Ad armare la mano del gene responsabile di circa la metà dei casi clinici di sindrome del QT lungo, chiamato KCNQ1, è un altro gene, in sigla KCNQ1. La diversa penetranza del primo dipende infatti, almeno in parte, dalla presenza di varianti comuni dell'altro, che nelle persone normali inducono solo un lieve e ininfluente allungamento dell'intervallo QT all'elettrocardiogramma, ma che insieme ai difetti del primo fanno raddoppiare il rischio di sincope e morte improvvisa. L'effetto letale dell'associazione è stato individuato, con il sostegno di Telethon, dai ricercatori guidati da Peter Schwartz, dell'Università di Pavia, in collaborazione con un gruppo internazionale, in una popolazione preziosa per i genetisti: 500 sudafricani discendenti da un unico progenitore olandese, giunto a Cape Town nel 1690. In questa famiglia ben 205 persone presentano una mutazione a carico del gene KCNQ1, identica a quella del loro antenato. Eppure, a parità di difetto genetico, il 20-30 per cento non ha aritmie. A scatenarle sarebbe la presenza di varianti patologiche nel gene modificatore.
Circulation pubblicato online il 12 ottobre 2009 doi: 10.1161/CIRCULATIONAHA.109.879643
