fbpx Rivoltata come un calzino | Scienza in rete

Rivoltata come un calzino

Primary tabs

Read time: 2 mins

La dettagliata mappatura della distribuzione degli elementi chimici nel resto di supernova Cassiopea A ha permesso di scoprire che le parti più esterne dell'involucro sono ricche di elementi che in origine occupavano le regioni più interne della stella destinata a esplodere come supernova.

Lo studio, portato a termine da Una Hwang (Goddard Space Flight Center) e J. Martin Laming (Naval Research Laboratory) e di prossima pubblicazione su Astrophysical Journal, è stato possibile grazie alle osservazioni nel dominio X dell'osservatorio orbitante Chandra. Si tratta della più completa e dettagliata mappatura dell'emissione X mai realizzata per un residuo di supernova.

Dai dati emerge che la maggior parte del ferro individuato risiede nell'involucro più esterno di Cas A, mentre sia le osservazioni di Chandra che quelle nell'infrarosso raccolte dal telescopio Spitzer escludono la sua presenza nella regione centrale. Fatto anomalo, dato che proprio in quella regione centrale, stando ai modelli evolutivi stellari, la catena delle reazioni nucleari si sarebbe conclusa con la produzione di ferro. L'esplosione della supernova, dunque, avrebbe letteralmente rivoltato la stella su se stessa, uno scenario confermato anche dalla distribuzione di altri elementi quali silicio, zolfo e magnesio.

Gli astronomi hanno stimato che la massa del materiale di Cas A coinvolto nell'emissione X sarebbe di circa 3 masse solari. Le osservazioni hanno inoltre permesso di individuare la presenza di veri e propri agglomerati di ferro praticamente puro (in totale ve ne sarebbe una quantità pari a circa 0,13 masse solari), prova che la sua origine è da ricercare nelle reazioni nucleari della stella.

Chandra X-Ray ObservatoryResearch paper (arXiv)

Autori: 
Sezioni: 
Astrofisica

prossimo articolo

Pubblicare in medicina: un libro sui problemi (e le possibili soluzioni) dell'editoria scientifica

Un’industria ipertrofica cresciuta a spese dei meccanismi di produzione culturale della scienza. Un’industria dai profitti enormi e senza margini di rischio, capace di farsi credere indispensabile da chi la ingrassa credendo di non avere alternative. Il libro di Luca De Fiore, documentatissimo e spietato, procede per quattordici capitoli così, con un’analisi di rara lucidità sui meccanismi del, come recita lo stesso titolo, Sul pubblicare in medicina. Con il quindicesimo capitolo si rialza la testa e si intravede qualche possibile via d’uscita. Non facile, ma meritevole di essere considerata con attenzione soprattutto da chi, come ricercatore, passa la vita a “pubblicare in medicina”, o a cercare di.

A spanne il problema lo conosciamo tutti. Per fare carriera, un ricercatore ha bisogno di pubblicazioni. Le pubblicazioni, per definizione, devono essere pubblicate, e a pubblicarle sono le riviste scientifiche. Ma siccome, dicevamo, il ricercatore ha bisogno di pubblicare, i suoi articoli li regala alla rivista, anzi li manda speranzoso di vederli in pagina.