Il dibattito, tra chi vorrebbe la pubblicazione totale delle ricerche sul virus H5N1 e chi invece ritiene sia necessario censurare almeno i “dati sensibili” delle ricerche, rimane acceso. Da alcune settimane, infatti, continua a scaldare le pagine di Nature e di Science, senza giungere ad alcun esito soddisfacente per entrambi le parti in gioco. Da un lato il fronte della ricerca, costituito in prima linea dai due diversi gruppi che hanno effettuato la ricerca, sul lato opposto gli organismi istituiti per la sicurezza della ricerca, primo fra tutti la National Science Advisory Board for Biosecurity (SAAB), organismo che si occupa di biosicurezza per conto dei National Institutes of Health (NIH). NIH è il finanziatore della ricerca statunitense guidata da Yoshihiro Kawaoka, e nonostante ciò la direttrice dello stesso istituto, Amy Patterson, a dicembre ha chiesto agli editori delle riviste Nature e Science di omettere almeno parte dei dati forniti dai due gruppi di ricerca: la motivazione ultima di tale richiesta, vista l’estrema contagiosità del virus dell'influenza aviaria H5N1, è quella di evitare che tali risultati finiscano nelle mani sbagliate, potendo così trasformarsi in arma biologica.
I ricercatori che al contrario sostengono la necessità del pubblicare completamente la ricerca, motivano tale posizione con la tesi secondo la quale l’accessibilità totale dei risultati ai ricercatori di tutto il mondo aiuterebbe la comunità scientifica a prepararsi a un’ipotetica pandemia di H5N1. Proprio lo scambio di conoscenze sarebbe la chiave fondamentale per prevederne la reale gravità e agire così con tempestività. Secondo i ricercatori, infatti, l’accessibilità dei dati non rappresenterebbe un vantaggio per i bioterroristi, i quali possono arrivare a produrre virus di quel tipo anche senza l’aiuto dei due studi, alla semplice condizione che posseggano di bravi tecnici. È sostenuto, anzi, che nessuno produrrebbe un virus letale per scopi terroristici se è a conoscenza che contro di esso esista già un vaccino efficace. Per queste diverse motivazioni, la migliore difesa contro H5N1 rimane preparare vaccini adeguati, fattore che dipende dalla divulgazione di tutti i risultati raggiunti. La situazione è controversa, ed è difficile prendere una posizione netta senza prestare attenzione alle argomentazioni del fronte opposto, percependone la legittimità. In tale contesto, il virologo Ron Fouchier e i suoi colleghi di Rotterdam hanno di nuovo utilizzato Nature per rassicurare l’opinione pubblica e avanzare una proposta: dopo aver precisato che l’esperimento è stato portato avanti con «appropriata supervisione, in strutture di contenimento sicuro, da personale altamente qualificato e responsabile, per ridurre al minimo qualsiasi rischio di rilascio accidentale del virus», esprimono il «bisogno di spiegare con chiarezza i benefici di questa importante ricerca e le misure adottate per ridurre al minimo i rischi possibili».
La proposta concreta è allora quella di istituire un forum internazionale in cui la comunità scientifica possa riunirsi e discutere il tema con maggior calma. Inoltre viene comunicato che è stata concordata una pausa di due mesi per «ogni lavoro che possa portare alla sintesi di virus H5N1 altamente patogeni». Sembrerebbe che i ricercatori abbiano l’intenzione di porre maggiore luce e chiarezza almeno sulla paura percepita riguardo alla possibilità che avvenga una fuga del virus dal laboratorio, viste anche le considerazioni fatte da Lynn Klotz e Ed Sylvester, della Arizona State University: “Abbiamo calcolato che se 42 laboratori studiano un agente patogeno per un anno c’è una probabilità del 34% che ci sia una fuga del virus, se consideriamo un periodo di studio di 4 anni la percentuale sale all’80%”. La discussione all’interno del forum dovrà necessariamente sciogliere il nodo sulla possibile divulgazione dei risultati ma in modo limitato: prima di tutto bisognerà ragionare se un’ipotesi plausibile possa essere quello di limitare i contenuti accessibili o, al contrario, divulgarli nella loro totalità ma a un bacino ristretto di destinatari. Essenzialmente solo a una parte della comunità scientifica. Ron Fouchier si domanda, però, chi possa prendere questo tipo di decisioni. “Il virus dell’influenza è un problema globale, ma a oggi sembra vogliano essere i soli Stati Uniti e i loro organi governativi a decidere quale ricerca va pubblicata e quale no. E la domanda allora sorge spontanea: se parte dei risultati saranno pubblici e altri invece disponibili ad accesso limitato, chi sarà a decidere chi potrà accedere a tutti i file? Sempre il NSABB? E a che titolo?”. Mentre John Steinburner, dell’Università del Maryland, sempre dalle pagine di Nature ha commentato: “Chi è che decide a chi bisogna fornire tutti i dati della ricerca? E chi è che monitora che non finiscano nelle mani sbagliate?”. Yoshihiro Kawaoka invece sottolinea che «il meccanismo che «il governo americano propone per il rilascio dei dati sarebbe ingombrante», e implicherebbe comunque una perdita di tempo inutile, visto che «anche se un processo efficiente può essere stabilito, sarebbe difficile far rispettare la riservatezza continuata nella comunità scientifica». Rimanendo pronti a porci nuove domande sulla questione, attendiamo di vedere come si pone il NSABB e la sua risposta alla proposta del forum di discussione.
Giuseppe Nucera