fbpx Essere umani: le differenze di genere tra natura e cultura | Scienza in rete

Essere umani: le differenze di genere tra natura e cultura

Primary tabs

Read time: 3 mins

Marte e Venere, bianco e nero, yin e yang. Da che mondo è mondo, il genere umano è diviso in due.
Alcune differenze sono temporanee, altre definitive. Ma ce n’è una che non è mai cambiata e che mai cambierà: quella tra maschio e femmina.
La necessità per Homo sapiens di riprodursi e trasmettere i propri geni alla generazione successiva – o, come direbbe qualcuno, la necessità per i suoi geni di sopravvivere e trasmettersi – ha condotto, in buona parte degli esseri viventi, alla nascita di due generi sessuali ben distinti. Nel caso umano, data l’esistenza di una vera e propria cultura (probabilmente presente anche tra gli altri grandi primati, ma certamente non allo stesso livello), tale separazione ha portato a conseguenze di natura profonda in quasi tutti gli ambiti della vita.

Non è facile districarsi nel labirinto delle migliaia di ricerche che, nel corso dei decenni, hanno cercato di spiegare le differenze tra i generi su base scientifica.
Un ambito particolarmente interessante è quello dei fattori biologici. Di volta in volta, sono state messe in campo cause di tipo evolutivo, genetico e ormonale. Spesso influenzate dalle posizioni ideologiche di chi ha studiato la contrapposizione, vera o presunta, tra le due metà del cielo.
Oltre alle ovvie differenze fisiche e fisiologiche, si è provato a dimostrare che uomini e donne sono diversi nella struttura biologica di base del sistema nervoso centrale.

Una precoce differenza biologica che potrebbe avere conseguenze sul comportamento di ragazzi e ragazze attiene al diverso schema di secrezione degli ormoni sessuali, che avviene nella fase prenatale e subito dopo il parto. Secondo gli studi dello psicologo John Archer, ad esempio, la secrezione di ormoni androgeni, come il testosterone, nei maschi comporta una maggiore propensione ad attività caratterizzate da un coinvolgimento fisico aggressivo.1
Altre teorie sostengono invece che la differente esposizione ormonale in queste fasi, fin durante la pubertà, sarebbe alla base della diversa specializzazione dei due emisferi cerebrali nei maschi e nelle femmine.
Nei primi ci sarebbe una prevalenza di quello destro, con la conseguenza di una maggiore competenza in attività visuali, nelle seconde una prevalenza di quello sinistro, con la conseguente migliore prestazione in attività verbali. 2

C’è poi un approccio di tipo evolutivo, secondo cui le differenze di genere sarebbero dovute alle pressioni selettive che si sono esercitate durante la storia dell’evoluzione umana. Chi lo sposa sostiene che le femmine abbiano avuto, fin dalle origini della nostra specie, un maggior coinvolgimento nella riproduzione e nell’accudimento della prole, mentre i maschi siano da sempre stati portati per la caccia e l’esplorazione dell’ambiente.
Dominazione degli uomini e subordinazione delle donne sarebbero, dunque, nati da primitivi schemi di comportamento, che porta(va)no il sesso “forte” a controllare l’accesso alle risorse di quello “debole”.  Da qui deriverebbe, ad esempio, la migliore capacità di comunicazione linguistica ed emotiva di quest’ultimo. 3

Tuttavia, non è solo questione di biologia. O almeno, così sostengono i fautori dell’approccio centrato sulla socializzazione.
Lo sviluppo psicologico, sin da bambini, è influenzato secondo loro in modo decisivo dall’interazione tra l’individuo e l’ambiente culturale in cui vive. I genitori, in particolare, ricoprono un ruolo fondamentale: secondo la teoria dell’apprendimento sociale, infatti, l’acquisizione di certi comportamenti avviene per osservazione o per imitazione di modelli; la prestazione di un bambino o di una bambina rispetto a un compito è pertanto influenzata dalla percezione di quel compito come appropriato o meno al proprio genere.
È qui che entra in gioco lo stereotipo: nonostante la politically correctness che domina le società contemporanee, atteggiamenti o azioni che non vengono solitamente considerati adatti a un genere sono ancora visti come devianti e “contro natura”.

Note
1 Archer, John. “The influence of testosterone on human aggression”, British Journal of Psichology (1991). Vol. 82:1-28.
2 Breedlove, S. Marc. “Sexual Differentiation of the Human Nervous System”, Annual Review of Psychology (1994). Vol. 45: 389-418.
3 Smuts, Barbara. “The evolutionary origins of patriarchy”, Human Nature (1995). Vol. 6: 1-32.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Alimentazione sostenibile: imparare dalla preistoria

Dimostrazione cottura preistorica

Il progetto  Onfoods in prehistory ha voluto comprendere e ricostruire l’eredità di una agricoltura sostenibile nata nella preistoria, migliaia di anni, fa e in grado oggi di rappresentare un modello di riferimento. E lo ha fatto con particolare attenzione alla condivisione di questi valori con un pubblico più ampio possibile, sottolineando quanto si può imparare dalla ricerca archeologica e dalle comunità dell’età del Bronzo in termini di alimentazione sostenibile. Ce ne parla il gruppo di ricerca che ha portato avanti il progetto.

Nell'immagine: attività di archeologia sperimentale dimostrativa con cottura di una zuppa di lenticchie e una di roveja, con ceramiche riprodotte sperimentalmente sulla base dei reperti ceramici del villaggio dell’età del Bronzo di Via Ordiere a Solarolo (RA).

Pluridecennali ricerche sul campo, condotte da Maurizio Cattani, docente di Preistoria e Protostoria dell’Università di Bologna, e dal suo team, hanno permesso di riconoscere nell’Età del Bronzo il momento in cui si è definito un profondo legame tra la conoscenza del territorio e la sostenibilità della gestione delle sue risorse. Questa caratteristica ha infatti consentito alle comunità dell’epoca di prosperare, dando vita a villaggi sempre più stabili e duraturi nel corso del tempo.