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Usiamo i virus per difendere le piante

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Batteriofagi adesi alla superficie di un batterio osservati al microscopio elettronico. Credit: Robert G. Milne

Usare i virus per difendere le piante da agenti patogeni come funghi e batteri anziché i pesticidi? È un'idea che si sta sempre più diffondendo ma che presenta anche problemi di accettabilità sociale e di sicurezza ambientale. I virus, infatti, benché per buona parte innocui, sono associati dalla popolazione a malattie ed epidemie, quindi non proprio i candidati ideali per fungere da fulcro di una strategia biotecnologica di difesa delle piante.

Per questo ha preso il via lo scorso 20 giugno il progetto europeo Viroplant. L'obiettivo è di sfruttare la diversità genetica largamente inesplorata dei virus che infettano gli agenti patogeni e gli insetti parassiti di frutti e colture vegetali economicamente importanti, al fine di sviluppare strumenti mirati di controllo biologico altamente specifici e basati su elementi naturali.

Verranno affrontate in particolare due malattie chiave per il contesto agro-alimentale italiano, la flavescenza dorata della vite, trasmessa dalla cicalina Scaphoideus titanus, e il cancro batterico del kiwi. Ma anche Oidio e Peronospora della vite, malattie che richiedono molti interventi chimici. 

Sintomi di flavescenza dorata in viti della cultivar Freisa. Credit: Cristina Marzachi, IPSP-CNR

Virus benefici

Da oltre 25 anni le ricerche sui virus stanno raccogliendo prove sul ruolo positivo che questi hanno nel mantenimento dell’ecosistema1, come per esempio nei cicli vitali dell’oceano, dal controllo delle popolazioni ospiti alle funzioni di rigenerazione, immagazzinamento ed esportazione del carbonio e di altri nutrienti. Sono inoltre oggetto di studio le relazioni simbiotiche mutualiste tra il virus e l’ospite, che consentono a quest’ultimo di ottenere un livello più alto di resistenza alle perturbazioni esterne e di ridurre la carica virale di altri agenti patogeni2. I virus sono dunque uno dei driver dell’evoluzione microbica e presentano un potenziale formidabile come strumenti biotecnologici, dalla terapia genetica alla produzione dei vaccini e alla rimozione mirata dei patogeni.

Una ricerca sostenibile e responsabile

Nell’ambito fitosanitario un impiego dei virus potrebbe venire incontro alle crescenti richieste dei consumatori di prodotti che non contengano residui dei trattamenti agricoli. Infatti, da anni, dall’Unione Europea sino ad alcune realtà locali, è riscontrabile un generale ripensamento critico nell’uso dei pesticidi e del rame per il trattamento delle malattie delle piante. Segno, questo, di un’accresciuta sensibilità nei confronti dell’ecosistema da parte delle istituzioni, del pubblico e dei produttori. Per questo il progetto si colloca nel filone Responsible Research & Innovation (RRI), espressamente rivolto ad “anticipare e valutare le implicazioni potenziali e le aspettative sociali nei confronti della ricerca e dell’innovazione, al fine di promuovere modelli di ricerca e innovazione inclusivi e sostenibili”.

Il rischio di una percezione distorta

Occuparsi di virus non con la finalità di distruggerli ma con quella di utilizzarli come alleati potrebbe portare a qualche resistenza da parte di non esperti della materia. Il progetto potrebbe configurarsi, in altre parole, come un caso di scienza proibita (forbidden science), come è stato per esempio nel caso del nucleare o degli OGM, il cui danno maggiore consiste principalmente in una frattura nel rapporto tra scienza e società, in una sfiducia gravida di conseguenze politiche ed economiche, in termini di mancato profitto e ritardo nell’innovazione.

Per far fronte a questa eventualità sarà esplorata la dimensione della percezione e accettabilità del rischio, indagando possibili specificità di genere legate al concetto di cura, come si è visto recentemente nel movimento delle mamme antivax. Per essere il più possibile inclusivi, nel partenariato saranno coinvolte associazioni di produttori e fornitori di servizi in agricoltura, ma anche cittadini saranno chiamati a partecipare al progetto. Accanto a tutto ciò, Viroplant produrrà anche un’analisi approfondita dei rischi ambientali, delle restrizioni normative e delle opportunità di mercato, per valutare le possibilità di commercializzazione di questi nuovi prodotti in accordo con l’accettabilità pubblica dell’innovazione.

Con un budget di 3 milioni di euro, il progetto coinvolge diciassette partecipanti da nove paesi europei, tra cui diverse università, centri di ricerca pubblici e piccole medie imprese. Per l’Italia partecipano l’Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante del CNR nel ruolo di coordinatore del progetto, il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale e il Master in Comunicazione della Scienza e Innovazione Sostenibile (MaCSIS) dell’Università di Milano-Bicocca per indagare gli aspetti socio-comunicativi dell’impatto di un’innovazione biotecnologica sul rapporto scienza-società, e infine AGRION, fondazione per la ricerca, l’innovazione e lo sviluppo tecnologico dell’agricoltura piemontese è coinvolta con i propri centri sperimentali nelle aree delle province di Cuneo e Alessandria.

 

Per saperne di più:
1 Roossinck, M.J., 2011. "The good viruses: viral mutualistic symbioses". Nature Reviews Microbiology 9, 99-108.
2 Roossinck, M.J., Bazan, E.R., 2017. "Symbiosis: Viruses as Intimate Partners". Annual Review of Virology, Vol 4 4, 123-139.

 


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