fbpx Sperimentazione, perché sì | Scienza in rete

Sperimentazione, perché sì

Primary tabs

Read time: 3 mins

Le ragioni della ricerca biomedica e il benessere degli animali: questa mattina si sono riuniti in conferenza stampa, presso lo Starhotels Rosa di Milano, i rappresentati di alcuni dei principali istituti e centri di ricerca italiani che fanno uso della sperimentazione animale. Silvio Garattini, Direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, ha aperto l’incontro con i giornalisti sintetizzando i motivi per cui la sperimentazione animale è ancora importante per il progresso delle terapie farmacologiche attuali e per le nuove frontiere di ricerca: “E’ necessario innanzitutto ricordare che i metodi cosiddetti alternativi i si riferiscono generalmente a studi di culture in vitro, molto meno predittivi della fase di test farmacologici sugli animali. La tecnologia, il nostro miglior alleato, oggi ci consente inoltre di limitare al massimo l’esigenza di ricorrere a  test su animali da laboratorio”.

La conferenza stampa di stamattina è stata organizzata tenendo conto di recenti iniziative governative, un campanello d'allarme che chiama a raccolta i ricercatori coinvolti, per l’urgenza e l’esigenza di informare al di fuori di scontri ideologici. In questi giorni, infatti, sono al vaglio del Parlamento alcuni emendamenti alla Direttiva Europea del 2010 che regola le norme sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici, tesa ad armonizzare le prtiche della sperimentazione su tutto il continente. Secondo il testo approvato alla Camera, ad esempio, l’allevamento di cani per fini scientifici potrebbe diventare reato. Queste modifiche nel recepimento della Direttiva sono in contrasto, nello specifico, dell’articolo 2 della 2010/63/Ue che stabilisce la possibilità di assicurare protezioni più estese degli animali, solo in caso fossero già vigenti prima del 9 novembre 2010. Ferdinando Cornelio (Direttore Scientifico Fondazione Istituto Neurologico ‘Carlo Besta’), Massenzio Fornasier (Presidente Società Italiana Veterinari da Laboratorio), Pier Giuseppe Pelicci (Co-Direttore Scientifico Istituto Europeo di Oncologia) e Marco Pierotti (Direttore Scientifico Fondazione Istituto Nazionale Tumori) hanno contribuito a descrivere in modo più completo lo stato dell’arte della ricerca scientifica per la sintesi di nuovi farmaci e il ruolo che ha la sperimentazione animale in questi processi.

Il supporto degli animali da laboratorio si è molto ridotto negli ultimi anni, a tal proposito Massenzio Fornasier ha ricordato che  i roditori rappresentano la quasi totalità (più del 90%, per un totale di alcune centinaia di migliaia), con una percentuale molto bassa di primati – nessun gatto e poche decine di cani e scimmie nel 2009. Non è ancora possibile, tuttavia, saltare questo passaggio per valutare la tossicità dei nuovi farmaci.

Gli animali rappresentano ancora i sistemi biologici più simili all’uomo, dopo la prima fase di studio sulle cellule – senza gli studi sulle scimmie non avremmo le attuali cure per l’HIV, ad esempio. Il cartello di scienziati guidato da Garattini si fa portavoce, quindi, del malcontento dei ricercatori circa gli emendamenti proposti dall’attuale governo. Il rischio è quello di compromettere seriamente proprio il benessere dell’animale da laboratorio, con restrizioni - riguardanti il trasporto e l’anestesia, tra gli altri – potenzialmente più dannose della scarsa informazione sul tema, che fa confondere “sperimentazione animale” con “vivisezione". Il vietare gli allevamenti di alcune specie animali per uso sperimentale sul territorio nazionale finirebbe - come ha osservato Fornasier - proprio per allungare a dismisura la fase delicata del trasporto.

Da mercoledì 14 marzo sarà disponibile in home page di Scienzainrete la registrazione video completa della conferenza stampa.

Autori: 
Sezioni: 
Animali

prossimo articolo

La favola del taglio dei posti letto e degli ospedali in Italia

È di pochi giorni fa un appello del Forum delle Società Scientifiche dei Clinici Ospedalieri e Universitari Italiani, secondo cui «Si stima che, negli ospedali italiani, manchino almeno 100mila posti letto di degenza ordinaria e 12mila di terapia intensiva». Ma è giustificata quest'implicita richiesta? 
Le politiche di riduzione dei posti letto e degli ospedali sono iniziate già nel Piano Sanitario Nazionale 2003-2005, per trasferire al livello territoriale parte dei ricoveri e della loro durata. Molti altri paesi hanno meno posti letto rispetto all’Italia, che rimane nelle migliori posizioni quanto a vita attesa alla nascita, mortalità evitabile e indicatori di qualità dei servizi.

Crediti immagine: Levi Meir Clancy/Unsplash

Nei media generalisti, e purtroppo anche di settore, che si occupano di sanità pubblica in Italia, cioè praticamente tutti in questo periodo, si favoleggia del taglio dei posti letto ospedalieri e di interi ospedali in Italia. Basta usare come parole chiave “taglio posti letto in Italia” con qualunque motore di ricerca ed escono interventi degli ultimi giorni su Fanpage, la Stampa e Quotidiano Sanità.