fbpx EMME, scienza e pace nel Mediterraneo | Scienza in rete

EMME, scienza e pace nel Mediterraneo

Primary tabs

Tempo di lettura: 4 mins

Credits Photo: La Città della Scienza.

Fra i trenta studenti – tutti professionisti della comunicazione della scienza – c’erano libici, come Hamza Saleh, della Società per la Scienza e la Tecnologia di Misurata; palestinesi, come Shadi Abubaker, della Fondazione AM Qattan; iraniani, come Kimia Mohammadi, del Giardino del Libro di Teheran; egiziani, come Mohamed Elsonbaty Hassan Ahmed Ramadan, della American University del Cairo.

Fra i quasi trenta relatori c’erano Sawsan Dalaq, Direttrice del Children’s Museum in Giordania e presidente di NAMES, la rete dei Science Centre del Nord Africa e del Medio Oriente; Hoda Elmikaty, vice direttore della Bibliotheca Alexandrina in Egitto; Rosalia Vargas, presidente di Ciencia Viva in Portogallo; la belga Catherine Franche, Direttrice di ECSITE, la rete dei Science Centre europei.

Sono stati tutti protagonisti, insieme ad altri studenti e docenti provenienti da 14 diversi paesi (Giordania, Palestina, Egitto, Tunisia, Libia, Kuwait, Iran, Arabia Saudita, Portogallo, Francia, Spagna, Belgio, Finlandia e Italia) della terza edizione della Euro-Mediterranean and Middle East Summer School of Science Communication (EMME Summer School) che, iniziata domenica 10 settembre si è conclusa venerdì 15 a Napoli, a Città della Scienza.

La scuola – che continua – si rivolge a persone che già lavorano nel campo dei musei scientifici e della comunicazione della scienza. A professionisti, dunque. E ha un duplice obiettivo. Condividere le conoscenze e le “buone pratiche” per un miglioramento complessivo dell’offerta comunicativa in un’area, quella che contorna il Mediterraneo, che vuole entrare nella società della conoscenza anche attraverso lo sviluppo e la diffusione della comunicazione pubblica della scienza, prerequisito essenziale per la costruzione di una matura cittadinanza scientifica.

Mediterraneo, culla della scienza

Il secondo obiettivo è l’integrazione tra le due reti esistenti dei Science Centre in area mediterranea: la NAMES, che coinvolge i musei scientifici di nuova generazione dei paesi del Sud e dell’Est del Mediterraneo, ed ECSITE, la rete cui aderiscono i musei interattivi dei paesi europei. Un rapporto stretto tra queste due reti favorisce la costruzione di una comune cultura della comunicazione della scienza in un’area geopolitica che ha una lunga storia e un difficile presente di diversità, ma anche di omogeneità culturale. Non a caso il Mediterraneo è il bacino dove la scienza è nata, in epoca ellenistica: per settecento anni Alessandria d’Egitto è stata la capitale mondiale della scienza. E sempre il Mediterraneo è stato il bacino in cui la tradizione ellenistica è stata ripresa e sviluppata dagli Arabi. Infine è nel bacino del Mediterraneo – a Firenze e in Italia nel Rinascimento, nel resto d’Europa nel Seicento – che, grazie alle traduzioni dei classici scientifici dall’arabo e dal greco, si è sviluppata la scienza moderna.

La centralità scientifica che il Mediterraneo si è guadagnata nel corso degli ultimi due millenni e mezzo è dovuta, soprattutto, all’incontro tra i diversi popoli, il rispetto reciproco e alla contaminazione tra le diverse culture. E se oggi il Mediterraneo vuole recuperare, almeno in parte, quella centralità deve puntare proprio sull’incontro tra i popoli, il rispetto reciproco e la contaminazione tra le diverse culture.

La EMME Summer School, la cui prime due edizioni – nel 2013, presso il Parque de la Ciencias di Granada, in Spagna, e nel 2015 presso la Biblioteca Alessandrina ad Alessandria d'Egitto – si sono tenute nei luoghi simbolo in cui la scienza è nata (Alessandria, nel III secolo a.C.) ed è stata trasmessa (Granada e la Spagna, a partire dal XII secolo) dal Sud al Nord del bacino, è insieme un esempio concreto e un catalizzatore di questo processo che può e deve ricominciare.

Scienza come ponte di pace

Ma EMME Summer School ha anche un valore più generale di quello – pur decisivo nella società moderna – della cultura scientifica. Ha un valore politico. È stata pensata da Città della Scienza e realizzata in collaborazione con NAMES ed ECSITE anche per essere un ponte di pace in un’area geografica segnata da troppo tempo da troppi conflitti. I musei – questa è la lezione della EMME Summer School – sono luoghi dove si intreccia un ordito comune tra cultura scientifica e cultura di pace. Dove, proprio come nella Biblioteca dell’Alessandria di Tolomeo, persone di tutto il bacino mediterraneo si incontrano, studiano e comunicano in uno spirito di reciproco rispetto e creano nuova conoscenza.

Non è il primo esempio di “scienza come ponte di pace” nel Mediterraneo. Ricordiamo che in questo momento in Giordania è operativo SESAME, una macchina che accelera particelle e produce una luce detta di sincrotrone, presso cui lavorano scienziati anche di paesi “nemici”: tra cui israeliani, palestinesi e iraniani. A dimostrazione che il linguaggio universale della scienza è tra i più adatti per superare le divisioni politiche e costruire la pace.

Questa visione fa parte della tradizione di Città della Scienza, che nel 2003 ha promosso il progetto di cooperazione internazionale per la realizzazione di un Science Centre nato presso l’Università Palestinese Al Quds, sotto l’egida dell’UNESCO, della Commissione Europea, della Regione Campania e del Comune di Napoli, ma sulla base di un inedito patto trilaterale tra palestinesi (Università Al Quds), israeliani (Bloomfield Science Museum) e italiani (Fondazione Idis-Città della Scienza). La dimostrazione concreta che i musei possono essere tra le palestre più adatte per abbattere le barriere della diffidenza e allenare la cultura della pace.

 

 

 


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Fibrosi cistica: una persona su trenta è portatore sano. E non lo sa.

Immagine tratta dalla campagna "Uno su trenta e non lo sai" sul test del portatore sano della fibrosi cistica: persone viste dall'alto camminano su una strada, una ha un ombrello colorato

La fibrosi cistica è una malattia grave, legata a una mutazione genetica recessiva. Se è presente su una sola copia del gene interessato non dà problemi. Se però entrambi i genitori sono portatori sani del gene mutato, possono passare le due copie al figlio o alla figlia, che in questo caso svilupperà la malattia. In Italia sono circa due milioni i portatori sani di fibrosi cistica, nella quasi totalità dei casi senza saperlo. La Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica sta conducendo una campagna informativa sul test del portatore sano, che consente ai futuri genitori di acquistare consapevolezza del proprio stato.

Se due genitori con gli occhi scuri hanno entrambi un gene degli occhi chiari nel proprio patrimonio genetico, c’è una probabilità su quattro che lo passino entrambi a un figlio e abbiano così discendenza con gli occhi chiari. Questo è un fatto abbastanza noto, che si studia a scuola a proposito dei caratteri recessivi e dominanti, e che fa sperare a molti genitori con gli occhi scuri, ma nonni o bisnonni con gli occhi celesti, di ritrovare nei pargoli l’azzurro degli occhi degli antenati.