fbpx Tanto allarme per nulla? | Scienza in rete

Tanto allarme per nulla?

Primary tabs

Read time: 3 mins

eruzioneSecondo il CNR "il livello di polveri giunto sui cieli italiani è davvero poco rilevante e assolutamente non preoccupante. L'emergenza in Italia è stata creata per mancanza di informazioni e di stazioni di rilevamento in alta quota che avrebbero potuto misurare la situazione con maggior precisione". La grave accusa viene lanciata dai del Consiglio nazionale delle ricerche che, grazie agli strumenti del Laboratorio Ottavio Vittori al Monte Cimone dell’ISAC CNR, dove sorge una delle stazioni di monitoraggio della rete Share promossa dal Comitato EvK2Cnr, ha stabilito che le ceneri del vulcano giunte nei cieli italiani sono molto inferiori alle polveri del deserto che tante volte hanno investito l'Italia: si parla di una concentrazione di PM10 di circa 25 microgrammi al metro cubo, dove il limite europeo è a 50. In Inghilterra, invece, i valori si attestavano intorno ai 350. “Tutte le decisioni di questi giorni sono state prese in assenza di misure empiriche, non c’era nessuna prova che la nube fosse effettivamente sui cieli italiani” aggiunge Guido Visconti, direttore del Cetemps de L’Aquila.

Il Laboratorio Ottavio Vittori dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del CNR, che ospita la stazione Share del tutto simile a quella installata ad oltre cinquemila metri di quota, presso il Laboratorio-Osservatorio Piramide dell'Everest, ha iniziato soltanto ieri mattina a percepire qualche variazioni nel livello di polveri nell'atmosfera.

"Solo ieri mattina, con il giramento dei venti che ora soffiano da nord, abbiamo iniziato a rilevare incrementi nella quantità di particelle grossolane e fini" spiega Paolo Bonasoni, Isac-Cnr, responsabile progetto Share e Laboratorio Ottavio Vittori. Queste variazioni mettono in evidenza il passaggio della nube. Di fronte all’allarme creato in questi giorni, risulta evidente l'importanza di avere una rete di stazioni di monitoraggio atmosferico in alta quota. Se ci fosse una rete di stazioni completa sulle Alpi e gli Appennini probabilmente questo tipo di emergenze potrebbero essere gestite meglio grazie a una maggior disponibilità di osservazioni e di quantità di dati sui quali basare decisioni gravi come quelle della chiusura degli aeroporti".

Così, mentre i vari scali aerei stanno tornando in funzione - con un bilancio di oltre 95mila voli cancellati e una perdita totale di circa 1,2 miliardi di dollari - eslode la polemica in Italia. Le autorità aeree, secondo i ricercatori dell'ISAC CNR, avrebbero agito sull'onda di decisioni probabilmente sensate in Gran Bretagna e in altri paesi nordeuropei, ma non in Italia. Troppo allarme per nulla, quindi? Decisioni prese per eccesso di precauzione, senza verifiche emipiriche? Così parrebbe.

"Lunedì mattina intorno alle 11 ora italiana la nube si trovava tra i 2000 e i 3000 metri di quota circa. Poi in giornata, tra le 16 e le 17 la nuvoletta si è sollevata intorno ai 3000 metri per poi disperdersi un po' nelle ore più calde" dice Massimo del Guasta, Istituto Fisica Applicata Ifaa-Cnr (Firenze). "E' una nube molto molto debole, visibile solo attraverso gli strumenti di misurazione più precisi. Niente di comparabile per esempio anche rispetto a una di polveri sahariane che siamo abituati a vedere. Nella notte si è intensificata ma, per quello che abbiamo visto noi dal cielo sopra Firenze, ieri erano livelli davvero infimi e assolutamente non preoccupanti".

"C’è una doppia considerazione da fare riguardao all’interruzione dei voli", commenta Agostino Da Polenza, presidente Comitato EvK2Cnr, promotore del progetto Share. "Una riguarda l’ingegneria aeronautica ed è competenza degli esperti del settore. L’altra riguarda la fisica e la chimica dell’atmosfera. In questo campo è ormai evidente che la scarsità di dati e di osservazioni atmosferiche ha contribuito a un allarme che almeno da questo punto di vista è ingiustificato. La rete italiana di stazioni di monitoraggio sarà preziosa per la valutazione di questo tipo di fenomeni, oltre che per il monitoraggio dell’inquinamento in aree remote”.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

I numeri dei grandi carnivori in Europa

lupo

Il trend dei grandi carnivori in Europa è positivo: negli ultimi sei anni la maggior parte delle popolazioni di lupi, orsi, linci, sciacalli e ghiottoni è stabile o in aumento. Un dato positivo per la conservazione di questi carismatici animali, un tempo a rischio di estinzione, e al contempo un ritorno controverso che apre spesso accesi dibattiti. Tra questi il declassamento del livello di protezione del lupo nella Convenzione di Berna.

Foto di Pixabay da Pexels

In Europa vivono sei specie di grandi carnivori: orso, lupo, lince eurasiatica, lince iberica, ghiottone e sciacallo dorato.