Particolare tratto dall'opera "Circle limits with Butterlies" di Escher, 1950.
Cos'hanno in comune le opere della serie Limiti dell'artista olandese Maurits Cornelits Escher con le cellule tumorali? Secondo una ricerca appena pubblicata sulla rivista PNAS e condotta dagli scienziati del Center for Complexity and Biosystems dell'Università di Milano, sono le caratteristiche frattali, ossia la ripetizione su scale diverse del "paesaggio" in cui le cellule cambiano man mano che assumono caratteristiche di maggior aggressività.
Una delle principali sfide nel trovare un modo di combattere i tumori è la grande eterogeneità delle cellule che li compongono, perché ciascuna è leggermente diversa dall'altra. Come distinguere, allora, quelle che sono in grado di dare metastasi? Fino ad oggi, si sapeva che i tumori di origine epiteliale, i più diffusi, sono composti da tre tipi di cellule. Le prime sono le epiteliali, appunto, che sono differenziate e adese l'una all'altra. Nel tumore, però, una parte di queste cellule assume una forma diversa, perde l'adesione e acquista motilità: queste sono le cellule dette "mesenchimali" e rappresentano un preludio alla metastasi, proprio per la loro capacità di abbandonare la sede originale. La transizione tra un tipo e l'altro di cellula è un momento critico nello sviluppo dei tumori, perché le metastasi, che spesso non sono accessibili né localizzate in un unico punto, oltre che resistenti a terapie farmacologiche e radioterapiche, rappresentano la vera sfida della lotta al cancro. In questo paesaggio cellulare trova posto anche un terzo tipo di cellule, con caratteristiche miste tra le epiteliali e le mesenchimali.
Questo paesaggio è il quadro di Escher visto da lontano, quello noto fino ad ora, ed è qui che entrano in gioco i ricercatori del Center for Complexity and Biosystems. Gli scienziati milanesi hanno voluto ricostruire il paesaggio completo della popolazione delle cellule tumorali; per farlo, hanno innanzitutto sviluppato un raffinato sistema di indagine in grado di analizzare le singole cellule nella popolazione. Si tratta di un punto tutt'altro che scontato: "Quando si studia una popolazione cellulare, il problema è che c'è moltissimo rumore di fondo", spiega Caterina La Porta, coordinatrice dello studio, "per cui è molto difficile distinguere il singolo segnale. È un po' come quando qualcuno ti parla in una strada rumorosa: riesci a percepire la voce, ma sfuggono le singole parole e quindi il significato del discorso".
Una volta trovato il modo di separare i segnali delle singole cellule dal rumore di fondo, gli scienziati hanno potuto ricostruire la mappa delle cellule che costituiscono il tumore. È come se si fossero avvicinati al dipinto di Escher abbastanza da identificare anche le figure più piccole che vanno a riempire l'immagine. Il risultato ha rivelato una situazione ben più complessa di quella nota fino ad ora. Nel paesaggio composto dalle cellule tumorali, infatti, non sono presenti solo i tre tipi epiteliale, mesenchimale e intermedio, ma un'infinità di forme intermedie. Si tratta di un paesaggio che, come i Limiti di Escher, ha caratteristiche frattali, ossia una ripetizione dello stesso elemento su scale diverse.
"Questa scoperta non fa che evidenziare ulteriormente la plasticità dei tumori: avendo un'infinità di forme intermedie, è molto più facile per loro adattarsi all'ambiente, che selezionerà quelle più adatte a proliferare", spiega La Porta.
Il paesaggio, insomma, si è rivelato più ostile di quanto si pensasse. Questa, tuttavia, non è del tutto una brutta notizia: se conosci l'ambiente, in fondo, puoi almeno organizzarti per affrontarlo. "Avendo la situazione di partenza completa e non più parziale, possiamo fare proiezioni per sapere quali cellule avranno più probabilità di dare metastasi", spiega ancora La Porta, "e questi studi, che conduciamo anche noi, possono inoltre essere fatti in silico, in modo da velocizzare il processo".