fbpx Bicicletta e Arduino per monitorare la qualità dell'aria | Scienza in rete

Bicicletta e Arduino per monitorare la qualità dell'aria

Read time: 2 mins

Unire open-data e biciclette per monitorare il clima urbano. È l'idea alla base della SensorWebBike, un prototipo sviluppato dall’Ibimet, Istituto di Biometeorologia del CNR, e presentato a Firenze durante la conferenza internazionale sul clima urbano tenuta a fine febbraio. Per adesso il sistema è  in fase di sperimentazione, ma i test fatti nella città di Firenze hanno dato buoni risultati.

Consiste nel dotare una semplice bicicletta di una vera e propria stazione di monitoraggio mobile, equipaggiata con una piattaforma elettronica open source Arduino e con un set di sensori in grado di rilevare livelli di CO2, temperatura, umidità e rumore presenti nell'aria. Uno strumento di monitoraggio collettivo dove i cittadini sono allo stesso tempo fornitori e fruitori delle informazioni raccolte e diffuse in tempo reale. Utilizzando i sistemi GPS e GPRS, i dati acquisiti sono georeferenziati e inviati ad una piattaforma web con aggiornamenti continui ogni cinque minuti. Per consultarli basta un accesso ad internet da pc o smartphone, che consente di visualizzare i paramentri relativi all'ambiente e alla qualità dell'aria anche da posizioni registrate su Google Maps.

Il progetto ambisce a superare alcuni limiti strutturali che caratterizzano il monitoraggio ambientale, soprattutto nelle aree urbane. «I dati hanno ancora una bassa interoperatività, dovuta alla mancanza di coordinamento e ad infrastrutture “chiuse” – spiegano gli ideatori del prototipo – ma i dati possono essere resi disponibili da diverse fonti, le infrastrutture locali e nazionali possono essere integrate e rese più efficaci con il coinvolgimento di diversi soggetti, compresi i cittadini. I ciclisti diventano dei rilevatori volontari attraverso un innovativo strumento mobile e low cost montato sulle biciclette».

Autori: 
Sezioni: 
Clima urbano

prossimo articolo

La Valle dei dinosauri ritrovata nel Parco dello Stelvio

parete di roccia

Nel cuore delle Alpi, a 2500 metri di quota, si conserva la memoria di un mondo perduto. Pareti quasi verticali di Dolomia Principale, un tipo di roccia sedimentaria, custodiscono migliaia di impronte lasciate 210 milioni di anni fa da dinosauri erbivori che camminavano lungo le rive di un mare tropicale ormai scomparso. Una scoperta eccezionale, avvenuta nel Parco Nazionale dello Stelvio, che apre una finestra senza precedenti sul Triassico europeo e sulla vita sociale dei primi grandi dinosauri.

Prima della formazione delle Alpi, qui esisteva un paesaggio incredibilmente differente. Immaginate una distesa tropicale pianeggiante, lambita dalle acque di un oceano poco profondo e ormai scomparso che oggi chiamiamo Tetide, con un clima che non aveva nulla a che vedere con le vette gelide di oggi. Proprio in questo luogo tanto diverso dall’attualità, 210 milioni di anni fa, il fango soffice ha registrato il passaggio di svariati giganti: si trattava di prosauropodi, dinosauri erbivori dal collo lungo, che si muovevano in branchi lungo le rive di un'antica piattaforma carbonatica.