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Gurdon e Yamanaka, la vittoria della ricerca

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L’annuncio che i Nobel per la fisiologia o la medicina di questo anno premiano Sir John Gurdon (Cambridge) e Shinya Yamanaka (Kyoto) non coglie di sorpresa. Da decenni il tema della riprogrammazione genetica delle cellule somatiche terminalmente differenziate (cellule “adulte”) è “hot topic” è uno dei grandi temi della ricerca delle scienze della vita. Questo fatto è andato sempre più rafforzandosi nel corso degli anni poichè le implicazioni di queste ricerche ricadono su un vasto campo di - conoscenze di fondo dei meccanismi di regolazione della espressione genica (di come il patrimonio genetico si esprime nei diversi tipi cellulari) - possibili applicazioni e non da ultimo - concrete applicazioni oggi e qui in medicina veterinaria ed umana. Ciò che accomuna i due ricercatori, il tema delle loro ricerche, è infatti la riprogrammazione genetica, il ritorno allo stato di potenza differenziativa embrionale, delle cellule somatiche (adulte). In prospettive del tutto diverse: di base si diceva, di curiosità si dice oggi, quelle di Gurdon, applicata si diceva, di produzione si dice oggi, quella di Yamanaka. Ed i positivi risultati ottenuti dai due ricercatori nella riprogrammazione genetica già insegnano che è del tutto ingenuo e naïve (come spesso accade nella testa dei decisori politici) applicare questa distinzione nello stesso arco temporale: la ricerca è una sola, è ricerca che storicamente si declina con dei tempi e delle modalità sue proprie. Inizialmente, e non potrebbe essere diversamente, guidata dalla curiosità, dalla intuizione, dalla creatività e solo in una seconda fase indirizzata alla produzione di beni (molecole, cellule, tessuti, etc etc). Ed inoltre, i due laureati Nobel ci insegnano anche altre cose ben importanti per la società civile ed i giovani. Per indirizzare e sostenere le ricerche che portano a conoscenza capace di tradursi in produzione di benessere (economico, di salute, di ambiente, etc etc) basta ben poco, non servono megagalattici laboratori, serve una buona educazione al pensiero scientifico che deve partire dalla scuola di base.

Gurdon la esemplifica con lo studio della storia della biologia (ed oltre al giudizio dei suoi insegnanti consideravano una perdita di tempo insegnargli alcunchè di scientifico e che lo sconsigliavano dall’intraprendere carriere scientifiche !), lo studio dei primi esperimenti di Hans Spemann, il tentare con pochi aghi e pinze di trasferire dei nuclei della pelle in uova svuotate del loro nucleo ed ottenendo così lo sviluppo di un girino. Un risultato paradigmatico, capace di far riscrivere I libri di testo sulla idea della fissità del genoma (ma già i tumori, tragicamente, insegnano che il genoma è capace di riprogrammarsi ad embrionale): il genoma di una cellula adulta una volta immerso nel citoplasma della cellula uovo si riprogramma, non è cioè stabile e immutabile. Di più, la cellula uovo deve contenere una qualche sostanza capace di compiere questo processo. Da questi dati, affinandosi la tecnica di aghi e pinze sino ad arrivare all’impiego delle luci laser, arriveranno i risultati di clonazione che nel corso degli anni ci hanno stupito. E sarà lo studio delle cellule uovo all’interno delle quali viene trasferito il nucleo delle cellule somatiche per dare avvio alla clonazione (così importante nella produzione animale in veterinaria, ad esempio per moltiplicare in serie animali produttori di farmaci, animali la cui transgenizzazione costa circa un milione di euro ad esemplare) la linea di ricerca che porterà alla produzione delle linee di staminali embrionali. Anzichè trasferire in una pseudomadre la cellula uovo con il nucleo somatico al fine di ottenere la nascita del clone, la cellula uovo ricostituita (lo zigote) può essere coltivata in provetta ed una volta ottenuta la sua moltiplicazione cellulare derivare delle cellule (staminali) embrionali che a loro volta possono essere indotte a differenzarsi in tutti i tipi cellulari. Si aprono così le porte alle terapie cellulari che fondano un nuovo modo di fare medicina, la medicina rigenerativa: già oggi vi sono molto esempi, dalla terapia di molte forme tumorali delle cellule del sangue alla pelle artificiale per i grandi ustionati. Ma molte altre terapie sono alle porte, per il diabete, per il Parkinson e per riparare la zona necrotica nell’infarto del miocardio. E comunque ogni patologia potrà essere aggredita dalla opportunità del medico di disporre di tutti i tipi cellulari. La produzione di staminali dagli organismi adulti non è così semplice e le staminali somatiche (adulte) non posseggono quella capacità moltiplicativa e differenziativa che posseggono le embrionali. E però, al di la della prudenza necessaria nell’impiego delle embrionali in terapia (infatti ad oggi vi è solo un protocollo sperimentale e tutta la terapia è eseguita con le somatiche) la loro capacità differenziativa e moltiplicativa è una necessità per i biologi. Ed ecco Shinya Yamanaka che grazie agli studi delle cellule staminali embrionali (studi capaci di svelare alla comunità scientifica tutta, anche ai colleghi dedicati allo studio delle staminali somatiche) è in grado di conoscere quali sono i geni master che controllano la staminalità embrionale e grazie a questa informazione costruisce un vettore virale con all’interno quattro geni chiave della staminalità; transfetta poi delle cellule della pelle (fibroblasti) ottenendo la loro riconversione a cellule staminali embrionali. Di fatto compie il lavoro di Gurdon con gli strumenti della sua epoca, vettori virali e costrutti genici. Dimostrando tra le altre cose che la comunità scientifica non è sorda ai problemi della società civile: per molti del mondo cattolico l’impiego degli embrioni non è considerato lecito e dunque è corretto trovare il modo di non rinunciare a ciò che la scienza indica come necessario (staminalità embrionale) senza urtare i principi di molti: le cellule indotte ad essere embrionali (le iPS cells di Yamanaka) sono la risposta. 

Questi due Nobel ci ricordano anche che oggi democrazia è procedere in questo modo, sostenere la ricerca e l’impresa scientifica, divulgarne i risultati, dibatterli e insieme decidere quali applicazioni rendere lecite. 

Piccola chiosa che fotografa il nostro Paese, quello che Adriano Buzzati Traverso chiamava “se gli Italiani fossero intelligenti” in una toccante lettera di estrema, purtroppo, attualità, il Paese che non investe in ricerca e nei giovani che la praticano: un Paese può uscire dal declino solo se investe in ricerca; nel 2001, al termine dei lavori della Commissione Dulbecco sull’utilizzo delle cellule staminali, commissione voluta dall’allora Ministro Umberto Veronesi, si scrisse che solo l’investire in ricerca avrebbe permesso di uscire dal’impasse etica (embrionali si, embrionali no) e che l’investimento avrebbe dovuto essere nella direzione di cercare un “citoplasto artificiale”, cercare quel qualche cosa che nella cellula uovo è capace di compiere o di indurre il processo di riprogrammazione genetica (la via indicata dai risultati di Gurdon e complementare all’approccio metodologico di Yamanaka). Ebbene quell’invito è ancora la, scritto in un documento che giace in fondo a qualche cassetto e che ha visto zero finanziamenti, inascoltato.

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