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Chicchi d'uva proteggono il colon

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La scoperta di Antonio Moschetta e della sua équipe, del Consorzio Mario Negri Sud di Chieti, mette in luce un nuovo legame tra l’alimentazione e la regolazione dei geni a livello delle cellule intestinali. Grazie ai finanziamenti di AIRC i ricercatori italiani hanno infatti scoperto che il coattivatore trascrizionale noto col nome di PGC1alfa, che induce l’aumento dell’attività mitocondriale, nel colon e nei tumori che si sviluppano a questo livello non promuove i sistemi anti-ossidanti, contrariamente a quanto accade in altri tessuti. Per questo, incrementando la quantità di PGC1alfa, le cellule, non potendo difendersi dai danni ossidativi, tendono ad andare in apoptosi. Ed è proprio quel che fa, secondo studi pubblicati negli anni passati, il resveratrolo, contenuto nelle bucce degli acini d’uva; anche il frutto, quindi, insieme con altri alimenti che producono lo stesso effetto, potrebbe contribuire ad attivare questo gene, aiutando a ridurre l’insorgenza di tumori intestinali o a rallentarne la crescita, e potenziando così gli effetti delle vere e proprie terapie.

 

http://www.pnas.org/content/early/2011/04/04/1016354108.abstract

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Tumori

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Il progetto  Onfoods in prehistory ha voluto comprendere e ricostruire l’eredità di una agricoltura sostenibile nata nella preistoria, migliaia di anni, fa e in grado oggi di rappresentare un modello di riferimento. E lo ha fatto con particolare attenzione alla condivisione di questi valori con un pubblico più ampio possibile, sottolineando quanto si può imparare dalla ricerca archeologica e dalle comunità dell’età del Bronzo in termini di alimentazione sostenibile. Ce ne parla il gruppo di ricerca che ha portato avanti il progetto.

Nell'immagine: attività di archeologia sperimentale dimostrativa con cottura di una zuppa di lenticchie e una di roveja, con ceramiche riprodotte sperimentalmente sulla base dei reperti ceramici del villaggio dell’età del Bronzo di Via Ordiere a Solarolo (RA).

Pluridecennali ricerche sul campo, condotte da Maurizio Cattani, docente di Preistoria e Protostoria dell’Università di Bologna, e dal suo team, hanno permesso di riconoscere nell’Età del Bronzo il momento in cui si è definito un profondo legame tra la conoscenza del territorio e la sostenibilità della gestione delle sue risorse. Questa caratteristica ha infatti consentito alle comunità dell’epoca di prosperare, dando vita a villaggi sempre più stabili e duraturi nel corso del tempo.