fbpx Ecco il timbro molecolare che riprogramma le cellule | Scienza in rete

Ecco il timbro molecolare che riprogramma le cellule

Primary tabs

Tempo di lettura: 4 mins

Una ricerca pubblicata sulla prestigiosissima rivista PLoS Genetics segna un passo avanti verso l’ultimo traguardo della medicina rigenerativa: l’impiego a scopo terapeutico delle cellule staminali ottenute tramite riprogrammazione cellulare. A rivelarlo è uno studio tutto italiano condotto dagli scienziati Stefano Casola e Giuseppe Testa nei laboratori dell’IFOM e dello IEO di Milano. La scoperta delle cellule staminali pluripotente indotte (IPS), valsa il Premio Nobel per la Medicina nel 2012, preannunciava di rivoluzionare la medicina moderna: qualunque tessuto lesionato sarebbe potuto essere finalmente ricostruito. Ma ancora oggi diverse domande restano aperte: come fare per generare in vitro, a partire dalle cellule IPS, tessuti e in un futuro anche organi che siano funzionanti e sicuri? Ma soprattutto, quali meccanismi molecolari garantiscono una completa riprogrammazione della cellula differenziata?  

“L’obiettivo del nostro lavoro è stato quello di cercare di identificare gli step molecolari alla base della riprogrammazione della cellula differenziata”, ha spiegato Giuseppe Testa, direttore del laboratorio di epigenetica delle cellule staminali presso l’Istituto Europeo di Oncologia. Le tappe che regolano il differenziamento cellulare e ne consentono, di conseguenza, la riprogrammazione dipendono da particolari proteine che agiscono come interruttori molecolari, controllando contemporaneamente l’attività di migliaia di geni. Questo meccanismo selettivo avviene a livello epigenetico attraverso modifiche chimiche che attivando o reprimendo determinati geni cambiano l’espressione genica. Una delle modalità con cui avviene la regolazione epigenetica è la modificazione degli istoni. Numerose sono le modificazioni istoniche ad oggi individuate: ubiquitinazione, acetilazione e fosforilazione. Considerate nell’insieme queste costituiscono una sorta di “chiave di lettura” del DNA, determinando, così, l’accensione o lo spegnimento di specifici geni. Un ulteriore forma di regolazione è la metilazione della lisina in posizione 27 dell’istone H3 (indicata come H3K27me) che determina un segnale di silenziamento. A determinare questo processo è il complesso di proteine chiamato Polycomb, identificato per la prima volta negli anni ’70 nel moscerino della frutta Drosophila melanogaster. Integrando indagini in vivo e in vitro con studi di genomica funzionale, proteomica e biologia computazionale, gli scienziati dell’IFOM e dello IEO hanno scoperto che il complesso Polycomb agisce come un interruttore di identità. Questo complesso di proteine reprimendo contemporaneamente l’espressione di oltre 6000 geni, cancella l’impronta della cellula somatica e permette l’acquisizione della nuova identità staminale. “Da studi condotti, in precedenza, nei nostri laboratori avevamo individuato alcuni geni del complesso di Polycomb candidati a prendere parte a questo meccanismo di cambio identità. Silenziando questi geni, siamo riusciti a riconvertire cellule della pelle di topo in cellule staminali pluripotenti”, ha spiegato Testa. I geni individuati costituiscono il nucleo fondamentale dal quale si avvia tutto il processo di riconversione. Questo nucleo è stato definito dagli stessi ricercatori il “core business”, senza questi geni chiave non è stato possibile generare cellule staminali da cellule della pelle. Le proteine coinvolte sono, quindi, il timbro indispensabile per indurre le cellule adulte a tornare allo stadio embrionale. “Nei prossimi mesi ci concentreremo sull’ulteriore analisi del silenziamento genico per poi passare alla sperimentazioni su cellule umane”, ha detto Testa.

Passi avanti sulle staminali ma nono solo, la ricerca rappresenta anche un nuovo tassello nella comprensione e nella lotta contro il cancro. Molti dei meccanismi, infatti, che portano una cellula differenziata a diventare staminale sono presenti anche durante la transizione da cellula normale a tumorale. Spesso il tumore, anche dopo un efficace terapia, ricompare a causa delle cosiddette cellule staminali del cancro. Queste cellule si formano attraverso il processo di regressione tipico delle cellule staminali indotte e il complesso proteico Polycomb ne è parte integrante. “Alla luce anche dei nostri risultati emerge sempre di più chiaramente come il cancro sia la conseguenza di un disturbo di identità della cellula che perde la sua impronta e acquisisce nuove proprietà in maniera molto simile a una riprogrammazione. Aver capito le basi molecolari alla base della riprogrammazione cellulare potrà servire ,anche, per mettere a punto strategie vincenti per sconfiggere i tumori”, sottolinea Testa.

La ricerca è stata realizzata grazie al supporto, fra gli altri, di Epigen, ERC, AIRC, Fondazione Giovanni Armenise/Harvard e del bando Giovani Ricercatori del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali. “Nel 2008 il Ministero ha selezionato e finanziato oltre cinquanta progetti di ricerca della durata di tre anni condotti da ricercatori under 40, questo rappresenta un forte cambiamento di rotta nella ricerca per il nostro Paese. Finalmente sono stati dedicati dei fondi a dei giovani meritevoli ricercatori e per attribuire queste risorse, ecco un'ulteriore elemento novità, i progetti di ricerca sono stati esaminati da importanti esponenti del NIH”, ha concluso Testa.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

L’allenamento musicale migliora la lettura di testi scritti

spartito

Uno studio pubblicato su NeuroImage Reports mostra che i musicisti attivano il cervello in modo diverso dai non musicisti durante la lettura, con un coinvolgimento bilaterale del giro occipitale medio. L'educazione musicale sembra migliorare le abilità di lettura e potrebbe proteggere da disturbi come la dislessia.

Immagine Pixabay

I musicisti leggono usando il cervello in modo diverso dalle altre persone. È il risultato di un recente studio uscito su NeuroImage Reports firmato da Alice Mado Proverbio e di Elham Sanoubari dell’Università Milano-Bicocca. Una delle principali conclusioni è la notevole differenza nell'attivazione cerebrale tra musicisti e non musicisti nel giro occipitale medio (MOG) durante la lettura di testi.