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Manifesto della diversità e dell’unità umana

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Crediti: rawpixel.com/Pexels. Licenza: Pexels License

Nell’autunno 1938 entrarono in vigore le leggi razziali fasciste. Nel vararle, Mussolini cercò di fondarle, con l’aiuto di qualche scienziato, sul concetto biologico di razza. Secondo gli estensori di un famigerato “manifesto”, che fu pubblicato nell’estate precedente dalla rivista La difesa della razza, le razze umane esistono. Ed esistono anche gerarchie tra di loro. Naturalmente, secondo gli estensori del “manifesto” fascista, la presunta razza italiana era in testa alla gerarchia.

Dieci anni fa, nel 2008, un gruppo di antropologi e genetisti italiani ha proposto un altro “manifesto” nel quale si asserisce, ultimi dati scientifici alla mano, che le razze non esistono e men che meno esistono gerarchie tra gruppi umani.

Oggi un gruppo di noi – scienziati, filosofi, giornalisti – vuole corroborare il manifesto di dieci anni fa (le razze umane non esistono) e proporne un altro sulla diversità umana – nessuna persona è geneticamente uguale a un’altra e noi tutti abbiamo una storia unica e irripetibile – che si accompagna a una profonda unità dell’umanità. Non c’è contraddizione tra diversità e unità della specie Homo sapiens. (Pietro Greco)

 

Perché un nuovo Manifesto?

Perché tante persone - docenti, ricercatori, studenti e normali cittadini - hanno voluto dare insieme una testimonianza civile dell'errore sociale, scientifico e culturale e della profonda disumanità del razzismo in ogni sua forma. Perché in un mondo che cambia con una velocità senza precedenti, diventa ogni giorno più urgente riaffermare il principio dell’uguaglianza tra gli esseri umani, nei diritti e nei doveri di un comune destino di cittadini del mondo.

Perché la diversità umana?

Perché oggi la capacità di comprendere la diversità umana nei suoi molteplici aspetti è diventata un elemento indispensabile per la coesione sociale e la convivenza civile. Perché la diversità umana è un fatto che riguarda la nostra biologia e la nostra cultura. Perché la diversità umana non è, e non deve diventare, uno strumento di discriminazione, ma va vista per quello che realmente è: una chiave del nostro successo evolutivo, un valore per il presente e una ricchezza da preservare per il futuro.

Perché l'unità umana?

Perché gli ambienti e i contesti in cui la nostra specie, Homo sapiens, ha vissuto da tempo immemore hanno forgiato le differenze che oggi osserviamo tra noi, ma senza intaccare la nostra unità. Perché noi tutti siamo il risultato di quella storia evolutiva che ha portato alla comparsa sul pianeta terra di animali ipersociali con straordinarie e ineguagliate capacità di pensiero astratto.

A chi ci rivolgiamo?

A tutte le persone che sono interessate a comprendere il significato della diversità umana e a riflettere sull'idea della razza e il tema del razzismo. Il testo sarà arricchito con spiegazioni dei termini meno conosciuti, approfondimenti, informazioni più dettagliate sugli argomenti di maggiore attualità e con ulteriori spunti di riflessione.

Prima di tutto...

La dignità umana e i diritti della persona sono valori assoluti. Riconoscere a tutti la stessa dignità e gli stessi diritti è il principio fondante della nostra società civile e, come tale, non può variare a seconda delle tendenze politiche del momento o della maggiore o minore somiglianza biologica o culturale tra gli esseri umani. Al tempo stesso, conoscere le cause e il significato della diversità umana è fondamentale per diventare pienamente consapevoli del senso e del valore dell'eguaglianza umana.

La diversità umana

Per capire la diversità umana dobbiamo partire dalle popolazioni, non dalle razze. L’umanità è una rete di persone che, aggregandosi in gruppi sociali in comunicazione tra loro e in continuo cambiamento nel tempo, mescolano le loro idee e il loro patrimonio genetico. Si tratta di insiemi di persone, a volte anche piccoli, che condividono uno spazio, una storia e una cultura: le popolazioni.

Le differenze genetiche tra individui che appartengono a una stessa popolazione sono, in media, poco più piccole di quelle tra individui che appartengono a continenti diversi. Inoltre, in una singola popolazione è già presente una parte rilevante di tutta la diversità genetica umana. Quindi, non ha alcun fondamento scientifico l’idea delle “razze umane”, secondo cui pochi ed elementari raggruppamenti sarebbero in grado di esprimere la diversità biologica, fisica e comportamentale della nostra specie, Homo sapiens.

L’omogeneità biologica dell’umanità è un fatto

Gli esseri umani sono straordinariamente simili da un punto di vista genetico: da qualsiasi parte del mondo provengano, condividono più del 99% del loro DNA e quel meno dell’1% che rimane non produce alcuna coerente classificazione razziale. La percezione della diversità è influenzata dalle evidenti differenze dei caratteri fisici, come il colore della pelle, che sono il risultato dell’adattamento all’ambiente a livello di pochi geni e che non hanno nulla a che vedere con comportamenti o attitudini.

Comportamenti e attitudini sono, invece, forgiati dai contesti sociali in cui il caso ha fatto nascere e crescere ogni persona. Pertanto, l’omogeneità biologica della nostra specie è un fatto, così come lo è la diversità delle nostre caratteristiche individuali e sociali.

La diversità umana è un valore e una ricchezza

Per quanto esigua, la diversità genetica tra le popolazioni contiene molte informazioni per ricostruire eventi del passato, come le migrazioni, i genocidi o le epidemie. La variabilità, presente da tempo immemore nella nostra specie, ha permesso a Homo sapiens di adattarsi e prosperare negli ambienti più disparati, mentre il mescolamento tra gruppi con geni e istanze culturali diverse ha reso possibile la formazione di umanità plurali, in continua evoluzione e trasformazione. Quindi, la diversità umana non è, e non deve diventare, uno strumento di discriminazione, ma va vista per quello che realmente è: una chiave del nostro successo evolutivo, un valore per il presente e una ricchezza da preservare per il futuro.

Il razzismo

Il razzismo fa male, a tutti

Anche se il concetto di razza non ha alcuna base scientifica, il razzismo - l'idea che le capacità cognitive e le qualità morali di ogni individuo siano diverse a seconda della sua origine o dell’aspetto esteriore - è vivo e vegeto. Il passato ci ricorda che gli atteggiamenti collettivi di ostilità generati dal razzismo hanno portato alle più grandi tragedie umane: persecuzioni, eccidi e genocidi.

Oggi, la reazione a catena tra crisi ambientale, impoverimento della popolazione, necessità di migrare e crescita dell’intolleranza verso i nuovi arrivati investe ogni parte del mondo. Le sofferenze individuali e collettive, il disagio e il conflitto sociale, con l’ulteriore razzismo che viene generato, si stanno diffondendo a macchia d’olio fino a toccare ogni Paese, ogni gruppo sociale, ogni persona.

Forme vecchie e nuove di razzismo convivono nella società

Coesistono oggi nella società diverse forme di razzismo. Persiste quello “tradizionale”, basato sull’associazione tra la percezione della diversità fisica e pregiudizi sulle qualità cognitive e morali degli individui dei “gruppi inferiori”. A questo si aggiunge il cosiddetto "neo-razzismo", secondo cui le differenze culturali e religiose separano irrimediabilmente i gruppi umani e giustificano politiche e atti discriminatori. Il nuovo antisemitismo, lo jihadismo, l’islamofobia e altre forme di persecuzione religiosa dimostrano il suo enorme potenziale disgregativo per la società.

Il razzismo si combatte condividendo i saperi e mettendo al centro la persona

Per contrastare il razzismo è necessario agire a diversi livelli. Sul piano della conoscenza, è doveroso contrapporre sia la straordinaria ricchezza delle diversità culturali che l’umanità ha costruito nel suo lungo cammino storico, sia il ruolo insostituibile giocato dalle differenze biologiche nell’adattamento delle popolazioni umane agli ambienti.

Sul piano dei rapporti umani, è importante mettere al centro la persona, al di là di ogni categoria astratta, come la razza o l’etnia, che oscura i suoi valori.

Sul piano civile e politico, va condivisa e messa in pratica l’uguaglianza tra gli esseri umani nei diritti e nei doveri e nel pieno rispetto dei principi della nostra Costituzione e delle norme che ne derivano.

La ricerca di una vera e fruttuosa convivenza è una responsabilità collettiva

Per evitare che il razzismo cancelli il senso umano di comunanza e solidarietà, beni indispensabili per una vera e fruttuosa convivenza, è necessario che tutti, pur mantenendo la propria identità, siano consapevoli di essere legati agli altri dall’appartenenza a una più grande comunità, l’umanità, e da uno stesso destino, quello di cittadini del mondo.

Gli italiani

Le radici profonde degli italiani, come di tutta l’umanità, sono africane. Oggi siamo italiani ed europei, ma le nostre origini profonde, come quelle di tutta l’umanità, sono africane. La genetica, la paleoantropologia, l’archeologia e la linguistica ci dicono concordemente che la nostra specie, Homo sapiens, con le sue “novità evolutive” - anatomiche e cognitive - è comparsa in Africa intorno a 250.000 anni fa. Successivamente, passando per il Medio Oriente, i primi gruppi umani hanno occupato l’Europa in più ondate. Gruppi di cacciatori-raccoglitori paleolitici avrebbero raggiunto l’Italia circa 45.000 anni fa, mentre i primi agricoltori neolitici sarebbero approdati nel nostro continente intorno a 9.000 anni fa.

Gli italiani hanno la loro identità nella diversità dei geni, delle culture e delle lingue

Sul primo popolamento di origine africana, si sono stratificati nel tempo numerosi altri apporti. Dall’Età del rame in poi, si sono succeduti arrivi di popolazioni da nord e da est, come i Celti e i Longobardi, da sud, i Greci, dal Medio Oriente, i Fenici, e dall’Africa settentrionale, gli Arabi. Migrazioni più recenti, fino al XIX secolo, hanno portato altri gruppi provenienti da varie parti d’Europa a stabilirsi in Italia e hanno contribuito alla presenza nel nostro territorio di numerose minoranze etno-linguistiche. Questi molteplici ed eterogenei movimenti di popolazioni verso il nostro Paese trovano riscontro nella diversità genetica e linguistica tra le popolazioni italiane, la maggiore in Europa. In definitiva, l’Italia è nella genetica, nella lingua e nella cultura ciò che è nella sua configurazione geografica: un ponte sospeso tra l’Europa e il Mediterraneo.

I migranti hanno contribuito al progresso della società in Italia e altrove

Per molti aspetti della sua ricchezza, sia materiale che culturale, l’Italia ha un debito verso i molti stranieri immigrati che sono diventati parte integrante del suo tessuto sociale, così come altri Paesi devono riconoscenza agli Italiani emigranti che hanno contribuito al loro progresso. A questa realtà se ne contrappone un’altra: il nostro passato colonialista, razzista e antisemita, con tutto ciò che questo ha comportato per il destino di molte persone e di intere comunità. La storia ci manda un messaggio: per vivere al meglio il presente e affrontare adeguatamente il futuro è necessario che tutti - quali che siano le origini, le caratteristiche fisiche, la cultura o la religione - si impegnino pubblicamente contro qualsiasi forma di discriminazione e intolleranza.

Giovanni Destro Bisol (coordinatore, Università La Sapienza, Roma)
Maria Enrica Danubio (Università de l’Aquila)
Pietro Greco (giornalista scientifico)
Alessandra Magistrelli (Insegnante)
Mariano Pavanello (Università La Sapienza, Roma)
Elena Gagliasso (Università La Sapienza, Roma)
Hanno collaborato alla stesura del «Manifesto della diversità umana» numerosi altri colleghi, tra cui alcuni dei firmatari del documento del 2008

A questo link è disponibile il sito del Manifesto della diversità e dell’unità umana

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