fbpx Ma le cellule sono farmaci o tessuti da trapiantare? | Scienza in rete

Ma le cellule sono farmaci o tessuti da trapiantare?

Primary tabs

Tempo di lettura: 5 mins

Il caso Stamina ha preso un corso inatteso, tanto che il rimedio sembra peggio del male che intendeva sanare. A suscitare le voci preoccupate di molti addetti ai lavori, all’estero come in Italia, è infatti ora soprattutto la soluzione con cui il ministro Balduzzi ha cercato di mettere ordine nel pasticcio provocato dai tira e molla delle istituzioni e dai pronunciamenti discordi dei diversi magistrati: il decreto approvato al Senato e in discussione alla Camera, infatti, riporta le terapie con cellule staminali nell’ambito dei trapianti di organi e tessuti, sottraendole così all’iter di controlli e approvazione richieste per i farmaci sotto l’egida dell’Agenzia Italiana per il Farmaco (AIFA). Una semplice questione di termini, in apparenza, che tuttavia ha conseguenze pratiche ed economiche molto rilevanti, tanto da sollevare un polverone che va ben oltre la vicenda della piccola Sofia e degli altri pazienti con malattie rare portata al grande pubblico dalle Iene e da Celentano.

Da Amedeo Santosuosso, docente di diritto, scienza e nuove tecnologie dell’Università di Pavia, che ha scritto una lettera al ministro Balduzzi, al premio Nobel Shinya Yamanaka, premio Nobel 2012, che,  dopo l’intervento dei giorni scorsi, ha preso una nuova forte posizione come presidente della International Society for Stem Cell Research (ISSCR ), dall’European Medicines Agency (EMA) al portale Eurostemcell, che riunisce quasi un centinaio dei più importanti laboratori di ricerca europei in questo campo, tutti chiedono che l’Italia non esca, con questa decisione, dalla linea seguita dagli altri Paesi più evoluti.

Nessuno nomina più la vicenda di Celeste o di Sofia, perché la questione ormai non riguarda più soltanto la vulnerabilità dell’opinione pubblica italiana davanti agli appelli in chiave emotiva dei media o i potenziali rischi per chi decide di sottoporre sé o i propri figli a un trattamento poco chiaro e privo di qualunque prova di sicurezza ed efficacia. Se infatti Davide Vannoni e Marino Andolina, con le loro misteriose infusioni, procedono fuori dai canali e dai metodi della scienza, il decreto Balduzzi rischia di portare la legislazione italiana fuori dalle norme che regolano le terapie innovative in tutto il mondo avanzato, dall’Europa agli Stati Uniti al Giappone. In tutti questi altri Paesi  infatti le terapie a base di cellule, quando queste sono manipolate in laboratorio  in maniera rilevante prima di essere somministrate, oppure si propongono di ricostruire tessuti diversi da quelli cui normalmente appartengono, sono soggette da diversi anni alla stesse norme che riguardano i farmaci: devono passare attraverso trial controllati ed essere approvate dalle autorità competenti prima di essere diffuse ed immesse sul mercato.

Le parole contano, e le definizioni spesso faticano a tenere il passo dell’evoluzione della scienza. Solo nel 2007 così l’Unione Europea ha seguito la scelta della Food and Drug Administration americana, stabilendo che per approvare la commercializzazione di questi trattamenti occorrono trial clinici condotti con l’autorizzazione dell’agenzia regolatoria nazionale per i farmaci e di un comitato etico. Finora nessun prodotto ha superato queste prove. La normativa europea tuttavia prevede che un medico possa in casi isolati somministrare per uso compassionevole la cura mentre questa è sottoposta al suo lungo processo di valutazione (non in sua assenza, come hanno voluto interpretare la legge i fondatori di Stamina Foundation). E purché i pazienti diano un consenso debitamente informato.

E’ inoltre prevista in Europa la cosiddetta “hospital exemption”, per cui nelle strutture pubbliche dei Paesi membri è possibile somministrare a singoli pazienti prodotti a base di cellule staminali  sotto la responsabilità del curante: questi trattamenti possono essere preparati su misura, ma secondo specifici criteri standard di qualità, ben stabiliti dalle cosiddette “Good Manufacturing Practices” (GMP).

«Dobbiamo assicurare che i farmaci siano prodotti in condizioni rigorose e che siano provate sicurezza ed efficacia prima della commercializzazione da parte delle aziende» ha ribadito Yamanaka. «E' infatti successo che pazienti siano stati danneggiati quando i trattamenti hanno bypassato le procedure mediche e regolatorie».

Gli scienziati ancora ricordano come l’avanzamento della terapia genica si sia bloccato per molti anni dopo un incidente dovuto alla troppa fretta di procedere con la sperimentazione sull’uomo.

«Che vi possano essere problemi tecnici di definizione (le terapie cellulari sono farmaco o non farmaco) lo si può pure ammettere» precisa Santosuosso nella sua lettera, «ma l’interesse alla declassificazione è di tipo strettamente economico: evitare le lunghe e costose fasi di sperimentazione clinica (fase 2 e 3) che i farmaci richiedono (e che non sono necessarie per i trapianti, le cui cautele hanno natura diversa). Si vuole aprire, e di fatto si apre, all’immediato utilizzo e commercializzazione, di preparati che altrimenti dovrebbero passare il vaglio della sperimentazione clinica».  

D’altra parte sul sito di Medestea, la società per la produzione di cellule cui si appoggia la Stamina Foundation, si dichiara esplicitamente che lo sfruttamento delle cellule staminali “è di gran lunga il progetto con il più alto potenziale d’affari”, destinato a cambiare in parte il futuro mercato farmaceutico mondiale, sottraendone sostanziose fette all’industria tradizionale. E che il 2013 deve essere l’anno del boom.

E in Italia potrebbe essere così, se il decreto Balduzzi consentirà alla miriade di società e start up che come questa lavorano le cellule di aggirare tutti i vincoli cui sono soggette le aziende farmaceutiche, facendo risparmiare loro tempo e denaro, e soprattutto evitando loro di dover provare sicurezza ed efficacia delle loro cure. Qualunque ciarlatano potrà chiedere qualunque cifra promettendo la cura di qualunque malattia senza dover chiedere nessuna autorizzazione.

«Ma permettere ai produttori di non doversi attenere agli standard di qualità espone i pazienti a molti rischi a breve e lungo termine» ha dichiarato l’EMA, facendo riferimento a un documento del 2010 e a un articolo pubblicato lo stesso anno su Lancet, in cui il Comitato per le Terapie avanzate della stessa agenzia metteva in guardia dal cosiddetto “turismo della speranza”, con cui i malati si recano in Paesi dove le regole sono meno stringenti per poter ottenere trattamenti non consentiti altrove. «Le preparazioni usate in questi casi sono dette “a base di cellule staminali” ma sono spesso poco definite» recita il documento, che sembra ricalcare il rapporto redatto sull’ispezione ai trattamenti Stamina agli Spedali Civili di Brescia. «Spesso mancano dati farmacologici o tossicologici per definirne con ragionevole certezza sicurezza ed efficacia, mentre sono ben documentati casi di effetti collaterali gravi conseguenti a queste terapie, come tumori cerebrali, meningiti o altre infezioni pericolose per la vita».

Questo monito, nel 2010, riguardava destinazioni come Cina, Tailandia, Ucraina; se il decreto passerà alla Camera, riguarderà anche noi. Roberta Villa


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Scoperto un nuovo legame chimico carbonio-carbonio

Un gruppo di ricercatori dell'Università di Hokkaido ha fornito la prima prova sperimentale dell'esistenza di un nuovo tipo di legame chimico: il legame covalente a singolo elettrone, teorizzato da Linus Pauling nel 1931 ma mai verificato fino ad ora. Utilizzando derivati dell’esafeniletano (HPE), gli scienziati sono riusciti a stabilizzare questo legame insolito tra due atomi di carbonio e a studiarlo con tecniche spettroscopiche e di diffrattometria a raggi X. È una scoperta che apre nuove prospettive nella comprensione della chimica dei legami e potrebbe portare allo sviluppo di nuovi materiali con applicazioni innovative.

Nell'immagine di copertina: studio del legame sigma con diffrattometria a raggi X. Crediti: Yusuke Ishigaki

Dopo quasi un anno di revisione, lo scorso 25 settembre è stato pubblicato su Nature uno studio che sta facendo molto parlare di sé, soprattutto fra i chimici. Un gruppo di ricercatori dell’Università di Hokkaido ha infatti sintetizzato una molecola che ha dimostrato sperimentalmente l’esistenza di un nuovo tipo di legame chimico, qualcosa che non capita così spesso.