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Le notizie di scienza della settimana #105

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Il rover della NASA Curiosity ha rilevato grandi quantità di gas metano su Marte che potrebbero essere collegate alla presenza di organismi viventi sul pianeta. Nell'immagine: un selfie del rover Curiosity scattato a maggio del 2019 presso le rocce Aberlady and Kilmarie. Courtesy NASA/JPL-Caltech.

5G: tra scienza e pseudoscienza

Primi test per la rete 5G di Vodafone in Italia. Le antenne sono state accese all'inizio di giugno e in queste settimane sono stati fatti i primi test, da parte di giornalisti e blogger esperti di tecnologia. A Milano, come Roma, Napoli, Torino e una ventina di piccoli comuni del milanese, la rete è gestita da Vodafone. I test hanno confermato il sostanziale incremento della velocità di download, fino a 300 Mbps, circa il triplo rispetto a quella del 4G, e la diminuzione del tempo di latenza, che a regime raggiungerà i 5 ms contro i circa 30 ms del 4G. A beneficiare del 5G non saranno solo le persone connesse con smartphone ma anche, e soprattutto, l'Internet delle Cose (IoT), ovvero il sistema di sensori e dispositivi connessi a internet che nell'ultimo anno sono aumentati in numero e sono diventati più esigenti in termini computazionali. Per ora sono solo tre gli smartphone che possono collegarsi in 5G, ma Vodafone assicura che entro l'anno verranno abilitati anche altri dispositivi più economici. Per quanto riguarda la copertura geografica, il piano di Vodafone è quello di collegare le prime 100 città italiane entro il 2022. Oltre a Vodafone, anche TIM, Wind Tre, Fastweb e Iliad hanno acquistato dallo Stato le frequenze per l'infrastruttura di quinta generazione sborsando un totale di 6,5 miliardi di euro [Corriere della Sera; Luca Figini]

Ma alle opportunità si accompagnano le paure, in particolare per la salute. In Italia ha avuto un certo seguito la Alleanza Stop 5G, che sostiene che la nuova generazione di connessione wireless sia "un esperimento sulla salute di tutti noi". Grazie all'appoggio di alcuni parlamentari, il gruppo è riuscito a tenere una conferenza stampa in Senato per chiedere l'istituzione di una moratoria sull'impiego del 5G e a fine febbraio una serie di esperti sono stati ascoltati dalla Commissione per le telecomunicazioni della Camera nell'ambito di un'indagine conoscitiva sull'utilizzo della tecnologia 5G.

Ad argomentare in favore della tesi che il 5G costituisca un rischio per la salute è stata Fiorella Belpoggi dell'Istituto Ramazzini citando una coppia di studi, uno proprio e uno del National Toxicology Program statunitense, che hanno mostrato un rischio aumentato di tumore in ratti esposti alle radiazioni elettromagnetiche di frequenze utilizzate nel 2G e nel 3G.

La significatività dei due studi per il dibattito sul 5G è stata messa in discussione dagli esperti dell'Istituto Superiore di Sanità e dell'agenzia dell'OMS per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti. Il motivo è sostanzialmente che le potenze utilizzate nei due studi sono di gran lunga più elevate rispetto a quelle a cui siamo esposti per via di antenne e cellulari. In particolare, Alessandro Polichetti, dell'ISS, ha fatto notare che l'Agenzia europea per la ricerca sul cancro (IARC) classifica i campi elettromagnetici a radiofrequenza nel gruppo dei "possibili cancerogeni", ovvero quei fattori per cui si sospettano degli effetti dannosi ma non esistono ancora prove a riguardo. Non esistono, infine, studi epidemiologici sugli effetti del 5G sulla salute umana, ma le sue caratteristiche indicherebbero un rischio addirittura inferiore rispetto alle vecchie generazioni. La connessione 5G sarà infatti caratterizzata da frequenze più elevate di quelle attuali, nella regione dei 25-50 GHz, ovvero da lunghezze d'onda di alcuni millimetri. Le onde saranno dunque poco penetranti e necessiteranno dell'installazione di un sistema di celle molto più piccole e capillari rispetto a quelle attuali, le cosiddette small cells, che quindi permetteranno di utilizzare potenze più basse e quindi meno dannose (qui il resoconto stenografico dell'audizione) [La Repubblica; Alessandro Longo]

In generale il 5G sta diventando uno degli argomenti preferiti dei cospirazionisti del web. Il movimento anti-5G è nato nel 2018 in Olanda per opera di John Kuhles, un "ricercatore" esperto di UFO, che per primo ha attribuito la morte di 300 uccelli alle onde elettromagnetiche emesse dalle antenne 5G. Da quel momento sono nati tanti piccoli gruppi nazionali che animano le proteste contro i governi locali man mano che le reti 5G vengono accese in tutto il mondo. Secondo questi gruppi il 5G sarebbe responsabile di un rischio aumentato di sviluppare numerose malattie, tra cui tumori, infertilità, Alzheimer. A ben vedere, le paure intorno al 5G non sono nuove, ma anzi sembrano simili a quelle causate dalle vecchie generazioni di connessione mobile. Finora non esistono studi che attestino un legame tra queste tecnologie e lo sviluppo di tumori, ma le ricerche sul tema continuano. Nel frattempo, i social network sono l'ambiente di coltura ideale per questo tipo di teorie del complotto. Una società statunitense ha analizzato le conversazioni online riguardanti il 5G trovando che l'argomento più trattato è proprio il rischio per la salute [Wired; Sabrina Weiss]

Potrebbe invece essere concreto il rischio di interferenza con i satelliti meteo. All'inizio di maggio il direttore della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) Neil Jacobs in audizione davanti alla commissione scienza della camera USA ha lanciato l'allarme: se verranno messe all'asta frequenze nella banda dei 24 GHz si rischia di perdere il 30% dell'accuratezza nella previsione di tempeste e uragani. Il motivo è che i sensori utilizzati dalla NOAA per ottenere da satellite i dati sul vapore acquo presente in atmosfera lavorano a 23,8 GHz e c'è il rischio di interferenza. La perdita di accuratezza diminuirebbe in maniera critica il preavviso su alcuni eventi meteo estremi e dunque la capacità di prepararsi a fronteggiarli. Il mondo dell'industria risponde che lo studio su cui sono basate queste affermazioni si riferisce a un sensore che non viene più utilizzato, ma NOAA, insieme alla NASA, insiste: «Non vogliamo rinunciare alla leadership USA nel settore delle telecomunicazioni, ma non possiamo tornare indietro di 40 anni in termini di previsioni meteorologiche» [The Washington Post; Jason Samenow]

La Federal Communications Commission ha comunque proseguito le aste per la vendita delle frequenze nella banda a 24 GHz. Ajit Pai, direttore dell'FCC, afferma che gli studi della NOAA e della NASA non sono affidabili e che il limite sulle emissioni fuori banda stabilito dalla FCC è sufficiente per proteggere i satelliti che inviano dati meteorologici. I membri del congresso che hanno partecipato all'audizione di Jacobs considerano la situazione "ridicola": «La FCC avrebbe dovuto chiarire la questione prima dell'asta», ha commentato la democratica Jessica Rosenworcel [Ars Technica; Jon Brodkin]

La ricerca che serve all'Africa 

Per rilanciare la ricerca in Africa occorre investire nella formazione universitaria. In Etiopia solo il 20% dei professori ha un master e solo il 4% un dottorato; anche in Sudafrica, il Paese che in Africa spende di più in ricerca e sviluppo, solo il 39% degli accademici ha un dottorato. Negli ultimi decenni del secolo scorso gli aiuti della comunità internazionale si sono concentrati principalmente sull'istruzione primaria: del totale speso per istruzione il 49% è andato a quella primaria e solo il 18% a quella universitaria. A questo si somma la quasi totale mancanza di laboratori equipaggiati con attrezzature moderne e la difficoltà di avere una connessione stabile a Internet. Come conseguenza gli studenti che vogliono intraprendere una carriera nella ricerca e cercano di perfezionare la loro formazione all'estero si trovano molto indietro rispetto ai loro coetanei. I supporti finanziari ricevuti dai Paesi più ricchi e da organizzazioni come la World Bank non sono sufficienti a risolvere questa situazione, soprattutto perché non sono stabili. La proposta di un gruppo di ricercatori africani è quella di costruire programmi di mentorship individuali, offrire supporto agli studenti africani che tenga conto delle loro necessità (spesso quella di mantenere una famiglia) e infine di istituire dei grant per giovani ricercatori africani in Africa garantendogli così condizioni di lavoro migliori e paragonabili a quelle del settore privato [Nature]

L'intelligenza artificiale che aiuta agricoltori e bambini nei Paesi in via di sviluppo. Alla conferenza EmTech digital, organizzata a San Francisco a fine maggio da MIT Technology Review, sono stati presentati alcuni progetti di IA in corso in Paesi come Africa e India. In Kenya IBM ha sviluppato un sistema in grado di predire la resa delle colture basandosi sulle condizioni meteorologiche e le caratteristiche dei suoli. Sempre IBM ha messo a punto un sistema di previsione della domanda di trattori nella regione per conto di una società di leasing aiutandola così a ingrandire la sua flotta. In India, presso il Wadhwani Institute for Artificial Intelligence, è stato costruito un software che valuta se un neonato è sottopeso. A partire da un video del bambino il software produce un modello 3D del corpo e ne valuta peso, lunghezza e circonferenza cranica, e suggerisce poi come intervenire a seconda della gravità della situazione [MIT Technology Review; James Temple]

Ricerca e società

Caso Corvelva: libertà di scelta non vuol dire libertà di disinformare. Il prossimo 27 giugno, la sala stampa della Camera dei Deputati ospiterà una conferenza stampa dell'associazione Corvelva, responsabile di una pressante disinformazione che diffonde dubbi sulla sicurezza dei vaccini. L'Associazione Patto Trasversale per la Scienza scrive una lettera aperta ai Presidenti di Camera e Senato per chiedere che il Parlamento non ospiti, né ora né mai più, conferenze da parte di chi ha sulla coscienza migliaia di bambini non vaccinati, potenziali vittime di malattie terribili [Scienza in rete; Patto Trasversale per la Scienza]

L'open peer review aiuterebbe le riviste scientifiche a essere più efficienti, contenere le frodi, evitare i bias sistematici. Ogni anno i ricercatori dedicano un totale di 70 milioni di ore all'attività di revisione degli articoli dei loro colleghi, la cosiddetta peer review. Per questo lavoro non ricevano quasi mai un compenso economico né altro tipo di riconoscimenti. Quasi sempre, infatti, le relazioni che preparano sono anonime e riservate. Eppure, sono diversi ormai gli studi che hanno mostrato che la condivisione dei dati relativi alla peer review porterebbe dei vantaggi alla comunità scientifica. L'analisi di 24 000 processi di revisione del giornale eLife, ad esempio, ha mostrato che le donne e gli autori appartenenti a Paesi non occidentali sono penalizzati. Rendere pubblici i dati relativi alla peer review permetterebbe poi di evitare i casi in cui gli autori utilizzano indirizzi email falsi per revisionare i propri articoli, oppure i casi in cui i revisori chiedono di essere citati per accettare il manoscritto per la pubblicazione. Ma alcuni ritengono che la segretezza del processo è fondamentale: costretti a rivelare la propria identità, i revisori sarebbero più timorosi di dare giudizi negativi, più lenti e addirittura più riluttanti ad accettare. Ma anche queste obiezioni sembrano infondate secondo quanto emerge da uno studio condotto su 18 000 relazioni di cinque riviste del gruppo Elsevier: anche se solo l'8% dei revisori ha firmato il proprio commento, la pubblicazione delle relazioni non ha rallentato il processo di revisione [Undark; Dalmeet Singh Chawla]

Le riviste ibride del gruppo Lancet accolgono le richieste del Plan S. I ricercatori che superano il processo di revisione e dunque possono pubblicare il proprio articolo su una delle riviste del gruppo, potranno archiviare la versione definitiva in un archivio aperto senza embargo e con licenza CC BY Open Access. Il gruppo The Lancet decide dunque di accettare le condizioni del Plan S, in particolare quella che vieta ai ricercatori finanziati dai sottoscrittori del piano di pubblicare in open access su riviste ibride pagando una commissione [The Lancet; Robert Kiley]

Uomini che si battono per i diritti delle donne: Francis Collins, direttore N.I.H., e Robert Jan Smits, presidente della Eindhoven University of Technology. Come raccontavamo nell'ultimo numero della newsletter, Collins ha dichiarato che non prenderà parte a conferenze in cui non sia evidente lo sforzo di rappresentare tutte le categorie nella scelta degli oratori. Ora Robert Jan Smits, inviato speciale della Commissione europea per l'Open Access e già direttore generale per la ricerca e l'innovazione, ha deciso che per le prossime posizioni bandite presso l'istituto che dirige verrà data priorità alle donne. Il processo di selezione sarà inizialmente aperto solo a candidature femminili. Se, passati 6 mesi, non sarà stata trovata una candidata all'altezza, anche gli uomini potranno gareggiare [Il Sole 24 Ore; Patrizia Caraveo]

La settimana di Scienza in rete

Fatti conquistare dalla Luna (con quiz finale). È l’umanità che ha conquistato la Luna o la Luna che ha conquistato l’umanità? Secondo Patrizia Caraveo, astrofisica dell'INAF, vale la seconda. E infatti intitola il suo libro "Conquistati dalla Luna". Luca Carra lo recensisce e, per chi vuole mettersi in gioco, propone un quiz: quanto ne sapete davvero del nostro satellite? [Scienza in rete; Luca Carra]

Nanotecnologie, la testimonianza di due centri d'eccellenza in Puglia. Siamo andati a visitare due centri d'eccellenza pugliesi per le nanotecnologie, l'Istituto di Nanotecnologia del CNR e il Center for Biomolecular Technologies dell'IIT, per farci raccontare dai rispettivi direttori dove si dirigono le nanotecnologie, e con quali applicazioni nella vita di tutti i giorni [Scienza in rete; Anna Romano]

Fusione della neve in Groenlandia, quando i grafici inquietano. I dati raccolti dal National Snow and Ice Data Center mostrano che la superficie nevosa della calotta di ghiaccio in Groenlandia è fusa quasi per metà ancora prima che inizi l’estate. Sebbene l’estensione della fusione superficiale della neve stagionale sia comparabile agli anni precedenti del periodo 2010-2018, non va sottovalutata, come spiega il gruppo Climalteranti [Scienza in rete; Climalteranti]

La medicina di precisione cresce a tre dimensioni. I modelli cellulari in 3D possono riprodurre il comportamento invasivo delle cellule tumorali umane. Loretta del Mercato, vincitrice di un ERC Starting Grant nel 2017 e ricercatrice al CNR - Istituto di Nanotecnologia, racconta il suo progetto, che prevede di utilizzare colture tridimensionali sulle quali l'impiego delle nanotecnologie permetterà il monitoraggio in tempo reale di parametri quali le variazioni di pH, ossigeno e potassio. Successivamente, il sistema sarà impiegato per la coltivazione di cellule prelevate dagli stessi pazienti, su cui testare i farmaci oncologici, nell'ottica della medicina di precisione [Scienza in rete; Loretta del Mercato]

 


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Superdiffusore: il Lancet ricostruisce la storia di una parola che ha avuto molti significati

Un cerchio tutto formato di capocchie di spillo bianche con al centro un disco tutto formato da capocchie di spillo rosse

“Superdiffusore”. Un termine che in seguito all’epidemia di Covid abbiamo imparato a conoscere tutti. Ma da dove nasce e che cosa significa esattamente? La risposta è meno facile di quello che potrebbe sembrare. Una Historical review pubblicata sul Lancet nell’ottobre scorso ha ripercorso l’articolata storia del termine super diffusore (super spreader), esaminando i diversi contesti in cui si è affermato nella comunicazione su argomenti medici e riflettendo sulla sua natura e sul suo significato. Crediti immagine: DALL-E by ChatGPT 

L’autorevole vocabolario Treccani definisca il termine superdiffusore in maniera univoca: “in caso di epidemia, persona che trasmette il virus a un numero più alto di individui rispetto alle altre”. Un recente articolo del Lancet elenca almeno quattro significati del termine, ormai familiare anche tra il grande pubblico: