fbpx L'atmosfera dell'esopianeta | Scienza in rete

L'atmosfera dell'esopianeta

Primary tabs

Read time: 2 mins

Utilizzando una innovativa e astuta tecnica osservativa, un team di astronomi è riuscito a studiare l'atmosfera dell'esopianeta Tau Boötis b rilevandone anche con precisione dati orbitali e massa.

Lo studio, pubblicato su Nature, è opera del team coordinato dall'italiano Matteo Brogi (Leiden Observatory) e ha potuto contare sulle incredibili potenzialità dello strumento CRIRES (Cryogenic InfraRed Echelle Spectrometer) abbinato alle ottiche da 8 metri del VLT dell'Osservatorio del Paranal in Cile. Gli astronomi sono riusciti a distinguere nella radiazione infrarossa raccolta dalla stella, distante una cinquantina di anni luce, la debolissima componente (solo lo 0,01%) riconducibile al pianeta, riconosciuta grazie alla sua velocità orbitale intorno a Tau Boötis.

Il pianeta, appartenente alla classe dei cosiddetti hot Jupiters, era stato scoperto nel 1996 ma non si era ancora riusciti a chiarire del tutto le sue caratteristiche. La sua orbita, infatti, non lo porta mai a transitare dinanzi alla stella e ciò non permette di raccogliere informazioni sulla atmosfera che lo avvolge. La tecnica impiegata da Brogi e collaboratori si è mostrata vincente ed è stato possibile non solo determinare la massa del pianeta (circa sei volte quella di Giove) e l'inclinazione della sua orbita, ma rilevare anche quanto monossido di carbonio contenga la sua atmosfera.

Grazie al confronto con modelli teorici, inoltre, è stato possibile determinare il variare della temperatura atmosferica a differenti altezze scoprendo che, contrariamente a quanto generalmente si osserva con gli hot Jupiters, la temperatura dell'atmosfera di Tau Boötis b diminuisce man mano si sale in altezza.

ESO  -  Research paper

Autori: 
Sezioni: 
Astronomia

prossimo articolo

Pubblicare in medicina: un libro sui problemi (e le possibili soluzioni) dell'editoria scientifica

Un’industria ipertrofica cresciuta a spese dei meccanismi di produzione culturale della scienza. Un’industria dai profitti enormi e senza margini di rischio, capace di farsi credere indispensabile da chi la ingrassa credendo di non avere alternative. Il libro di Luca De Fiore, documentatissimo e spietato, procede per quattordici capitoli così, con un’analisi di rara lucidità sui meccanismi del, come recita lo stesso titolo, Sul pubblicare in medicina. Con il quindicesimo capitolo si rialza la testa e si intravede qualche possibile via d’uscita. Non facile, ma meritevole di essere considerata con attenzione soprattutto da chi, come ricercatore, passa la vita a “pubblicare in medicina”, o a cercare di.

A spanne il problema lo conosciamo tutti. Per fare carriera, un ricercatore ha bisogno di pubblicazioni. Le pubblicazioni, per definizione, devono essere pubblicate, e a pubblicarle sono le riviste scientifiche. Ma siccome, dicevamo, il ricercatore ha bisogno di pubblicare, i suoi articoli li regala alla rivista, anzi li manda speranzoso di vederli in pagina.