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A tu per tu con la ricerca

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A tu per tu

I laboratori interattivi del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo Da Vinci. Foto per gentile concessione del Museo.

Dove andare a parlare di scienza con gli scienziati? Una possibilità interessante è il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo Da Vinci di Milano che, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Bio-Agroalimentari (Disba) del Consiglio Nazionale delle Ricerche, organizza una serie d'incontri in cui i visitatori potranno confrontarsi "a tu per tu" con i ricercatori, allo scopo di creare uno spazio di dialogo diretto tra il mondo scientifico e i cittadini. Uno spazio in cui i ricercatori potranno parlare del loro lavoro, a volte percepito come distante dalla quotidianità, e il pubblico potrà condividere i propri dubbi e curiosità, nonché il proprio punto di vista sulla ricerca scientifica. I temi affrontati saranno quelli dell'alimentazione, dell'agricoltura e della salute. Il programma è iniziato a fine novembre e si protrarrà fino alla fine del 2019, coinvolgendo, oltre agli ospiti del museo e i ricercatori, studenti e insegnanti, 

Formazione e dialogo per raccontare la ricerca

«Il progetto "A tu per tu con il CNR" ha lo scopo di creare diverse situazioni e strumenti per raccontare la ricerca del CNR, così da sensibilizzare i cittadini sia verso il lavoro del CNR nello specifico sia, più in generale, verso il lavoro dello scienziato», spiega Maria Xanthoudaki, direttrice Education and CREI (Centro di Ricerca per l'Educazione informale) del museo. «Per fare ciò, abbiamo scelto diverse modalità d'interazione. La prima è l'incontro del pubblico con i ricercatori nei nostri laboratori interattivi partendo da situazioni sperimentali, ossia cose che i ricercatori fanno realmente, così che il pubblico possa cominciare a entrare nei temi e possa porre domande che permettono di creare un legame e un confronto diretti con il ricercatore presente. Una seconda modalità d'incontro è lo speed-date, pensato per le scuole, in cui ricercatori e studenti possono conoscersi attraverso una serie di domande e risposte che abbiano un certo ritmo e velocità, in modo che più ragazzi possano parlare con diversi ricercatori».

Infine, gli incontri con gli insegnanti durante brevi corsi di formazione che prevedono la presenza di un esperto che tratta temi di ricerca d'attualità. «Sono quelli che chiamiamo "laboratori aperti" e rappresentano una forma d'aggiornamento. Li proponiamo sapendo che l'insegnante ha un ruolo molto importante come facilitatore dell'apprendimento, come la persona che può sensibilizzare i ragazzi verso le materie scientifiche e ha la possibilità d'incontrarli in modo continuativo», spiega Xanthoudaki.

Il primo di questi appuntamenti è stato tra il 24 e il 25 di novembre e ha coinvolto tre ricercatrici (Flavia Pizzi dell’Istituto di Biologia e Biotecnologia Agraria, Loredana Barbarossa e Raffaella Maria Balestrini dell’Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante) sui temi dei virus dannosi per l'agricoltura, la simbiosi tra piante e funghi e sul contenuto di alcuni formaggi italiani. Temi diversi da affrontare con un pubblico vario; e può non essere facile, per un ricercatore, dialogare con un pubblico comprendente dai bambini più piccoli agli adulti.

Costruire un rapporto di fiducia

Ecco perché, a monte degli incontri con il pubblico, i ricercatori che parteciperanno all'iniziativa sono stati coinvolti in due giornate di formazione organizzate dallo staff del museo, durante le quali si sono alternati momenti di discussione ad altri di attività pratica. «L'obiettivo del periodo di formazione non era quello di creare dei comunicatori, un'altra figura professionale. Noi abbiamo voluto lavorare sulla consapevolezza di cosa significhi confrontarsi con un pubblico non esperto e molto vario, quali siano le avvertenze e le particolarità di questo rapporto», racconta Xanthoudaki.

«I cittadini hanno il diritto di sapere cosa succede nei laboratori, chi svolge le attività e soprattutto perché si conducano determinate ricerche», spiega Aldo Ceriotti, direttore dell'Istituto di Biologia e biotecnologia agraria del CNR. «Il periodo di formazione è stato utile per conoscere alcuni degli strumenti per raccontare queste cose, molti dei quali sono basati su attività che coinvolgono il pubblico in modo diretto, permettendo così di conoscere il ricercatore e poter costruire anche un rapporto personale e consolidare la fiducia verso il mondo della ricerca. Questo crea in un certo senso una nuova modalità di dialogo che non si potrebbe realizzare con altri strumenti. Alla base di tutto ciò sta, ovviamente, un'azione che vorrebbe alimentare quella cultura scientifica di cui credo abbiamo sempre più bisogno per affrontare in maniera efficace i problemi che, nel caso specifico del settore agroalimentare, sono quelli della produttività, della lotta alla fame nel mondo, della nutrizione. La scelta di concentrarsi su questi temi si colloca sulla scia di EXPO 2015, tenutosi sempre a Milano e al quale il CNR aveva partecipato con diversi eventi; inoltre, i temi di agricoltura e alimentazione si collegano a tanti altri temi, dal cambiamento climatico a quelli delle nuove tecnologie, e si colloca quindi in un'area d'interesse diretto anche per il grande pubblico (basta pensare che tutti noi facciamo la spesa) e rappresenta quindi un'esperienza tangibile nella vita di tutti giorni, non un'attività relegata ai laboratori».

«Di fatto, in quest'iniziativa si mettono in comunicazione tre gruppi di attori: i ricercatori, gli operatori del museo e il suo pubblico», continua Ceriotti. «Ciascuno di loro può apprendere qualcosa dagli altri, e questo si è visto già durante il corso di formazione, che non è stato a senso unico: se da un lato il ricercatore ha potuto vedere come funziona la comunicazione del museo, gli operatori hanno potuto cogliere quelle che sono le esigenze comunicative del ricercatore, ciò che pensa sia importante estrarre dal suo bagaglio di conoscenze. Su tutto ciò s'inserirà il pubblico, ed è in questa triangolazione, strutturata in un progetto, che secondo me potranno nascere nuove idee e spunti sulla comunicazione. Non lo vedo quindi come un progetto che si chiude al termine delle attività previste, bensì come un esperimento del quale ci potrà essere una crescita congiunta di tutti gli attori in gioco per costruire nuove esperienze».

 


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