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ISS: ascoltiamo i precari

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Sembra distantissimo, un quarto di secolo fa. Già allora si denunciava la limitatezza di risorse che in Italia venivano investite nella ricerca. In più, cominciava a essere visibile, fra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta, anche un cambiamento qualitativo. Gradualmente si era superata la soglia del 50% di finanziamenti che venivano assorbiti dal pagamento degli stipendi del personale. Questo capitava anche all’Istituto superiore di sanità (ISS), dove, in quel periodo, lavorano circa 1.300 persone.

Oggi, a distanza di oltre 25 anni, gran parte del finanziamento statale dell’ISS è dedicato al pagamento degli stipendi dei 1.500 dipendenti circa che lavorano a tempo indeterminato. Siccome è cresciuto poco il numero di persone, e tenuto conto che gli stipendi dei ricercatori e dei tecnici non sono stellari, la spiegazione è che nel tempo si è realizzato un disinvestimento nella ricerca. Guardando solo agli ultimi anni, il finanziamento statale dell’ISS è passato da 125 milioni di euro del 2010 a 102 nel 2016.

anni milioni di euro
2010

125

2011 111
2012 110
2013 106
2014 103
2015 102
2016 102

Questo disinvestimento si è però accompagnato a richieste crescenti di tutela della salute pubblica: dalle verifiche sulla filiera alimentare alle ricerche e controlli sui vaccini, dalla valutazione degli effetti sulla salute dei cittadini dei siti contaminati alle autorizzazione alla conduzione delle ricerche sugli animali, dalla garanzia di accuratezza di registri come quello delle interruzioni di gravidanza al supporto tecnico nella definizione di norme che hanno impatto sulla salute. Negli anni, poi, l’ISS è diventato la sede di due Centri nazionali: il primo dedicato al coordinamento delle attività dei trapianti e il secondo a quelle delle trasfusioni di sangue.

L’incremento dei compiti assegnati continua. Nel nuovo ordinamento da poco approvato dal ministro della salute si estendono le aree di attività dell’ISS anche a settori di grande rilievo ma finora poco coperti, come quello della valutazione della qualità delle cure sanitarie in Italia, o dell’impatto economico e sanitario dell’introduzione delle nuove tecnologie. Ancora, nel disegno di legge sulla cosiddetta responsabilità professionale, attualmente in corso di approvazione in Parlamento, si prevede che l’ISS sia la sede di valutazione delle linee guida che dovranno diventare il riferimento dell’operato nella pratica clinica.

Come si è fatto fronte alla crescita dei compiti nonostante il calo delle risorse statali ordinarie e al blocco delle assunzioni di personale? In parte è cresciuta la capacità dei ricercatori dell’ISS, così come di tutti i ricercatori italiani, di trovare finanziamenti, di partecipare e vincere bandi nazionali e internazionali. Non si è trattato però, come si dice in questi casi, di un “pasto gratis”, ma si è accompagnato a due effetti perversi.

Il primo è che per arginare il blocco delle assunzioni, la gran parte di questi finanziamenti è stata usata per reclutare personale a progetto. È così inevitabilmente aumentato il ricorso al personale precario e attualmente lavorano in ISS oltre 500 persone, soprattutto con contratti a tempo determinato. In questi giorni, i colleghi precari stanno occupando l’aula magna dell’Istituto per richiedere che il Parlamento assegni, nella legge di bilancio 2017, risorse adeguate alle stabilizzazioni. Non c’è alcuna esagerazione quando si afferma che senza il loro lavoro si bloccherebbero attività centrali dell’ISS. Nella quasi totalità si tratta di personale fortemente coinvolto non solo sui progetti di ricerca sui quali è pagato, ma anche sull’attività ordinaria, istituzionale, dell’ISS. Quasi il 70% di queste persone, inoltre, ha una “anzianità” di servizio superiore ai 10 anni.

In moltissimi casi questi colleghi hanno sviluppato competenze indispensabili per l’ISS e autonomia tale da attrarre essi stessi risorse finanziarie e così auto-sostenersi. Tuttavia, i pochissimi concorsi (l’ultimo nel 2011) hanno rappresentato una possibilità di assunzione stabile per un numero troppo esiguo di loro. Il problema quindi non è la mancanza di disponibilità a periodi di lavoro non stabile (in tutto il mondo la ricerca contempla alcuni anni di lavoro a tempo determinato), ma proprio questa mancanza di prospettive. Essere vincolati da contratti a progetto non garantisce continuità e non permette di allungare lo sguardo. Con questa incertezza diffusa, tutto l’ISS da anni vive precariamente e in emergenza, in una prospettiva di brevissimo termine, quasi navigando a vista.

Il secondo effetto perverso è che in questo contesto si rischia da un lato di orientare l’attività su priorità definite dalle strategie degli enti finanziatori, invece che del Servizio sanitario nazionale, e dall’altro di trovarsi in conflitto di interesse. Sono infatti aumentati, e continuano a crescere, i finanziamenti che provengono da aziende private. A coloro che guardano con sufficienza il richiamo ai rischi inerenti ai conflitti di interesse proponiamo un semplice test mentale. Chi preferirebbe che i controlli periodici effettuati sul prossimo aereo che prenderemo, le valutazioni di sicurezza sui vaccini che somministriamo ai bambini italiani, l’impatto sulla salute di un nuovo additivo alimentare, la definizione dei livelli di accettabilità di contaminanti dell’acqua potabile – e l’elenco potrebbe continuare a lungo - siano effettuati da società la cui sopravvivenza dipende dai finanziamenti delle aziende che devono essere valutate?

Per intravedere una via di uscita si devono stanziare, già nella legge di bilancio 2017 attualmente all’esame del senato, risorse adeguate che consentano di riassorbire il fenomeno del precariato – e riprendere così in futuro a svolgere concorsi “normali” – e di evitare gli effetti distorsivi dei conflitti di interesse. La mancanza di risorse adeguate crea una prospettiva di continua emergenza e riduce la capacità di attrezzare per il futuro istituzioni che hanno un ruolo fondamentale per la salute dei cittadini.

Paola Fattibene e Giuseppe Traversa
Rappresentanti dei ricercatori nel Comitato scientifico dell’Istituto superiore di sanità


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