Einstein e i filosofi, il nuovo libro curato da Gaspare Polizzi, è un'opera importante perché il lettore può farsi un'idea di quanto differenti siano spesso le ricezioni di un fenomeno culturale, quale la teoria della relatività, la cui eco all'inizio del XX secolo fu tale da superare di gran lunga lo specifico campo per cui essa venne ideata.
Il libro consiste di tre parti, due delle quali rappresentano le prime traduzioni in italiano dei lavori presentati: il capitolo iniziale è costituito dallo scritto di Bachelard Il valore induttivo della relatività (1929); il secondo, che forse è il più importante, propone il dibattito sul significato fisico e filosofico della teoria della relatività, svoltosi alla "Società française de Philosophie" il 6 aprile 1922. Al dibattito parteciparono, oltre allo stesso Einstein, alcuni tra i più importanti scienziati e filosofi dell'epoca quali Xavier Léon, Paul Langevin, Jacques Hadamard, Élie Cartan, Paul Painlevé, Paul Pierre Lévy, Jean Baptiste Perrin, Jean Becquerel, Léon Brunschvicg, Édouard Le Roy, Henri Bergson, Émile Meyerson, Henri Pieron. Nella terza parte sono tradotti i saggi di Cassirer, Idealismo critico e teoria della relatività (1920), di Schlick, Spazio e tempo nella fisica di Einstein (1917), di Reichenbach Relatività e conoscenza a priori (1920) e, infine, un breve contributo di Einstein, Induzione e deduzione nella fisica (1919). Il volume è aperto dall'introduzione del Curatore in cui si espongono con tratti sintetici e precisi i diversi modi in cui in ambiente filosofico si interpretò la teoria della relatività, focalizzando, come è ovvio, l'attenzione essenzialmente sugli autori i cui scritti costituiscono il testo.
Il libro curato da Gaspare Polizzi offre quindi diverse linee di lettura. Ne esaminerò una che mi sembra particolarmente feconda: il concetto di spazio e quello di tempo, fondamentali non solo per la fisica, ma per ogni teoria psicologica, gnoseologica e percettiva, furono radicalmente modificati dalla teoria di Einstein. Le reazioni a questo stato di cose furono assai diversificate: i kantiani si trovarono di fronte ai maggiori problemi nel conciliare la relativizzazione del concetto di tempo (relatività ristretta) e il fatto che lo spazio fisico sia non euclideo (relatività generale) con quanto Kant aveva asserito nell'"Estetica Trascendentale". Il tentativo più conseguente di conciliare le dottrine kantiane con la fisica di Einstein fu fatto da Cassirer. Egli cerca di mostrare come il concetto di verità e la nozione stessa di oggetto siano in Kant e in Einstein puramente relazionali e istituisce un confronto tra ciò che significa "relazionale" per l'uno e per l'altro asserendo che, in questa direzione, Einstein è andato oltre Kant, ma sulla strada in qualche modo indicata da Kant stesso. Riguardo al fondamentale problema dello spazio, l'operazione di Cassirer consiste nell'asserire che la relatività non parla dello spazio e del tempo in quanto tali, ma di possibili metriche applicabili per determinare una struttura fisica che poi dia conto dei fenomeni (p. 110). Questo è confermato da un'interessantissima osservazione di Langevin (pp. 71-72), ove egli ricorda che Hilbert aveva dimostrato come deve essere assunto un particolare sistema di coordinate affinché una coordinata svolga il ruolo del tempo. Questa situazione sembra però in antitesi alle idee di Kant perché, come ricorda Reichenbach, in Kant lo spazio e il tempo sono le forme a priori che consentono la conoscenza della natura e non sono qualità soggettive delle nostre sensazioni (p. 122). In altre parole: un kantiano non dovrebbe limitarsi a dire che la relatività non ha a che fare propriamente con lo spazio e col tempo, ma con possibili metriche che permettono certe operazioni utili per il fisico, perché ciò implica che in fisica è possibile, anzi sembrerebbe necessario a un certo livello fenomenico, fare a meno delle nozioni di spazio e di tempo per come le aveva concepite Kant. Infatti, come ricorda Polizzi (p. 20 e nota 12, p. 33) Einstein condivise le critiche mosse da Schlick (e Reichenbach) a un'interpretazione che vedeva la relatività coerente con i dettami di Kant.
Un'altra linea di lettura, in gran parte connessa con la precedente ma che non vi si identifica, è quella centrata su interpretazioni realiste (Meyerson, pp. 90-96) e antirealiste (Bachelard) della teoria einsteniana.
Altro argomento, che pervade gran parte del libro e che è fondamentale per una corretta esegesi del pensiero di Einstein, è l'influenza dell'opera di Ernst Mach sul fisico di Ulm.
Qui ho sottolineato tre possibile linee di lettura, ma chi si dedicherà allo studio di questo interessante volumetto potrà trovarne altre per conto proprio.