fbpx Elefanti e formiche | Scienza in rete

Elefanti e formiche

Primary tabs

Read time: 2 mins

Un'efficiente simbiosi tra acacie e formiche non solo proteggerebbe gli alberi dalla voracità degli elefanti, ma contribuirebbe a garantire alla savana africana un corretto equilibrio tra foresta e prateria.

Sembra proprio che la classica immagine dell'elefante terrorizzato da un minuscolo topolino debba essere aggiornata. Secondo lo studio di Todd Palmer (University of Florida) e Jacob Goheen (University of Wyoming) pubblicato sull'ultimo numero di Current Biology, al topolino sarebbe meglio sostituire una formica. I due ricercatori hanno infatti scoperto che i pachidermi sono particolarmente attenti nella scelta degli alberi di acacia cui attingere per i loro banchetti, evitando con cura quelli sulle cui fronde prosperano i minuscoli insetti. Minuscoli, ma terribili se a frotte si arrampicano con fare minaccioso all'interno della proboscide.

Dietro a tutto ciò vi è il profondo legame simbiotico tra una particolare specie di acacia (Acacia drepanolobium) e le colonie di formiche del genere Crematogaster: da un lato gli insetti possono cibarsi del dolce nettare degli alberi, dall'altro costituiscono una efficace difesa contro i devastanti assalti degli elefanti in cerca di cibo.

Lo studio, però, sottolinea anche una conseguenza a più ampio respiro. Il ruolo di protezione delle acacie esercitato dalle formiche, infatti, sarebbe importante anche per il mantenimento del delicato equilibrio che governa la savana, ambiente in cui foresta e prateria si contendono la supremazia con ogni mezzo. Oltre a tener conto della siccità, degli incendi, della chimica del suolo e della necessità di cibo dei grossi erbivori, insomma, bisognerà ora considerare anche la capacità di autodifesa messa in campo dalle acacie.

University of Florida - ScienceNow

Autori: 
Sezioni: 
Luoghi: 
Zoologia

prossimo articolo

Misurare l’energia della biodiversità per la salute degli ecosistemi

elefanti nella savana

Una nuova ricerca rivela che il flusso di energia che attraversa le reti alimentari africane si è ridotto di quasi due terzi dall’epoca preindustriale. Capire come l’energia scorre negli ecosistemi permette di leggere in anticipo segnali di degrado e orientare strategie di conservazione più efficaci.

Biodiversità significa non solo ricchezza e abbondanza delle forme di vita in un luogo, ma anche delle relazioni che esse intessono tra loro. La vita chiama vita, una specie crea i presupposti per l’esistenza di altre, la rete di connessioni e interazioni  dà forma e funzione agli ecosistemi.  Misurare le relazioni consente dunque di valutare lo “stato di salute” delle comunità biologiche e fornire una diagnosi precoce dei problemi ambientali, che possono insorgere ben prima che una specie si estingua. È però un compito tutt’altro che semplice.