Si possono migliorare le conseguenze tipiche del diabete di tipo 2 e dell’obesità, sfruttando un meccanismo che impedisce un accumulo in eccesso dei grassi nei tessuti, bruciandoli. La rivista Diabetes pubblica i risultati di uno studio realizzato da Università degli Studi di Milano, La Sapienza e dallo Scripps research Institute La Jolla in California, che dimostra come le alterazioni metaboliche tipiche del diabete l'inibizione di alcuni enzimi (in particolare dell’istone deacetilasi-3) - fondamentali nel controllo dell’informazione genetica e nella regolazione delle funzioni cellulari e del metabolismo - è in grado di aumentare nel muscolo scheletrico e nel tessuto adiposo l’espressione della proteina “PGC-1α”. Questa ha degli effetti benefici, dal momento che agisce come “interruttore molecolare” e favorisce l’attività ossidativa dei mitocondri, ovvero le centrali energetiche delle cellule.
Il meccanismo che permette di aumentare l'attività dei mitocondri e di smaltire meglio i grassi accumulati, viene innescato da nuove molecole, sintetizzate dal Team di Ricerca, nel trattamento dei modelli sperimentali relativi a diabete e obesità.
“Riuscire a sintetizzare una molecola che agisca in modo selettivo solo su questi specifici enzimi – spiega Antonello Mai - aprirebbe la strada alla messa a punto di nuove terapie: è precisamente in questa direzione che intendiamo proseguire i nostri studi”.
Il risultato finale osservato è una significativa riduzione del peso corporeo, una diminuzione della steatosi epatica (un pericoloso accumulo di grassi nel fegato) e un miglioramento della capacità di smaltire l'accumulo di glucosio. Si ha in definitiva, un miglioramento dello stato diabetico.
La ricerca è stata possibile anche grazie al finanziamento della Fondazione Cariplo.
