tanti altri, prendere atto della cruda realtà, che il mondo sognato era solo un’utopia per cui occorreva prenderne atto e agire di conseguenza.  Con questa convinzione in mente gli interventisti sostennero con impeto quella che fu autorevolmente definita “inutile strage”. 

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