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Galassia piccola, buco nero esagerato

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Ormai non vi sono più dubbi che nel cuore di una galassia possa nascondersi un buco nero supermassiccio e accurate osservazioni ne hanno provato l'esistenza anche nel centro della nostra Via Lattea. Grossi dubbi, invece, si nutrono sulla loro origine. Se è quasi immediato pensare che, per una galassia come la nostra, quel buco nero possa essere il risultato di successivi fenomeni di merging, cioè di aggregazione di galassie più piccole dotate ciascuna del suo buco nero, rimane pur sempre irrisolto come abbiano potuto all'inizio formarsi questi buchi neri di massa così elevata. Diventa insomma decisiva l'osservazione delle galassie più piccole, magari non ancora coinvolte in nessun episodio di interazione con altre galassie.

Tra i gruppi di ricerca attivi in questo campo dell'astrofisica vi è anche l'Extragalactic Research Group presso la George Mason University di Fairfax, in Virginia. L'intento di questo team di astrofisici è quello di studiare con la massima cura la formazione e l'evoluzione delle galassie, con lo scopo di chiarire le connessioni che le legano ai buchi neri che ospitano al loro interno. Una sorta di caccia a quelli che potrebbero essere stati i semi primordiali di quei buchi neri, destinati in seguito a trasformarsi nei buchi neri supermassicci che osserviamo nelle galassie.

Qualche mese fa, l'apporto delle osservazioni infrarosse del satellite WISE (Wide-field Infrared Survey Explorer) aveva portato i ricercatori a scoprire che la massa dei buchi neri ospitati da un gran numero di galassie nane poteva anche raggiungere valori, finora insospettati, compresi tra 1000 e 10 mila masse solari. Una scoperta annunciata da Shobita Satyapal (Extragalactic Research Group) e collaboratori sulle pagine di The Astrophysical Journal.

Nel lungo elenco di galassie considerate dai ricercatori figurava anche J1329+3234, una galassia nana irregolare che appariva molto promettente per l'approfondimento dell'indagine. Distante oltre 200 milioni di anni luce e simile per dimensioni alla Piccola Nube di Magellano, una delle galassie più vicine alla Via Lattea, J1329 non mostrava infatti la presenza di quel rigonfiamento centrale che gli astronomi chiamano bulge e che può in qualche modo essere ricondotto ai processi di merging galattico. Per tale approfondimento gli astrofisici dell'Extragalactic Research Group decidevano inoltre di avvalersi della preziosa collaborazione dell'Osservatorio spaziale europeo XMM-Newton, specializzato nella rilevazione della radiazione X.

Il risultato è stato superiore a ogni attesa. I ricercatori, infatti, hanno scoperto che l’emissione di raggi X proveniente da J1329 era oltre 100 volte più intensa di quanto previsto per galassie di questo tipo. Mentre ci si attendeva la tipica emissione di un buco nero con massa pari a qualche massa solare, i dati di XMM-Newton indicavano la chiara impronta di un buco nero decisamente più grande. Benché sia per il momento impossibile definire con precisione a quanto ammonti la massa del buco nero, si stima che debba essere di almeno 3000 masse solari. Se, però, il buco nero ospitato nella galassia J1329 fosse simile ai più piccoli buchi neri supermassicci conosciuti, la sua massa potrebbe anche lievitare notevolmente, attestandosi intorno alle 150 mila masse solari. Nello studio, pubblicato a metà dicembre su The Astrophysical Journal e condotto da Nathan Secrest (Extragalactic Research Group) e collaboratori, si sottolinea la notevole importanza della scoperta della presenza di un buco nero così massiccio in una galassia nana senza bulge, una presenza che finora non era mai emersa in modo così eclatante. “L'idea che, persino in una galassia che non mostra alcuna evidenza ottica, ci si possa imbattere un gigantesco buco nero che si sta sviluppando - ha commentato Secrest - è davvero eccitante. Ci indica che nelle galassie di piccola massa e senza bulge i buchi neri supermassicci potrebbero essere molto più comuni di quanto attualmente crediamo.

Notevoli le prospettive che ora si aprono agli astrofisici. La scoperta, infatti, rafforza la tesi che la crescita dei buchi neri supermassicci non sia imputabile solamente a fenomeni di merging. Vista la loro presenza in galassie che appaiono ancora immuni da tali processi, infatti, prende campo l'idea che questi voraci mostri possano essersi formati in modo efficiente - e con altrettanta efficienza siano rapidamente cresciuti - all'interno delle gigantesche nubi di gas primordiali dalle quali le stesse galassie si stavano formando.

Per saperne di più abbiamo coinvolto Mario Gliozzi, astrofisico italiano direttamente coinvolto in questa scoperta. Laurea e dottorato in Fisica all'Università di Torino, Gliozzi è attualmente docente di astronomia presso la George Mason University di Fairfax (Virginia) e membro dell'Extragalactic Research Group.

Professor Gliozzi, credo che la domanda più immediata sia quella relativa all'origine del buco nero. Come è stato possibile l'accumularsi di un buco nero così massiccio in una galassia così piccola? Quali possibili meccanismi si possono chiamare in causa per la sua formazione?

Quale sia l'origine dei buchi neri supermassicci al centro delle galassie è una delle domande fondamentali dell'astrofisica moderna che rimane ancora senza risposta. Mentre l'origine dei buchi neri stellari sembra essere ormai chiara (sono il prodotto finale delle stelle più massicce), la formazione di buchi neri supemassicci con masse tipicamente comprese tra centomila e un miliardo di masse solari è attualmente molto dibattuta. Tra le ipotesi più accreditate ci sono la formazione a partire da stelle giganti primordiali (stelle della cosiddetta Popolazione III) e il collasso diretto di enormi nuvole di gas primordiale. Buchi neri massicci possono anche essere formati dal processo di merging di buchi neri intermedi al centro di due o più galassie.
Il problema generale è capire come sia possibile che buchi neri primordiali, che in base a calcoli teorici sono relativamente piccoli (100-10000 masse solari) alla nascita, possano diventare estremamente grandi in breve tempo, come dimostrato dalla scoperta di buchi neri con masse dell'ordine di un miliardo di masse solari in oggetti di grande redshift e quindi estremamente giovani in termini cosmologici. Nel caso specifico della galassia nana J1329 si può escludere che il buco nero supermassiccio sia frutto di un merging di galassie. Tuttavia, l'incertezza associata alla massa del buco nero non permette di stabilire quale sia la sua origine. 

Una seconda curiosità riguarda l'evoluzione futura di J1329. Quali scenari si possono prospettare? Finirà con l'essere completamente fagocitata dal buco nero che ospita oppure si attiverà qualche meccanismo in grado di regolare l'attività del buco nero?

Come per tutti i buchi neri l'attività di J1329 è transiente e si esaurirà quando il materiale che attualmente sta accrescendo verrà completamente consumato dal buco nero. Questa attività consiste nel trasformare energia potenziale gravitazionale della massa in accrescimento in enormi quantità di radiazione distribuita su tutto lo spettro elettromagnetico (e in particolare nella banda ultravioletta e nei raggi X) e, a volte, in energia cinetica del materiale trasportato lontano dal buco nero a velocità relativistiche lungo canali bipolari noti come getti.
E' poco probabile che la galassia venga fagocitata completamente dal buco nero dato che il raggio d'azione di quest'ultimo è piuttosto limitato (dipende direttamente dalla sua massa che è modesta). Più probabilmente, a lungo andare, la galassia apparirà come una galassia nana "normale".

L'Extragalactic Research Group alla George Mason University è molto impegnato nella ricerca sulle piccole galassie senza bulge (rigonfiamento centrale) particolarmente attive nell'IR. Perché è così importante lo studio di questa popolazione di galassie? Quali sono le loro caratteristiche più importanti?

Una delle maggiori scoperte nel campo dell'astronomia extragalattica è che la stragrande maggioranza delle galassie con bulge possiede un buco nero supermassiccio e che c'è una correlazione diretta tra la massa del buco nero e quella del bulge. Questo sembra implicare l'esistenza di un meccanismo che fa si che il buco nero e la galassia crescano e si sviluppino insieme. Lo studio delle galassie piccole permette di studiare la fase iniziale e più importante di questa evoluzione cosmica. Inoltre, a differenza dei buchi neri che si trovano nelle galassie normali con bulge e che hanno subito svariati processi di merging e quindi hanno perso le loro caratteristiche primordiali, lo studio delle galassie nane e senza bulge permette di studiare i buchi neri non alterati dal processo di merging. Lo studio di un gran numero di queste galassie può darci informazioni essenziali sul numero di galassie nane che contengono buchi neri e sull'origine dei buchi neri stessi.


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