fbpx Fortuna e vista acuta | Scienza in rete

Fortuna e vista acuta

Primary tabs

Read time: 2 mins

Per la prima volta è stato possibile effettuare una misura diretta della luminosità e delle dimensioni di regioni di formazione stellare distanti 10 miliardi di anni luce. L’incredibile traguardo è stato possibile grazie alla fortunata scoperta del telescopio APEX, che ha colto al volo un favorevole allineamento cosmico e il conseguente effetto di lente gravitazionale.

Progettato per osservare a lunghezze d’onda submillimetriche, il telescopio APEX (Atacama Pathfinder Experiment) si trova ai 5100 metri di quota dell’arido altopiano cileno del Chajnantor, nel più alto sito di osservazione astronomica al mondo. Qualche tempo fa, osservando con APEX un ammasso di galassie posto a 4 miliardi di anni luce, Mark Swinbank (Durham University) e il suo team hanno scoperto una galassia insolitamente brillante.

Cercando la causa di quella luminosità, gli astronomi hanno visto che la galassia, battezzata SMM J2135-0102, benché appaia allineata con l'ammasso, in realtà si trova 6 miliardi di anni luce più lontano. Situazione ideale perché si verifichi un potente effetto di lente gravitazionale.
E' stato così possibile rivelare dettagli senza precedenti per una galassia collocata a quell'incredibile distanza, riuscendo persino a valutare dimensioni e luminosità di alcune regioni di formazione stellare.

Le osservazioni hanno confermato che le dimensioni di tali regioni sono molto simili a quelle che si osservano nella Via Lattea, ma la loro luminosità è centinaia di volte più intensa. Nel loro studio, pubblicato in questi giorni su Nature, Swinbank e collaboratori stimano che SMM J2135 stia producendo stelle al ritmo di 250 masse solari all'anno: una produzione 25 volte più intensa di quella che si osserva in galassie come la nostra.

ESO - Research paper

Autori: 
Sezioni: 
Astronomia

prossimo articolo

La Valle dei dinosauri ritrovata nel Parco dello Stelvio

parete di roccia

Nel cuore delle Alpi, a 2500 metri di quota, si conserva la memoria di un mondo perduto. Pareti quasi verticali di Dolomia Principale, un tipo di roccia sedimentaria, custodiscono migliaia di impronte lasciate 210 milioni di anni fa da dinosauri erbivori che camminavano lungo le rive di un mare tropicale ormai scomparso. Una scoperta eccezionale, avvenuta nel Parco Nazionale dello Stelvio, che apre una finestra senza precedenti sul Triassico europeo e sulla vita sociale dei primi grandi dinosauri.

Prima della formazione delle Alpi, qui esisteva un paesaggio incredibilmente differente. Immaginate una distesa tropicale pianeggiante, lambita dalle acque di un oceano poco profondo e ormai scomparso che oggi chiamiamo Tetide, con un clima che non aveva nulla a che vedere con le vette gelide di oggi. Proprio in questo luogo tanto diverso dall’attualità, 210 milioni di anni fa, il fango soffice ha registrato il passaggio di svariati giganti: si trattava di prosauropodi, dinosauri erbivori dal collo lungo, che si muovevano in branchi lungo le rive di un'antica piattaforma carbonatica.