Si chiama beta-catenina e potrebbe
essere la chiave per sconfiggere o limitare gli effetti della depressione.
Questo, almeno, è il risultato che è stato ottenuto da uno studio
appena pubblicato sulla rivista Nature,
nel quale si è ottenuta una reversione dei disturbi con l’aumento di una
particolare proteina in una regione specifica del cervello.
La depressione è
un disturbo molto serio determinato da tanti fattori. L’evidenza è che, a
seguito di un lutto o un evento traumatico, non tutte le persone reagiscono
allo stesso modo. Alcune possono avere delle ripercussioni psicologiche e
fisiche molto gravi, altre riescono ad affrontare queste condizioni stressanti
e superarle. Come mai questa differenza?
Per cercare di
rispondere a questa domanda da tempo si cercano di capire i complessi
meccanismi neurologici che permettono ad alcune persone di affrontare
positivamente eventi traumatici. Questa capacità, chiamata resilienza, è stata
il centro di decenni di sforzi per tantissimi neuroscienzati, ma ha dato pochi
frutti. Oggi, con sempre maggiori conoscenze risulta ormai chiaro che esistono
fattori genetici e ambientali che interagiscono tra loro e determinano disturbi
come la depressione.
I ricercatori
del nuovo studio sono partiti dalla conoscenza di una regione cerebrale,
chiamata nucleus accumbens, che è coinvolta nei meccanismi di
dipendenza. Inoltre, per quanto a livello molecolare si sappia ben poco, è noto
che la proteina beta-catenina ha molte funzioni, come plasticità sinaptica e
trasmissione dei segnali all'interno delle cellule. E che più in generale essa
regola il funzionamento del sistema nervoso centrale e influenza gli stati di
malessere, compresa la depressione.
Nel lavoro, presentato
da ricercatori come Caroline Dias,
del Mount Sinai Hospital di New York, si è quindi analizzato a fondo un modello
di topi affetti da CSDS (chronic social defeat stress), cioè
stress cronico da sconfitta sociale, che è una forma di depressione. Per
ottenerlo si sono esposti degli individui maschi ad altri topi appartenenti a
un ceppo più forte a livello fisico. Nei normali scontri tra topi che si
susseguono dopo il contatto tra i topi dei due ceppi, quelli con CSDS escono
sempre sconfitti, causando in loro segni psicologici evidenti, come evitare
sistematicamente il contatto con altri topi. Questo meccanismo è molto simile a
quello che avviene anche nella depressione dell’umano.
A questo punto i
ricercatori hanno aumentato artificialmente i livelli di beta-catenina nella
regione nota per essere legata agli stati di malessere (cioè il nucleus accumbens) ed è stato scoperto
che il comportamento dei topi cambiava, a tal punto da diventare indistinguibile
da quello dei topi “normali” di
controllo.
Successivamente, si è cercato di capire come la beta-catenina fosse in grado di
favorire il recupero dallo stress e si è scoperto che l’effetto di reversione
non funzionava in particolari topi geneticamente modificati che non avevano un
enzima chiamato Dicer1, noto per essere implicato in meccanismi regolatori
importanti per le funzioni neuronali.
In questo studio
si è quindi riusciti a legare l’aumento di una proteina specifica in una
regione del cervello con la reversione di un disturbo depressivo, e a tempo
stesso capire quali altri attori importanti sono importanti per l’efficacia di
tale reversione.
Si tratta di una scoperta che ha ovviamente delle limitazioni, dal momento che esistono differenze tra depressione nel topo e nell’uomo, ma costituiscono un ottimo punto di partenza