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Il contatto linguistico per indagare civiltà perdute

Mappa etnografica dei Balcani del cartografo Ernst Ravestein (1834-1913). Fonte: Wikipedia, the free encyclopedia. Dominio pubblico in Europa e USA (PD-1923)

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Immaginate che due civiltà, abbastanza vicine l'una all'altra nello spazio della geografia, e sostanzialmente contemporanee, presentino delle caratteristiche in comune che sono così particolari da rendere improbabile che dipendano da una poligenesi casuale, ossia che difficilmente siano nate per caso da ceppi diversi. Quali spiegazioni può trovare lo storico dell'antichità in casi come questo? Le due civiltà, innanzitutto, potrebbero essere nate da un'unica civiltà precedente, e avere entrambe ereditato le caratteristiche che hanno in comune. Oppure, potrebbero aver sviluppato queste caratteristiche a causa di condizioni analoghe, di tipo sociale o ambientale. O ancora, esiste la possibilità che si siano influenzate a vicenda. Questi tre scenari portano a risultati molto simili, ma muovono da premesse molto diverse, e riuscire a distinguerli è questione della massima importanza per l'indagine delle culture agli albori della storia. Il problema è reso particolarmente intricato dal fatto che la definizione dei tratti caratteristici di una civiltà è un'impresa complicatissima, basata su definizioni qualitative e spesso incline a conclusioni provvisorie e poco falsificabili.

La faccenda, però, cambia aspetto quando si parla di contatto tra lingue. Quando a interferire tra loro sono le lingue di popolazioni limitrofe, il tipo di "traccia" che l'una lascia sull'altra è in grado di dirci moltissimo sul tipo di relazioni che intercorrono tra i parlanti delle comunità coinvolte. Ad esempio, una lingua popolare influenzerà una lingua di prestigio in certi modi e non in altri. E ancora, ambienti bilingui o multilingui producono effetti diversi da quelli che si riscontrano in aree di confine o di interfaccia.

Prendiamo due esempi. Difficile dire se il mito dell'uccisione del drago nelle civiltà indo-europee sia un tratto culturale ereditario o se sia nato a causa di contatti in età storica tra le culture dell'Egeo o dell'Anatolia. A dirla tutta, visto che i serpenti di grandi dimensioni non sono considerati molto simpatici dalla maggior parte dei primati, è difficile anche escludere che il topos letterario sia così banale da poter essere emerso in diverse civiltà in maniera indipendente. Ma se in mezzo a lingue semitiche occidentali dotate di articolo determinativo ce n'era una e una soltanto che non ne faceva uso, e veniva parlata molto vicino a regioni in cui si parlavano lingue anatoliche prive di articoli, ecco che le probabilità di un'influenza linguistica, e dunque culturale, diretta e fortissima, diventano molto elevate.

La sfida del mio progetto, PALaC (Pre-Classican Anatolian Languages in Contact, vincitore di ERC Starting Grant nel 2017)  consiste nell'usare il contatto tra lingue per indagare la geografia linguistica, storica e culturale di una delle aree più interessanti del mondo antico, l'Anatolia pre-classica, tra il XX e il IV secolo a.C. Per Anatolia pre-classica si intende una macro-regione che coincide in larga parte con l'odierna Repubblica di Turchia, cui vanno aggiunte alcune aree confinanti, come la Siria settentrionale, le cui culture, anticamente, erano fortemente influenzate da quelle anatoliche in senso stretto.
 

Lingue senza parlanti


La sfida, però, è anche metodologica. Perché le metodologie di indagine del contatto linguistico sono state sviluppate lavorando su lingue moderne. E se io studiassi le interferenze tra tedesco e italiano nel Tirolo, potrei verificare le mie conclusioni intervistando dei parlanti. I parlanti ittiti, l'ultimo dei quali deve essere morto circa 3100 anni fa, hanno la cattiva abitudine di non rispondere alle mie domande. Per applicare i metodi di analisi linguistica necessari allo svolgimento delle nostre ricerche, io e i miei collaboratori dobbiamo dunque individuare criteri validi per distinguere, in lingue attestate solo in documenti scritti migliaia di anni fa, i segni del contatto linguistico da altri fenomeni per noi irrilevanti (come il normale mutamento diacronico, o, banalmente, l'errore di uno scriba). Per farlo, operiamo simultaneamente sui piani della storia del Vicino Oriente antico, della filologia, della linguistica teorica e della sociolinguistica, con una rete complessa di approcci interdisciplinari.


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