fbpx Perchè dormiamo? Il mistero del sonno | Scienza in rete

Perchè dormiamo? Il mistero del sonno

Primary tabs

Tempo di lettura: 7 mins

“Chi è sveglio guarda a tutto il mondo, nel sonno ognuno si ripiega solo su sé stesso”, così scriveva Eraclito di Efeso, che considerava il sonno una via di mezzo tra la veglia e la morte.
Il sonno è una delle più importanti caratteristiche comportamentali dell’uomo e degli animali, ma non sappiamo ancora perché il dormire sia una necessità: 25 secoli dopo Eraclito il sonno è infatti ancora uno dei grandi misteri della Biologia. Si sa che il sonno inibisce le reazioni agli stimoli ambientali, che produce segnali elettrici caratteristici nel cervello, e che, a differenza degli svenimenti e del letargo, può essere facilmente interrotto.
Se lo si ostacola, l’uomo e gli animali sviluppano un “deficit” di sonno, che cercano di compensare appena possibile con sonni più lunghi e più intensi. Siccome la necessità di dormire è presente anche nelle mosche, negli scorpioni, negli scarafaggi, è pensabile che il suo sviluppo risalga a più di mezzo miliardo di anni fa.

I CIRCUITI  REGOLATORI DEL BISOGNO DEL SONNO

Ma come è nato il bisogno del sonno? Probabilmente dall’orologio interno Notte/Giorno che in tutte le creature viventi accoppia il metabolismo e il comportamento alla rotazione della Terra. L’orologio Notte/Giorno è presente già nei semplici batteri. In noi ad esempio si manifesta rendendoci mortalmente stanchi in pieno giorno ogni qualvolta superiamo alcune zone del fuso orario. Il nucleo centrale di questo orologio è un denso pacchetto di fibre e cellule nervose nella profondità del nostro cervello, nel quale geni si attivano e disattivano reciprocamente con una cadenza di 24,4 ore, regolando la produzione degli  ormoni  del sonno.
Questo “Orologio Centrale” ticchetta un po’ più lentamente del ciclo Notte/Giorno, ma viene  sincronizzato ogni giorno  su un ciclo di 24 ore da segnali luminosi dei nostri occhi. L’ orologio Notte/Giorno fa quindi sì che noi di note si dorma, e di giorno si sia attivi.
Le dimensioni e il formato del nostro bisogno di sonno sono però controllati da un secondo circuito regolatore, del quale però sappiamo ancora ben poco:  sappiamo però che questo decide che un neonato dorma fino a 17 ore al giorno, che uno scolaro di 6 anni ne dorma da 9 ad 11, e che un adulto ne dorma in media da 7 a 9. Nella vecchiaia il bisogno di sonno non diminuisce ulteriormente,  ma il sonno è generalmente più leggero, ed è spesso interrotto da periodi di veglia. 
Siccome nella nostra società occidentale  solo circa un adulto su due è in grado di  soddisfare completamente il bisogno di sonno, il deficit cronico di sonno è frequente. Questo influenza la capacità di comunicare, di decidere, di apprendere, e ha conseguenze sul metabolismo ormonale e sulla funzionalità del sistema immunitario.Nelle api, ad esempio, la privazione del sonno porta a irregolarità nella danza che indica alle compagne di alveare  la direzione di volo verso la sorgente di cibo, e negli uomini e negli animali il sonno assicura quello che va sotto il nome di la vitalità. Nei ratti e nelle mosche due-tre settimane di privazione del sonno portano a morte: gli animali sviluppano lesioni, e non si nutrono più. Non vi sono però ancora indicazioni sicure che la privazione prolungata del sonno sia mortale anche per l’uomo. Il bisogno di sonno varia molto da uomo a uomo, e potrebbe essere regolato geneticamente: i gemelli monovulari  sono identici nella necessità di sonno e nel suo formato mentre i gemelli biovulari non lo sono.

Solo circa il 5% degli uomini  funziona regolarmente con 6 ore di sonno. Qualche anno fa si è però trovata una famiglia in cui sia la madre sia la figlia dormivano solo 6,5 ore, mentre gli altri famigliari dormivano invece le 8 ore normali. E si è scoperto che sia nella madre che nella figlia un gene, battezzato dai ricercatori ”DEC2”,  era modificato. In topi resi transgenici con l’inserimento di questo gene umano modificato diminuiva il bisogno di sonno. Un gene simile al DEC2 si è trovato anche nel moscerino della frutta, nel quale è un componente dell’orologio Notte/Giorno. Da qui l’ipotesi avanzata dai ricercatori secondo la quale il circuito regolatore della necessità di sonno si sia sviluppato dall’orologio Notte/Giorno. Forse per i nostri lontani progenitori biologici era vantaggioso poter aggirare, grazie a questo nuovo circuito regolatore, la ferrea dittatura dell’orologio Notte/Giorno.

Ma il  comportamento del sonno negli uomini e negli animali non è controllato solo dal gene DEC2: molto probabilmente è regolato anche da dozzine, o addirittura centinaia, di altri geni. Due di essi influenzano la trasmissione di segnali nei neuroni delle mosche. Se si modificano o si distruggono, il bisogno di sonno delle mosche diminuisce, sino al punto da scomparire del tutto.
La scoperta dei  “Geni del Sonno” ha aperto uno spiraglio nella porta che conduce al mistero del sonno, ma occorrerà ancora molto tempo per individuare tutti i geni coinvolti, e per comprendere il loro funzionamento. Ma la scienza è paziente: quando mette il piede in una porta, non ne permette più la chiusura sino a quando l’avrà aperta del tutto, per scoprire  i segreti che racchiudeva.
Gli animali marini e gli uccelli dormono alternativamente solo con metà del cervello. Così le balene e i delfini possono emergere anche durante il sonno per respirare, e alcuni uccelli probabilmente “dormono” anche mentre volano: essi tengono aperto  solo l’occhio connesso con la metà del cervello che non dorme. E i delfini che “dormono” deviano verso il centro del branco, forse per impedire che singoli individui lo abbandonino  andando incontro a pericoli.

Perchè?

La maggior parte degli animali dorme però con entrambe le metà del cervello, ed è quindi esposta a maggiori minacce. Ci si può chiedere perché mai l’evoluzione non abbia  eliminato questi comportamenti pericolosi. Può ad esempio essere che durante il sonno il nostro cervello ricostituisca le reserve di energia? Si sa infatti che il nostro cervello è l’organo più affamato di energia: per quanto sia solo il 2% del peso corporeo, esso usa il 20% dell’energia del nostro corpo. Ma nel sonno, durante il quale normalmente sogniamo e muoviamo continuamente gli occhi dietro le palpebre chiuse, il nostro cervello non usa affatto meno energia, ne usa anzi di più.
Un’altra possibilità è che il cervello usi la fase di sonno per eliminare residui metabolici dannosi accumulati durante la fase di veglia. Nel sonno, le distanze tra le cellule nervose aumentano, il che potrebbe facilitare il “lavaggio” del cervello da parte del liquor cerebro-spinale che circola tra le cellule.
Ma la più interessante spiegazione del sonno propone che il cervello dormiente ripeta e consolidi quanto acquisito durante la fase di veglia, eliminando al tempo stesso quanto di ciò che si é acquisito è accessorio, non essenziale, per fare spazio a nuovi ricordi. Quando ci esponiamo a esperienze, o apprendiamo qualcosa, i nostri neuroni stabiliscono connessioni che si rinforzano con ogni ripetizione dell’esperienza o dell’apprendimento. Quando ad esempio un ratto impara la via per uscire da un labirinto, nel suo cervello centinaia di neuroni si scambiano segnali  elettrici di un certo ritmo, conservando  così l’informazione. Quando il ratto dorme, gli stessi neuroni ripetono continuamente il dialogo, e lo fanno in parte anche molto più rapidamente che nella fase di veglia. Il mattino dopo, il ratto che ha dormito ricorda quanto ha imparato, e trova la via d’uscita dal labirinto senza difficoltà. Se invece lo si sveglia durante la fase di consolidamento, dimentica la via. Sull’uomo queste ricerche  non  sono ancora conclusive, ma ci dicono che il sonno permette al nostro cervello di consolidare o eliminare nozioni acquisite durante la fase di veglia.

UN’ OSCURITA’ PIENA DI MISTERO

E  come stanno le cose con i nostri sogni ? Da sempre essi ispirano le nostre fantasie, ma  nascondono  ancora oggi molti misteri.  Come è noto, Sigmund  Freud  aveva  visto in essi  la possibilità di esplorare esperienze e desideri sconosciuti. Forse  però essi  nascono  solo da segnali elettrici nervosi casuali, che rappresentano circostanze ed eventi irrazionali e fantastici, che il nostro cervello poi elabora per quanto possibile costruendo storie dotate di un qualche senso.
Il sonno è un luogo-rifugio cui noi spesso aspiriamo quando lo stato di veglia ci mette sotto pressione. E la terra di nessuno tra sonno e veglia  può per contrasto presentarci un mondo meraviglioso, e promuovere associazioni illogiche, inaspettate, ma spesso  anche creative: può talvolta anche produrre idee nuove. L’oscurità di questo luogo-rifugio verrà rischiarata presto dalla luce della scienza?
Il famoso specialista del sonno William Dement ha espresso i suoi dubbi  al riguardo con queste parole: ”Per quanto ne so io, vi è un solo motivo sicuro per il nostro bisogno di dormire: ci viene sonno”. Probabilmente il regno del sonno custodirà la sua oscurità ancora a lungo.     


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Il soffocamento delle università e l’impoverimento del Paese continuano

laboratorio tagliato in due

Le riduzioni nel Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) limitano gli investimenti essenziali per università e ricerca di base: è una situazione che rischia di spingere i giovani ricercatori a cercare opportunità all'estero, penalizzando ulteriormente il sistema accademico e la competitività scientifica del paese.

In queste settimane, sul tema del finanziamento delle università e della ricerca, assistiamo a un rimpallo di numeri nei comunicati della CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane) e del MUR (Ministero della Università e della Ricerca). Vorremmo provare a fare chiarezza sui numeri e aggiungere alcune considerazioni sugli effetti che la riduzione potrà avere sui nostri atenei ma anche sul paese in generale.