fbpx La pandemia annunciata | Scienza in rete

La pandemia annunciata

Primary tabs

Tempo di lettura: 3 mins

Uno studio italiano aveva previsto il potenziale diffusivo dei virus del sottotipo H1N1, ma è stato penalizzato dai tempi di pubblicazione. Ritardi e incertezze nella valutazione di Science, cui in un primo tempo avevamo sottoposto la ricerca, ha fatto sì che la pandemia da H1N1 scoppiasse prima che si potesse facilmente dimostrare tale possibilità, di fatto fino a ieri negata dall'ambiente scientifico, per il quale una futura pandemia avrebbe riguardato un virus di un sottotipo diverso da quelli attualmente in circolazione. Secondo questo vero e proprio dogma, il nuovo virus pandemico umano non poteva essere del sottotipo H1 o H3 in quanto la popolazione umana, attraverso la vaccinazione o l'esposizione naturale ai virus influenzali umani stagionali (H3N2 e H1N1), ha un'immunità crociata nei confronti di tutti i virus di questi sottotipi (H1 ed H3), compresi i virus di questo sottotipo presenti nel serbatoio animale.

In realtà una ricerca italiana con sieri umani e virus animali, svolta prima che in Messico scoppiasse l'epidemia, aveva infranto questo dogma. È un vero peccato che alcuni ostacoli abbiano ritardato la pubblicazione dei risultati di questo lavoro, firmato da un team di ricercatrici guidato da chi scrive. La ricerca è stata condotta con fondi europei con la collaborazione di Elena Bertoli dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie di Padova, insieme a Elisa Vicenzi e Anna Kajaste-Rudnitski dell'Istituto Scientifico San Raffaele di Milano. Lo studio è da oggi (26 giugno 2009) disponibile su Plos Pathogens.

La domanda che ci siamo posti è la seguente: se il vaccino per l'influenza stagionale deve essere aggiornato ogni anno a causa della variabilità dei ceppi H1 e H3 umani, come è possibile che si escluda un virus H1 o H3 di origine animale come candidato pandemico? In considerazione di questo, è ragionevole pensare che i virus H1 e H3 presenti nel serbatoio animale possano passare la barriera di specie come avvenuto in passato e provocare l'insorgenza di un virus pandemico?

Per cercare una riposta sono stati utilizzati campioni di siero umano con titoli alti alla vaccinazione anti-influenza stagionale umana, cercando di capire se soggetti immuni ai virus H1 e H3 stagionali umani fossero altrettanto immuni a virus H1 e H3 di provenienza animale. I risultati hanno indicato chiaramente che i sieri ottenuti post-vaccinazione al vaccino dell'influenza stagionale non contengono anticorpi protettivi nei confronti dei virus animali. È quindi possibile che un nuovo virus pandemico umano sia di sottotipo H1 o H3.

Questa scoperta, che può apparire abbastanza ovvia, in realtà ha un impatto abbastanza significativo sulla politica della ricerca in questo campo e sulla produzione di vaccini. Infatti ad oggi nella lista di ceppi virali elencati dall'OMS come ceppi a partire dai quali produrre vaccini per una eventuale pandemia, non sono compresi né l'H1 né l'H3. Per questo abbiamo presentato in anteprima questi dati al meeting congiunto FAO, OIE OMS per il coordinamento delle attività che si è svolto a Parigi il 3 e il 4 febbraio di quest'anno. Questo lavoro è un forte segnale che bisogna investire in ricerca scientifica sulle malattie infettive e diffusive ed evidenzia l'importanza della stretta collaborazione fra medici e veterinari in questo campo.

Fonte: Plos Pathogens

La versione integrale del commento di Ilaria Capua sarà pubblicata sulla rivista Darwin (luglio-agosto 2009)

 

Articoli correlati

Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

La Valle dei dinosauri ritrovata nel Parco dello Stelvio

parete di roccia

Nel cuore delle Alpi, a 2500 metri di quota, si conserva la memoria di un mondo perduto. Pareti quasi verticali di Dolomia Principale, un tipo di roccia sedimentaria, custodiscono migliaia di impronte lasciate 210 milioni di anni fa da dinosauri erbivori che camminavano lungo le rive di un mare tropicale ormai scomparso. Una scoperta eccezionale, avvenuta nel Parco Nazionale dello Stelvio, che apre una finestra senza precedenti sul Triassico europeo e sulla vita sociale dei primi grandi dinosauri.

Prima della formazione delle Alpi, qui esisteva un paesaggio incredibilmente differente. Immaginate una distesa tropicale pianeggiante, lambita dalle acque di un oceano poco profondo e ormai scomparso che oggi chiamiamo Tetide, con un clima che non aveva nulla a che vedere con le vette gelide di oggi. Proprio in questo luogo tanto diverso dall’attualità, 210 milioni di anni fa, il fango soffice ha registrato il passaggio di svariati giganti: si trattava di prosauropodi, dinosauri erbivori dal collo lungo, che si muovevano in branchi lungo le rive di un'antica piattaforma carbonatica.