L’obesità e il sovrappeso sono uno dei mali più
diffusi nei paesi occidentali e si associano a sindromi metaboliche quali
insulino resistenza, ipertensione, steatosi epatica, dislipidemia, intolleranza
al glucosio e iperinsulinemia che a loro volta aumentano il rischio di
sviluppare malattie cardiovascolari e diabete di tipo 2.
Negli ultimi anni la
ricerca di nuovi farmaci si è concentrata sui meccanismi di bilancio energetico
tra glucosio e lipidi. In particolare, poiché l’insulina gestisce lo
smaltimento di glucosio, acidi grassi e aminoacidi, la resistenza a questo
ormone porta ad una tempesta metabolica dovuta ad un’apparente difficoltà dei
mitocondri a scegliere il corretto substrato energetico da utilizzare. Questo
fenomeno, che va sotto il nome di “inflessibilità metabolica”, è stato additato
come uno dei segni distintivi delle malattie cardiometaboliche e come causa
potenziale di disfunzione cellulare.
In un contesto fisiologico i mitocondri passano
liberamente da un substrato all’altro a seconda delle esigenze nutrizionali e
fisiologiche dell’organismo. La fisiologia dell’era moderna è caratterizzata però
dall’afflusso continuo di “combustibili” concorrenti.
La sovranutrizione e la
competizione costante dei diversi substrati portano a uno stato di
insensibilità e inflessibilità metabolica caratterizzata da sensibilità
distorta verso i nutrienti, riduzione della capacità di passare da un substrato
all’altro e alterata omeostasi energetica.
Le caratteristiche spazio-temporali del flusso
di carbonio di un organismo che passa dal digiuno all'alimentazione possono
essere viste come le ore di punta del traffico automobilistico. Quando il numero
di vetture è basso il traffico è scorrevole, la distanza tra i veicoli resta ampia
e brusche fluttuazioni nella densità e velocità del traffico possono
verificarsi con un rischio minimo di collisione.
Quando aumentano le vetture si
formano ingorghi che ostacolano il flusso e la probabilità di collisione aumenta.
Un incidente ad un nodo critico può portare alla paralisi e il tempo e l’energia
necessari per ripristinare il flusso normale dipenderanno dalla gravità dell’incidente.
Un simile stato di paralisi si sviluppa quando l’organismo mangia voracemente e
spesso. Durante e subito dopo ogni pasto, il traffico di carbonio diventa più
congestionato e la concorrenza tra i substrati si intensifica.
Passaggi aberranti tra i diversi tipi di
substrato sia a livello cellulare che sistemico portano a fenotipi associati con
comorbidità metabolica, inclusa l’insulino resistenza. Ci si chiede allora se è
l’insulino resistenza a causare l’inflessibilità metabolica o viceversa. Si può
pensare che una ridotta ossidazione del glucosio in risposta al pasto rifletta
semplicemente una conseguenza del signaling
dell’insulina compromesso. Studi in roditori hanno però dimostrato che l’inflessibilità
metabolica si verifica precocemente nel manifestarsi dell’intolleranza al
glucosio. Ciò suggerisce che l’alterazione nella selezione del substrato è
almeno in parte indipendente e potrebbe in realtà precedere e contribuire
all’insulino resistenza.
In condizioni fisiologiche, lo scambio tra
pathway metabolici è mediato da robusti, rapidi e decisivi cambiamenti nei
livelli cellulari di metaboliti quali acidi grassi, piruvato, citrato e
malonil-coA che a loro volta regolano il traffico in entrata nel mitocondrio.
Di contro, la sovranutrizione porta ad uno stato di confusione metabolica nel
quale l’eccessivo rifornimento di carbonio e l’aumentata competizione dei
substrati conduce ad una serie di segnali smorzati e/o conflittuali. Di
conseguenza gli accessi che regolano il traffico mitocondriale non sono mai
completamente aperti o chiusi e il continuo afflusso di carbonio da direzioni e
sorgenti multiple interferisce con un efficiente passaggio di substrato. Perciò
l’inflessibilità metabolica può essere vista sia come causa che come indicatore
della congestione mitocondriale, che a sua volta influenza l’azione
dell’insulina.
"mangiare meno e muoversi di più"
L'ipotesi che il sovraccarico mitocondriale e l’inflessibilità
metabolica siano responsabili dell’insulino resistenza implica che le misure di
prevenzione del catabolismo ossidativo di almeno uno dei tre substrati
principali potrebbero ripristinare il controllo del glucosio. Sebbene bloccare l’afflusso
mitocondriale di carbonio e/o rafforzarne la capacità di reazione potrebbe
alleviare il carico metabolico su questo organello, queste strategie non
affrontano il problema fondamentale dello squilibrio energetico e dell'eccesso
di nutrienti. Perciò, le strategie mirate a colpire le cause piuttosto che i
sintomi del sovraccarico di nutrienti dovrebbero ottenere esiti migliori.
Andando oltre la solita raccomandazione a ''mangiare meno e muoversi di più”, hanno
ottenuto ottimi risultati alcuni recenti studi che impiegano interventi di
modifica del comportamento non convenzionali, come ad esempio regimi di alimentazione
intermittente in cui i soggetti vengono sottoposti a lunghi periodi di digiuno
seguiti da grandi abbuffate, nonché regimi di “exercise snacking” in cui gli
individui si esercitano vigorosamente per brevi periodi (circa 5 min) prima di
consumare un pasto standard. Queste particolari abitudini hanno migliorato
l'omeostasi del glucosio più dei regimi isoenergetici composti dai tradizionali
modelli di alimentazione e attività fisica.
In conclusione, gli studi hanno dimostrato che
le cellule funzionano al meglio quando mantengono la propria capacità di
passare liberamente da un substrato all’altro in risposta ad esigenze
nutrizionali e fisiologiche. Ciò limita anche la congestione mitocondriale e i
danni dovuti a collisioni molecolari mantenendo l’omeostasi metabolica.